Festa del Santuario

Card. Pietro PAROLIN

"L’Amore misericordioso del Signore come risposta alle urgenze attuali della Chiesa e del mondo"

Conferenza di Sua Em.za il Cardinale Pietro PAROLIN, Segretario di Stato di Sua Santità Papa Francesco, tenuta nell’Auditorium Giovanni Paolo II del Santuario dell’Amore Misericordioso
30 settembre 2018

 

Sono lieto di partecipare alla festa del Santuario dell’Amore misericordioso e di riflettere insieme con voi sul tema dell’"Amore misericordioso del Signore come risposta alle urgenze attuali della Chiesa e del mondo".

Mi pare che qui, in questo luogo e soprattutto in queste circostanze, dob­biamo contribuire a tenere vivo l’invito che Papa Francesco rivolgeva a tutta la Chiesa a conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia, nella Lettera Apostolica Misericordia et misera: dopo aver definito il Giubileo "realmente una nuova visita del Signore in mezzo a noi" in cui "abbiamo percepito il suo soffio vitale riversarsi sulla Chiesa e, ancora una volta, le sue parole hanno indicato la missione: «Ricevete lo Spirito Santo: a coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22-23)" (n. 4), egli continua: "Adesso, concluso questo Giubileo, è tempo di guardare avanti e di comprendere come continuare con fedeltà, gioia ed entusiasmo a sperimentare la ricchezza della misericordia divina. Le nostre comunità potranno rimanere vive e dinamiche nell’opera di nuova evangelizzazione nella misura in cui la "conversione pastorale" che siamo chiamati a vivere [3] sarà plasmata quotidianamente dalla forza rinnovatrice della misericordia. Non limitiamo la sua azione; non rattristiamo lo Spirito che indica sempre nuovi sentieri da percorrere per portare a tutti il Vangelo che salva" (n. 5).

Ma quali sono oggi le urgenze della Chiesa e del mondo? Mi pare che sia ne­cessario tentare di rispondere a questa domanda – almeno sommariamente – per introdurci a riflettere sull’Amore misericordioso del Signore come risposta ad esse.

Se riflettiamo su quanto accade attorno a noi, scopriremo che per esempio, le scoperte della scienza e le acquisizioni della tecnica procedono abbastanza linearmente, per accumulazione di nozioni e di esperienze, e questo ha come risultato l’invenzione di dispositivi sempre più sofisticati in tempi sempre più ravvicinati. Inoltre, è chiaro che una determinata scoperta, una volta verificata e resa operativa nella sua ricaduta tecnologica, rimane definitivamente. Una volta che l’umanità ha inventato un mezzo come l’aereo o un sistema di comunicazione come quello di internet, essi non verranno più, per così dire, "disinventati".

Il discorso invece è diverso per quanto attiene alle cosiddette "scienze umane". Qui siamo costretti a fermare la nostra attenzione e a porci nuove domande. In questo ambito sembra infatti che l’essere umano non riesca mai ad imparare qualcosa in modo definitivo. Riesce ad imparare come costruire un aeroplano o un computer, ma ha notevole difficoltà ad imparare dai suoi tragici errori. Per esempio, non vuole proprio comprendere una volta per tutte che non si deve uccidere. Eppure sembrerebbe quasi una cosa ovvia, che tutti dovrebbero sottoscrivere e approvare. Non tutto evidentemente però risulta così semplice, se questo comandamento, come del resto anche gli altri, che ci vengono dati per assicurare la nostra vera libertà e per costruire una civiltà degna di questo nome, viene spesso disatteso e l’umanità sembra come girare a vuoto, ingannata da qualcosa che non riesce ad afferrare e a sconfiggere definitivamente.

Che le cose stiano così lo dimostra il fatto che alcune immani tragedie sono accadute non agli albori della storia, non subito dopo il peccato di Adamo, ma in tempi a noi vicinissimi. Pensiamo al ventesimo secolo con le sue guerre e i suoi genocidi, che hanno prodotto morte e distruzione in proporzioni e modalità tali che a farne l’elenco ci sarebbe letteralmente da rabbrividire. Di cosa ha dunque bisogno il mondo per migliorare veramente, per incamminarsi su una strada non solo ricca di strumenti, di cose sempre nuove, ma colma di bene?

