la parola dei padri Sant’Agostino
Miseria e Misericordia
U
n cuore amico è sempre un conforto, un sollievo; un cuore che soffre con noi e per noi è una salvezza. Questa salvezza possiamo scoprirla nella meditazione di S. Agostino; in lui c’è qualcosa di tutti noi, la sete di felicità, l’intrigarsi nel piacere dei sensi, la ripugnanza di noi stessi, il tentativo disperato di squarciare l’inviluppo del peccato. Ma in lui c’è anche la nostra via alla Luce, alla Vita e la gioia della liberazione. Seguiamolo nella analisi che fa della sua miseria per risalire poi alla sorgente di acqua viva.
Prima disposizione è non nascondere la realtà della nostra situazione, ma aprirci a Dio come siamo.«Anche se non mi volessi aprire a Te, che cosa potresti ignorare in me Tu che vedi a nudo degli abissi della umana coscienza? Nasconderei Te a me stesso e non io a Te. Pertanto ora che il mio gemito è testimonio che io sono disgustato ai miei occhi Tu mi appari fulgido e bello, perché abbia vergogna di me e rinneghi me stesso, per appigliarmi a te. Ciò che io sono tu lo sai ... e la confessione che io fo tace con le labbra, ma grida con l’affetto».
Se cerca di aprirsi a Dio con tanta ansia è perché in Lui ha scoperto la felicità della vita.
«Cercando Te, mio Dio, cerco la vita beata.
Che io ti cerchi affinché l’anima mia sia viva.
Stia lontana dal mio cuore la tentazione di reputarmi beato di qualunque gioia; c’è infatti una gioia che non è concessa agli empi ma solo a quanti ti servono con amore puro e questa gioia sei tu. E qui sta la vita beata: nel godere in te, per te, di te; qui sta e non in altro.
C’è un velo che ci nasconde Dio, che ce lo rende distante, noioso, opprimente, a volte ingiusto e inumano, ma è un velo che, tolto, ci manifesterà la realtà ben diversa, tanto da arrossire di vergogna per esserci lasciati ingannare così abilmente.
«Tardi ti ho amato, o bellezza sempre antica e sempre nuova, tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me ed io fuori di te e fuori ti cercavo. in queste cose belle che tu hai fatto io mi slanciavo vilissimo. Tu eri con me, ed io non ero con te. Chi mi teneva lontano da te? Quelle cose che non fossero fatte da te non esisterebbero. Tu mi hai chiamato, hai gridato forte, hai sfondato la mia sordità. Mi vibrasti un raggio, un lampo della tua luce, e hai dissipato le tenebre, mi hai gettato un tuo profumo e io lo aspiro e sospiro a te. Ti ho gustato e tuttavia ho di te fame e sete. Tu mi hai toccato e io desidero ardentemente la tua pace. Quando ti sarò unito del tutto allora non più dolore, non più sofferenza; tutta viva sarà la mia vita, perché tutta piena di te. L’anima che tu riempi, si fa leggera; io che non sono pieno di te, sento il mio peso.
Le mie piaghe non le nascondo; tu sei medico, io infermo; tu misericordioso, io miseria ... E tutta la mia speranza non è che nella tua immensa misericordia. Tu dammi la forza di fare ciò che comandi e poi comanda ciò che vuoi».
L’amore di Dio è un amore esclusivo, geloso, ma non esige nulla senza darcene la capacità di compierla.
«Tu vuoi da me la continenza: e so che dice la scrittura, che nessuno può averla, se Dio non gliela concede. Non ti ama realmente quanto è necessario chi con te, ama qualche altra cosa non per amor tuo.
Amore di Dio fammi bruciare di te!
Tu esigi da me la continenza, dammi dunque di poter compiere ciò che comandi e poi comanda ciò che ti aggrada».
Chi vuol percorrere una strada, deve tenere gli occhi bene aperti per scansare i pericoli, anche quando superare questi pericoli significa fare uno strappo al cuore. E le barriere che ci frenano la corsa sono infinite. A volte volgari e apparenti, più spesso sottili, invisibili, truccate, ma non per questo meno tenaci e pericolose.
«Ma la tua mano, Signore, non può forse sanare tutte le infermità dell’anima mia? Così accumuleresti su di me i tuoi benefici e l’anima mia strappata via da questa pace della concupiscenza senza più ribellarsi a sé stessa volerebbe verso di te. Dove non sei venuto con me o Verità, per ammonirmi, che cosa dovessi schivare, che cosa desiderare?».
Per essere più vicino e sensibile a noi l’Amore si è fatto visibile in Cristo unico mediatore con Dio.
«Di quale amore non ci hai tu amati, o Buon Padre, che non perdonasti al tuo Figlio ma lo hai dato per noi peccatori miserabili?
Per noi egli vittima dinanzi a te e vincitore, per noi dinanzi a te sacerdote e sacrificio egli da schiavi ci ha fatti tuoi figli; perché egli è figlio tuo e per amor di noi nostro servo. Ho buon diritto quindi di sperare tenacemente per mezzo di lui di essere guarito dalle mie infermità, altrimenti mi abbandonerei alla disperazione perché molte e grandi sono le mie infermità, ma più grande ancora la tua medicina.
Atterrito dai miei peccati e curvo sotto il peso della mia miseria, avevo premeditato di fuggire nella solitudine, ma tu me lo hai vietato e mi hai assicurato dicendo: Cristo è morto per tutti.
Ecco dunque Signore io getto nel tuo seno tutti i miei affanni, per vivere e gustare le meraviglie della tua legge ... Ho davanti agli occhi il prezzo della mia redenzione: esso è mio cibo e mia bevanda.
Povero io bramo essere tra coloro che se ne saziano e ne lodano il Signore.
Ecco ti ho narrato molte cose, perché tu così hai voluto per primo perché sei buono e in eterno è la tua misericordia».
(estratti dal cap. X delle Confessioni)
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ultimo aggiornamento
15 maggio, 2017