"La melodia dell’Amore Misericordioso:
dono del per-dono"
il
(Roberto Lanza)
"... non come un giudice per condannarli e infliggere loro un castigo,
ma come un padre che li ama, che li perdona,
che dimentica le offese ricevute e non le tiene in conto."
(Seguito)
L’eucarestia ci innalza e ci fa vedere che la nostra vita quotidiana e ordinaria è in effetti vita sacra che svolge un ruolo necessario nell’adempimento delle promesse di Dio. Questa Parola vivente di Dio, assume la condizione umana non soltanto "per abitare in mezzo a noi", ma per diventare dono per gli uomini, la vita di Dio offerta come nutrimento quindi. Tutto questo in una logica di amore, che implica vicinanza, comunione, immedesimazione, desiderio di assimilazione. Il segno del "pane" ci richiama a saper dare il pane ai fratelli, che significa dare amore, dare attenzione, dare assistenza, dare risposta alle domande. È la vita stessa che si fa nutrimento, dono; il Signore sta chiedendo tutto, in modo completo e totale, senza riserve, mezze misure. La nostra più grande realizzazione sta nel dare noi stessi agli altri, una vita felice è una vita per gli altri. Nel dare diventa chiaro che siamo stati scelti, non semplicemente per noi stessi, ma perché tutto ciò che noi viviamo trovi il suo significato finale nel suo essere vissuto per gli altri. Un amore perfetto, che pensa solo a dare, non per interesse, ma a donare tutto per amore. Dio ha rivelato la sua gloria, donando tutto, non guadagnandoci qualcosa, ma rimettendoci tutto, perfino il "tesoro" più caro che aveva: la vita di suo Figlio. Dio ha mostrato il suo amore, non sacrificando i suoi figli al proprio "onore", ma offrendo se stesso per la loro felicità. È l’assurdo atteggiamento di un Dio che è Padre, che chiede per dare con abbondanza. Quindi, è un amore che "è più nei fatti che nelle parole", si sperimenta più nel dare che nel ricevere. Ecco spiegato perché il perdono è soltanto la conseguenza più naturale dell’essere dono; se il dono più grande che esiste su questa terra è il dono di se stessi, il perdono, ossia il dono più grande, ne è l’espressione più alta.
Caro fratello mio, vuoi perdonare?
Devi fare esperienza del diventare dono - per gli altri, devi donare la tua vita, devi essere dono per chi ti ha offeso. Perdonare è "donarsi", è offrire se stessi come riscatto, è farsi dono, nonostante sia l’altro che mi deve qualcosa. Perché perdonare? Per "donare" vita, per "donare" amore, ricambiare l’altro non con il male che mi ha fatto, ma con il bene che gli "dono" gratuitamente. Nel suo senso più profondo il perdono è proprio l’atto di concedere un dono (il "per" rafforzativo dell’azione del dono) è dunque una remissione, una concessione che si dona a chi ha commesso ciò che non avrebbe dovuto commettere, è diventare un dono – per. Non si dona perché si deve, non si perdona perché si è costretti, ecco perché donare e perdonare sono le sorgenti di acqua viva che sgorgano da un cuore libero che sa amare e che si sente amato unicamente da Dio. Ognuno di noi è un dono per il mondo e per gli altri. L’aspetto più importante del donare è dare, proprio se stessi. L’essenza più profonda dell’amore è "essere un dono". I nostri doni migliori sono in realtà quelli con cui esprimiamo la nostra relazione con Dio: amicizia, bontà, pazienza, gioia, perdono, gentilezza, amore.
Tutto questo siamo chiamati a condividere e a donare. Il dono acquista valore se entra in una relazione significativa tra un io e un tu. Chi "regala" un po’ di se stesso al prossimo, non tarda ad accorgersi che il dono fatto all’altro lo arricchisce.