E per la Chiesa, siamo davvero sicuri che il discorso sia poi tanto diverso? Certo, noi abbiamo la promessa del Salvatore che ci rallegra, che ci consola e che ci fa leggere la realtà con uno sguardo di speranza e di ottimismo. "Non praevalebunt" (Mt 16,18b). Tuttavia, anche nella Chiesa si avverte una certa dicotomia.

Da un lato registriamo infatti il progredire della riflessione credente illuminata dallo Spirito Santo, che ci fa approfondire il significato della Parola di Dio, che ci fa scoprire cose nuove nelle cose antiche. Vediamo inoltre la meravigliosa cattedrale della carità che le anime buone hanno costruito lungo i secoli e siamo invitati a rendere grazie a Dio per tutto questo. Ma, parallelamente a questo, scorgiamo anche tutta la storia delle inconsistenze, la zavorra del peccato che continuamente frena, inceppa e alle volte blocca la trasparenza della testimonianza ecclesiale e dobbiamo riconoscere, che anche nella Chiesa questa palude limacciosa è presente insieme allo scintillare della carità e della sequela di Cristo.

Notiamo che il martirio e lo scandalo sono presenti nella stessa epoca e nella medesima città. Questo in fondo non ci dovrebbe sorprendere perché già Sant’Agostino ci avvertiva che, fino alla fine della storia, le due città, quella terrena e quella celeste, sono frammiste. Anche nella Chiesa incontriamo da un lato la bellezza della donazione di sé per amore di Dio e dei fratelli e, dall’altro a volte, l’insinuarsi di logiche e comportamenti che nulla hanno a che vedere con una autentica testimonianza cristiana.

"Sì, chi riesce a cogliere la fisionomia essenziale della Chiesa – affermava Papa Paolo VI di cui avremo presto la gioia di celebrare la canonizzazione – non può sottrarsi alla caratteristica emozione che la bellezza produce nei nostri animi. È la forma splendida e perfetta che Cristo ha voluto modellare per la sua Chiesa; non indarno san Paolo la definisce nelle linee della bellezza che affascina l’amore" (Udienza generale di mercoledì 5 giugno 1974). "E’ santa – continua Papa Montini – per la sua origine, per i misteri che porta con sé, per il suo fine, per il suo compito, per tutto quello che in lei risponde al disegno divino; ma è fallace per tutto quello che di umano, di terreno, di temporale porta con sé. Infallibile nella sua dottrina, è quanto mai fallibile nella pratica della sua dottrina; splendida, eroica, prodigiosa nella sua veste di sposa di Cristo — veste tessuta dalla grazia stessa e dalle virtú umili e veraci dei suoi figli —, è povera, talora meschina, insignificante nelle abitudini di coloro che la compongono, e che talora anche la rappresentano" (G.B. Montini, Beati pauperes , testo inedito della metà degli anni trenta conservato all’Istituto Paolo VI di Brescia).

Gli stessi concetti ritroviamo nel Concilio Vaticano II, al n. 8 della Costituzione sulla Chiesa Lumen Gentium: "Mentre Cristo, « santo, innocente, immacolato » (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr. 2 Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr. Eb 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento. La Chiesa « prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio » [14], annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cfr. 1 Cor 11,26). Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà, anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce".

Di cosa ha dunque urgente bisogno la Chiesa perché, riflettendo la luce che viene dal Suo Signore, possa irradiare il bene?

Sia il mondo che la Chiesa hanno bisogno di volgersi all’Amore Misericordioso di Dio e di riconoscere la loro dipendenza dal Creatore, di riconoscere che un’intelligenza, una cultura, una teologia che non rimanga "in ginocchio" davanti a Dio, si ammala profondamente ed è destinata a guardare senza vedere, a sentire senza capire, a lasciarsi abbagliare da qualche miraggio che la porterà fuori strada. C’è bisogno di trovare una scala che unisca l’uomo, nonostante i suoi limiti, a Dio nella sua perfezione e questa scala è la misericordia.

Come ha affermato il Santo Padre Francesco, "Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato" (Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, n. 2). "La misericordia rinnova e redime – continua nella Lettera Apostolica Misericordia et misera – perché è l’incontro di due cuori: quello di Dio che viene incontro a quello dell’uomo. Questo si riscalda e il primo lo risana: il cuore di pietra viene trasformato in cuore di carne (cfr Ez 36,26), capace di amare nonostante il suo peccato. Qui si percepisce di essere davvero una "nuova creatura" (cfr Gal 6,15): sono amato, dunque esisto; sono perdonato, quindi rinasco a vita nuova; sono stato "misericordiato", quindi divento strumento di misericordia" (n. 16).

