... ascoltando la Parola del Papa e rileggendo gli scritti della Madre ... Papa Francesco
Meditazione mattutina nella Cappella della Domus Sanctae Marthae (Venerdì, 6 maggio 2016)
(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana,Anno CLVI, n.103, 07/05/2016)Con gioia e con speranza
Il cristiano non anestetizza il dolore, neppure quello più grande che fa vacillare la fede, e non vive la gioia e la speranza come fosse sempre carnevale. Ma trova il senso della sua esistenza nel profilo della donna che partorisce: quando nasce il bambino è talmente felice da non ricordare più la sua sofferenza. È questa incalzante immagine proposta da Gesù stesso che il Papa ha rilanciato nella messa celebrata venerdì mattina, 6 maggio, nella cappella della Casa Santa Marta. |
Ricordiamo che la tristezza mai è stata una virtù e tanto meno in una persona consacrata. La tristezza, invece di aumentare il valore delle nostre offerte, lo diminuisce. Non dimentichiamo che Gesù ama molto di più chi lo serve con gioia. Credo che la gioia sia uno degli atteggiamenti più importanti nel cammino della santità. Sono molto frequenti, infatti, i casi di persone che si arrestano nel cammino o che non perseverano nella loro vocazione perché privi di gioia. Che potrebbe chiedere Gesù ad un’anima triste, malinconica e angustiata? La gioia ci aiuta ad essere affabili e amorevoli con tutti. Osservate: quando siamo contenti, nulla ci infastidisce, c’intimorisce, né ci inquieta, tutto ci sembra bello. Ogni anima consacrata deve cercare la gioia e la troverà se saprà mortificarsi. Ossia per essere felici occorre prima la mortificazione, soffrire, amare e bere il calice con l’Amato. La gioia autentica e vera è una maestra tanto valida e necessaria quanto il dolore. Ricordiamo che ciò che più ci allontana dalla gioia è l’«io». Un religioso soddisfatto di sé, invece di arricchirsi s’impoverisce. Ogni anima consacrata deve servirlo con gioia. Il servizio deve essere lieto, perché serviamo Colui che è gioia eterna, infinita felicità. La sua vita è gioia. Da Lui viene tutto ciò che è felicità e bellezza. Senza di Lui non ci sarebbe felicità né in cielo, né in terra. Servire un padre così buono non dovrebbe causarci tristezza, malinconia, malumore o costrizione. Gesù è la verità e l’umiltà è camminare nella verità. È infatti una grande verità che non abbiamo come nostro alcun bene, ma siamo nulla e pieni di miseria. Chi crede il contrario s’inganna. Dobbiamo chiedere a Gesù la grazia di non perdere di vista questa consapevolezza. (Madre Speranza 2, 107-114, nel 193 |
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Nella liturgia dell’Ascensione del Signore — ha fatto subito notare Francesco, riferendosi alla celebrazione festiva di ieri — la Chiesa esplode in un atteggiamento che non è abituale, e all’inizio la prima preghiera è un grido: "Esulti, Signore, la tua Chiesa!"». Sì, ha proseguito, «esulti, con la speranza di vivere e di raggiungere il Signore: "Esulti di gioia la tua Chiesa"». E, nella preghiera colletta, «oggi abbiamo pregato: "Signore, innalza i nostri cuori verso Gesù!"». Un’invocazione che esprime «proprio la gioia che pervade tutta la Chiesa, gioia e speranza: tutte e due vanno insieme». Difatti «una gioia senza speranza è un semplice divertimento, una passeggera allegria». E «una speranza senza gioia non è speranza, non va oltre un sano ottimismo».Ecco perché «gioia e speranza vanno insieme — ha spiegato Francesco — e tutte e due fanno questa esplosione che la Chiesa nella sua liturgia quasi, mi permetto di dire la parola, senza pudore grida: "Esulti la tua Chiesa!", esulti di gioia, senza formalità». Perché «quando c’è la gioia forte, non c’è formalità: è gioia». Dunque, ha ripetuto il Papa, «Esulti di gioia la tua Chiesa, e viva nella speranza di raggiungere» e «innalza, Signore, i nostri cuori verso Gesù che siede nella gloria del Padre».
«Con tre pennellate — ha affermato il Pontefice — la Chiesa ci dice quale dev’essere l’atteggiamento cristiano: gioia e speranza insieme». E così «la gioia fa forte la speranza e la speranza fiorisce nella gioia». E «tutte e due, con questo atteggiamento che la Chiesa vuole dare loro, queste due virtù cristiane indicano un uscire da noi stessi: il gioioso non si chiude in se stesso; la speranza ti porta là, è l’ancora proprio che è sulla spiaggia del cielo e ti porta fuori». Possiamo perciò «uscire da noi stessi con la gioia e la speranza». Una riflessione che fa riferimento al passo evangelico di Giovanni (16, 20-23) proposto dalla liturgia.
«Il Signore ci dice che ci saranno problemi — ha proseguito il Papa — e nella vita questa gioia e speranza non sono un carnevale: sono un’altra cosa, anche, il dover affrontare le difficoltà». Francesco ha riproposto «l’immagine che usa il Signore oggi nel Vangelo: la donna quando è arrivata l’ora del parto». Sì, ha spiegato, «la donna, quando partorisce, è nel dolore perché è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza».
Ed è proprio «quello che fanno la gioia e la speranza insieme, nella nostra vita, quando siamo nelle tribolazioni, quando siamo nei problemi, quando soffriamo». Non si tratta certo di «un’anestesia: il dolore è dolore, ma vissuto con gioia e speranza ti apre la porta alla gioia di un frutto nuovo».
«Questa immagine del Signore ci deve aiutare tanto nelle difficoltà», ha rassicurato il Papa, anche quelle «brutte, cattive che anche ci fanno dubitare della nostra fede». Ma «con la gioia e la speranza andiamo avanti, perché dopo questa tempesta arriva un uomo nuovo, come la donna quando partorisce». E «questa gioia e questa speranza Gesù dice che è duratura, che non passa».
«Così anche voi, ora, siete nel dolore» sono le parole di Gesù ai discepoli riportate dal Vangelo. Ma li rassicura subito: «Ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia».
Sono parole che vanno sottolineate, ha aggiunto il Pontefice: «La gioia umana può essere tolta da qualsiasi cosa, da qualche difficoltà. Ma questa gioia che il Signore ci dà, che ci fa esultare, ci fa innalzare nella speranza di trovarlo, questa gioia nessuno la può togliere, è duratura. Anche nei momenti più bui».
«Gioia, speranza è il grido della Chiesa, felice dopo l’Ascensione del Signore». Francesco ha ricordato che «Luca ci dice negli Atti che, a un certo punto, i discepoli quando il Signore se ne va e non lo vedono più, sono rimasti guardando il cielo, con un po’ di tristezza». E «sono gli angeli a svegliarli, invitandoli ad andare. E poi, nel Vangelo Luca, si legge: "Tornarono felici, pieni di gioia"». Proprio «quella gioia di sapere che la nostra umanità è entrata in cielo: per la prima volta!».
Francesco ha concluso la sua meditazione con l’auspicio «che il Signore ci dia la grazia di una gioia grande che sia l’espressione della speranza; e una speranza forte che divenga gioia nella nostra vita». E con la preghiera che «il Signore custodisca questa gioia e questa speranza, così nessuno potrà toglierci questa gioia e questa speranza».
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ultimo aggiornamento
22 giugno, 2016