La nostra vita è tutta una chiamata, Dio continuamente ci interpella, ci chiama, ci invita a donare il dono di un cuore ospitale, che crea lo spazio per accogliere l’altro e farlo sentire una parte di noi; il dono di una presenza, che trasmette sicurezza e calore; il dono di un servizio per rispondere ai bisogni dell’altro; il dono del "camminare insieme", che possa aiutare a trovare risposte al senso della vita; il dono di una preghiera viva resa concreta da gesti di vicinanza concreta. Anche la Madre Speranza era convinta di questa impostazione carismatica del perdono: "Siamo stati fatti gli uni per gli altri e viviamo gli uni negli altri, avendo in noi qualcosa degli altri e negli altri qualcosa di nostro. Questo qualcosa degli altri in noi è la loro vita, come quel qualcosa di noi in loro è la nostra vita. Le nostre vite si compenetrano mutuamente e si identificano secondo ciò che si riceve e ciò che si dona"1.
Essere un dono - per gli "altri", non deve essere un semplice slogan, ma un programma di vita che è capace di dare nuova linfa di grazia al mio agire e al mio essere figlio di Dio. Il carisma dell’Amore Misericordioso ci chiama a raggiungere il donare autentico, quello vero, perché solo questo ci può permettere di partecipare della "gioia del nostro Padrone". Solo diventando dono – per, possiamo superare il confine dell’amore diventando un "Tutto" con Dio. Ed è proprio in questa condizione di empatia totale che ci pone il dono autentico: quello di non avere confini di spazio e di tempo nell’amore. Ancora meglio il perdono è per-dono, dove il "per" ha valore superlativo, quasi come dire super-dono. Come tale, il perdono è un compimento nella realizzazione di una persona, è perfezione, un "essere meglio", un diventare meglio, un "essere fatti meglio". Non c’è dono senza perdono, e non c’è perdono senza dono.
Perdonare è donare totalmente, il perdono cristiano non è solo per creare armonia, per star bene. Il perdono cristiano è per una fecondità, è per dare la vita, per generare la vita nel mondo. Dio non si limita a cancellare una colpa, il perdono di Dio mantiene l’uomo nell’essere: "tu esisti nonostante il tuo peccato." Così la misericordia si può manifestare per ciò che realmente è e continua ad essere nella storia: la potenza trasformante e creatrice dell’amore di Dio, che ridona all’uomo tutto il suo valore e lo reintegra nella sua dignità di figlio, perché in lui peccatore viene rigenerata una creatura nuova. Se Dio non ci perdonasse, noi saremmo nulla, non avremmo il dono della vita, non avremmo il respiro della grazia. Il perdono vero è impossibile all’uomo; ma tutto è possibile a Dio, a quel Dio che si è fatto uomo per donarci se stesso, e si è fatto vittima dell’odio e del peccato per donarci se stesso fino al limite della croce, del perdono perfetto.
Caro fratello mio, ti faccio una domanda, tu sei stato mai un dono misericordioso? Hai mai davvero perdonato diventando dono – per?
Dio non aspetta che noi andiamo a chiedergli perdono, non aspetta cerimoniali complicati per concederci il suo perdono, Dio ci accorda il suo perdono prima ancora che glielo chiediamo noi, Dio ci ha amati per primo, Dio è amore e ogni sua manifestazione nei confronti degli uomini, non può essere che d’amore. Egli ha scelto di prendere la sua tenda e di porla in mezzo a noi, Gesù ha manifestato pienamente tutto quello che Dio è: Amore Misericordioso. È questo il messaggio del nostro carisma: esiste un Padre che ricerca i suoi figli; un Dio che viene a cercare proprio noi che ci siamo perduti per sentieri non battuti dalla sua grazia, che ci siamo smarriti nelle difficoltà della vita, che con superbia e testardaggine, andiamo a cercare la felicità altrove, lontani dalla sua casa.
La Madre Speranza scriveva ancora: "Quando si verificasse uno screzio con gli altri, non rispondere nello stesso tono, ma dissimulare con umiltà. Ricordiamo che quando qualcuno ci procura dei dispiaceri, dobbiamo: tenere ben lontano da noi anche solo il desiderio della vendetta; far sì che il nostro perdono non consista solamente nel non desiderare il male dell’altro, ma nel procurare che in noi non rimanga alcun residuo di amarezza o di fastidio; non conservare avversione contro nessuno; astenerci dai giudizi temerari, tanto più gravi quanto più lo è la cosa di cui in cuor nostro accusiamo l’altro; non dimentichiamo che i giudizi temerari provengono in primo luogo dalla nostra superbia"2.
