Come diventare Misericordiosi Studi
P. Aurelio Pérez fam
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Non condannate
I
l secondo atteggiamento che Gesù sottolinea per imparare a diventare misericordiosi come il Padre, è simile al primo, ma presenta delle sfumature diverse. Qual’è la differenza tra il giudicare e il condannare? Il giudizio, che Gesù ci chiede di non fare, mette il prossimo nella sedia degli imputati. La condanna è l’esito negativo del giudizio: l’altro, dopo essere stato sottoposto a processo, viene condannato. Potremmo dire che, se anche le circostanze ci chiedessero di emettere un giudizio interiore di fronte a una colpa oggettivamente evidente, con la parola "non condannate" Gesù ci chiede di evitare, almeno, di emettere un "giudizio di condanna".Il confine tra il giudicare e il condannare è molto sottile. A volte li identifichiamo. Gesù dice a Nicodemo:
(Gv 3,16-21).«Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
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E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
C’è, dunque, un giudizio che appartiene solo a Dio, luce di verità, e il giudizio è quello che opera la sua parola:
(Gv 12, 47-49)«Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. 48Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. 49Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire».
Gesù non giudica e non condanna nessuno, ma lascia che sia la Parola da Lui annunciata nel nome del Padre a operare il giudizio nel profondo dei cuori. Quella parola infatti è luce, e se io rifiuto la luce e scelgo le tenebre mi giudico e condanno da solo. Anche in questo caso, "Dio mette nelle nostre mani il giudizio che si farà di noi" (Madre Speranza, Novena all’Amore misericordioso di Gesù, 7º giorno). La misericordia del Signore vuole che "tutti siano salvi e giungano alla conoscenza della verità", il suo amore instancabile non tollera che alcuno dei suoi figli si perda, e fa di tutto perchè torni a casa. Ecco perchè dice: "non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati". La forza di questo mettere nelle nostre mani il giudizio che si farà di noi, la vediamo espressa in modo chiarissimo nell’episodio dell’adultera:
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. 7Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». 8E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. 10Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». (Gv 8,3-11)3
In quel «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?» Gesù, con una certa ironia, fa piazza pulita dei tribunali che montiamo e dei giudizi sommari con cui pretendiamo di condannare chi ha sbagliato. Ognuno è posto, in prima persona, di fronte a un solo tribunale, quello della propria coscienza, e questo fa cadere le pietre dalle mani, e invita chiaramente a trasformare i nostri cuori di pietra in cuori di carne, a immagine del cuore misericordioso del Signore.
È proprio dopo l’episodio dell’adultera che Gesù si definisce "la luce del mondo" e, contestato dai farisei, afferma:
(Gv 8,15-16).«15Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. 16E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato».
Gesù non solo non condanna, ma Lui, unico innocente, nella Passione si lascia giudicare e condannare.
Il giudizio, vedevamo l’ultima volta, inizia nella nostra interiorità, ed è per questo che occorre guarire il cuore, ma poi si esprime all’esterno con parole e giudizi di condanna. Quante volte noi giudichiamo e condanniamo il nostro prossimo, senza neanche dargli la possibilità, che non può negarsi ad alcuno, di difendersi.
Pensiamo a quante volte questo avviene nelle critiche, mormorazioni e, Dio non voglia, calunnie. Papa Francesco parla spesso di "terrorismo delle chiacchere", e nella Misericordiae Vultus così si esprime:
"Se non si vuole incorrere nel giudizio di Dio, nessuno può diventare giudice del proprio fratello. Gli uomini, infatti, con il loro giudizio si fermano alla superficie, mentre il Padre guarda nell’intimo. Quanto male fanno le parole quando sono mosse da sentimenti di gelosia e invidia! Parlare male del fratello in sua assenza equivale a porlo in cattiva luce, a compromettere la sua reputazione e lasciarlo in balia della chiacchiera. Non giudicare e non condannare significa, in positivo, saper cogliere ciò che di buono c’è in ogni persona e non permettere che abbia a soffrire per il nostro giudizio parziale e la nostra presunzione di sapere tutto." (MV 14)
Madre Speranza definisce le mormorazioni "la peste delle comunità", e in uno dei suoi scritti, che conserva brani delle prime Costituzioni dettate dal buon Gesù, riferisce queste testuali parole:
"Tutto il bene procurato dalla carità viene distrutto dal vizio infame della mormorazione, che trasforma la persona che la fa, in un essere abominevole"1.
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"Todo el bien que la caridad acarrea, se destruye por el vicio infame de la murmuración que convierte a la persona que lo comete, en un ser abominable". Constituciones eam (1936) (El Pan 3, 61)
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ultimo aggiornamento
22 giugno, 2016