Dio Padre è l’amore, Dio è diventato dono – per, perché nel suo amore per l’uomo, ha sofferto una passione di misericordia. Fino a questa inaudita sorpresa è giunto l’amore di Dio per l’uomo! Con l’incarnazione è veramente apparsa per noi la salvezza del Signore. La nascita di Cristo nella storia segna la definitiva e perfetta parola di salvezza di Dio sull’uomo: con Gesù la storia si ferma, perché attinge al suo culmine, Egli è l’alfa e l’omega di tutta l’esistenza, è il centro del mondo. Il Cristo è l’incarnazione del perdono di Dio e ne svela la profondità infinita sulla croce, questa è la misericordia che libera il cuore dell’uomo e gli dona il potere di perdonare l’imperdonabile: "Questo è il mio sangue dell’alleanza versato per molti, in remissione dei peccati"3.
Gesù è morto per noi, per ognuno di noi, e per dare un senso alla nostra vita, Egli ci ha offerto semplicemente la sua: "Nessuno ha una amore più grande di chi offre la vita per i suoi amici"4. La "sabbia" non è lontana da noi, non bisogna cercarla chissà dove, ce l’abbiamo nel cuore: è quello che noi chiamiamo orgoglio di sé, delle proprie convinzioni, è l’arroganza di chi pretende di avere sempre ragione anche davanti al Signore, è la freddezza di chi è indifferente ai bisogni degli altri. Se non impariamo ad immergerci nell’abisso dell’amore di Dio, non potremmo mai capire e conoscere la nostra dimensione; soltanto in quel Padre che ci ama fino al sacrificio estremo noi possiamo ritrovarci e guarire le ferite che ci hanno lacerato, perché in sostanza Dio prima di essere misericordioso è sicuramente un PADRE. Dobbiamo avere il coraggio di marcire a noi stessi, di far decomporre il nostro uomo "vecchio", se non entriamo in questa visione, rischiamo di idolatrarci, preda di un narcisismo asfissiante. Se non facciamo nulla, se restiamo chiusi nel nostro egoismo, nulla potrà mai accadere ed avremo il rimpianto di non aver fatto, poco o tanto che fosse, ciò che eravamo chiamati a fare. Non abbiamo permesso al Signore che operasse con la potenza della sua grazia, del suo amore, della sua grande misericordia.
Nelle mani del Signore dobbiamo diventare servi inutili. Il perdono, concesso gratuitamente da Dio, implica come conseguenza un reale cambiamento di vita, una progressiva eliminazione del male interiore, un rinnovamento della propria esistenza: "Quanto è necessario nella nostra società la presenza di persone edificanti! Convinciamoci che il mondo ha molti oratori e grandi predicatori. Gesù invece chiede alle Ancelle dell’Amore Misericordioso che convertano le persone non con parole ricercate, né con mezzi potenti, ma con l’esempio della propria vita"5.
Accogliere l’Amore Misericordioso di Gesù vuol dire, allora, aderire ad un "mondo nuovo", ad una nuova maniera di essere, ad un nuovo modo di vivere la vita e di interpretare gli avvenimenti che in essa accadono. Chi è stato evangelizzato da questa esperienza, chi ha conosciuto veramente questo Dio di misericordia, a sua volta deve saper evangelizzare, deve saper donare la propria vita, deve imparare ad essere dono. Dio senza di noi può fare tutto, noi senza di Lui possiamo fare niente. Possiamo anche operare senza di Lui, ma il mare sarà sempre vuoto e nessun pesce verrà nella nostra rete. A noi è chiesto solo di lasciarci usare come a Lui conviene, perché per noi stessi, da noi stessi, siamo nullità.
Dobbiamo diventare quello che siamo!
Noi siamo costitutivamente figli di Dio, ora un figlio che non ama è un degenere: rinnega il proprio sangue, invece chi ama sente il bisogno di vivere questa realtà e di proclamarla. L’essenza del cristianesimo è andare dietro a Gesù e non seguire i propri desideri personali o le proprie idee. Gesù invita tutti noi, in primo luogo, a rinnegare se stessi, ossia a fare propria la sua via, a rinunciare a quella parte che in ognuno di noi si autodifende e che vuol trovare le ragioni per vivere. Chiama tutti noi a capire che la vita è dono di Dio, a non avere l’angoscia di doverla salvare da soli, ma ad affidarla con speranza alla paternità di Dio che è amore totale. Non bastano le formule per annunciare Cristo, ma occorre lasciarsi afferrare da lui, fino a capire che rinnegare se stessi è vivere la vita come un dono, è non lasciare che la nostra esistenza sia sotto la paura della morte.
La Croce, non ci fu data per capirla o studiarla come un trattato di teologia, ma perché imparassimo ad aggrapparci al suo albero di vita. Dobbiamo cercare di percorrere le strade del rifiuto, della sofferenza, del donarsi, per stare vicino al Signore, per sentire sempre più forte il battito del suo cuore, tanto più siamo accomunati alle sue sofferenze, tanto più potremo sentire il suo respiro. Può sembrare scomodo, ma dobbiamo salire su quella croce, per sentire il suo sguardo di amore e di compassione, la sua intimità gelosa, il dono ineffabile del suo amore. Una cosa sola credo di sapere, so che il Signore mi ha scelto, di questo sono sicuro. Mi ha scelto per quello che sapevo e potevo fare con il suo aiuto. Il compito a volte mi sembra troppo difficile, addirittura non eseguibile. Spesso mi ritrovo a vagare nel buio, a non sapere cosa fare, dove andare, a preoccuparmi di quello che sarà la mia vita. Ma io non ho dimenticato e non dimentico le volte che tu o Dio, mi hai aperto uno squarcio nel cielo, tutte le volte che mi hai fatto sollevare lo sguardo al crocifisso per vederti e sentirmi tuo figlio, salvato e redento; tutte le volte che sotto la tua croce ho sperimentato la profondità e la concretezza di quelle meravigliose parole che mi hanno aperto alla vita: "Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno".
Ci saranno sempre, nella nostra vita di tutti i giorni, momenti in cui il cammino diventerà più duro, più difficile, più sofferente. Ci saranno sempre dei momenti di solitudine, di incomprensione e di sconfitta. Ci saranno sempre dei momenti in cui rivivremo l’esperienza dell’orto degli ulivi dove, anche a noi, il sudore e il sangue macchieranno la nostra tunica. Ci saranno sempre dei momenti nei quali Dio resterà muto ed in silenzio di fronte alla nostra "passione". Ma non sorgerà mai nella nostra vita il giorno di Pasqua, l’esperienza travolgente che la croce può diventare origine di vita; che il chicco di grano, se non muore, non produce frutto; che una candela deve consumarsi pian piano se vuole illuminare; che il sale per dare sapore deve sciogliersi; che il lievito deve mescolarsi con la massa fino a scomparire per fare un buon pane per tutti.
Gesù lo ha detto: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza", quella vita che sperimento quando come chicco di grano sono caduto sotto la mole dura e pesante e sono diventato quella candida farina che le mani tenere e amorose di Dio ha raccolto e l’hanno trasformata in pane donato per ogni uomo. Sono diventato pane spezzato per gli altri per dare la vita, sono entrato nel mistero dell’amore, è la felicità di sapere che l’Amore Misericordioso mi ha messo insieme a Lui in quell’ostia offerta al Padre.
Quando stiamo lavorando per migliorare noi stessi, per diventare un dono, stiamo già facendo un regalo alla nostra vita e alla nostra vocazione, ci stiamo sforzando di essere discepoli fedeli e coerenti del Signore per tutti quelli che incontreremo. Questo significa già splendere come il sole, essere già nell’Amore Misericordioso di Dio.
Allora... domani?
Domani, saremo noi, saremo figli di Dio, saremo pane di vita, saremo respiro dell’Amore Misericordioso, saremo attesa di vita nuova, saremo vita piena, saremo vita donata, saremo vita liberata, saremo vita sacramentale, saremo vita eterna, saremo semplicemente dei piccoli ed inutili semi che portano nel loro cuore la potenza del Regno di Dio. Padre, prendi il mio cuore, è tuo, è per TE e sarà sempre per TE!
1 El Pan 8
2 El Pan de nuestra casa
3 Mt. 26,28
4 Gv. 15
5 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)
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ultimo aggiornamento
18 maggio, 2018