Il Card. Walter Kasper, che ha scritto un bel volumetto sulla misericordia, la definisce come il nucleo e la sintesi della rivelazione biblica su Dio. Se si volesse, sarebbe possibile riassumere tutto il Vangelo sotto il titolo della misericordia e "misericordia" è diventato il termine-chiave del presente Pontificato. Con questo messaggio Papa Francesco ha toccato i cuori di moltissime persone nella Chiesa cattolica e fuori di essa, perché chi di noi non è bisognoso di misericordia e di uomini misericordiosi?

Facendo della misericordia il tema centrale e fondamentale del suo Pontificato e celebrando in tutta la Chiesa un Anno santo della misericordia, Papa Francesco si è collocato in piena continuità con i suoi predecessori: con Papa Giovanni XXIII che, nel suo discorso indimenticabile di apertura del Concilio Vaticano II, disse: "Oggi la Chiesa preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità"; con Papa Paolo VI, che riprese il tema alla fine del Concilio. Nel suo ultimo discorso nella Aula conciliare si domandò: Che cosa è la spiritualità del Concilio? La sua risposta fu chiara: la spiritualità del Concilio è quella del Buon Samaritano, cioè lasciarsi toccare della compassione, uscire sulle strade e abbassarsi nel fango della strada, fascinare le ferite delle persone cadute nelle mani dei briganti - briganti di diversissimi tipi - e pagare anche per loro, e questo oltre gli obblighi della pura giustizia.

Il futuro Papa Giovanni Paolo II ha vissuto il terrore della Seconda Guerra Mondiale, la dittatura nazista e comunista in Polonia, è cresciuto vicino Auschwitz e ha sperimentato così una situazione di ingiustizia, di mancanza di diritto e di misericordia. In tale situazione ha scoperto di nuovo l’importanza della misericordia biblica e ha promulgato la sua seconda enciclica del suo Pontificato sul tema della misericordia, Dives in misericordia (1980).

Papa Benedetto XVI ha approfondito questo messaggio nella sua enciclica Deus caritas est (2006).

Anche in Papa Francesco c’è un fondo di esperienza personale. Nelle villas miseria di Buenos Aires ha incontrato gente che si sente considerata ed è considerata come scarto, uomini e donne, bambini e anziani che sono esclusi dal progresso economico e culturale, bambini di strada, spesso abusati. Anche oggi siamo testimoni di uno sfogo di violenza inedita. Chi di noi non pensa al destino di milioni di persone esposte al terrorismo brutale e cinico, ai milioni di rifugiati nelle mani di trafficanti senza coscienza? Tutto questo ci mostra, che il messaggio della misericordia non è un tema artificiale e marginale ma un tema di grande attualità. Essa è la nostra risposta ai segni del tempo. Pertanto con Papa Francesco si può dire: Nella Chiesa stiamo all’inizio di una epoca della misericordia.

Egli stesso, nella Lettera apostolica Misericordia et misera, definisce la misericordia come "questa azione concreta dell’amore che, perdonando, trasforma e cambia la vita. È così che si manifesta il suo mistero divino. Dio è misericordioso (cfr Es 34,6), la sua misericordia dura in eterno (cfr Sal 136), di generazione in generazione abbraccia ogni persona che confida in Lui e la trasforma, donandole la sua stessa vita" (n. 2).

San Paolo, che nutriva l’altezza della sua speculazione teologica con la potenza della sua esperienza di Cristo Risorto, il quale con infinito amore era intervenuto e lo aveva trasformato da persecutore accanito ad evangelista formidabile, ci mette di fronte al mistero della "disobbedienza generalizzata dell’uomo", alla quale Dio risponde non con l’ira implacabile o l’abbandono indifferente, ma con la misericordia. "Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti" (Rm 11,32).

Qui parliamo di Amore misericordioso. Questa espressione evoca immediatamente quella di Dio che perdona, evoca la scena evangelica del padre che accoglie il figliol prodigo e la sovrana grandezza e benevolenza di un Dio grande e buono, che sa attendere, che si rallegra per la conversione del figlio e fa festa per il suo ritorno alla vita.

Il mondo e la Chiesa hanno sempre bisogno di volgere attentamente lo sguardo alla misericordia di Dio. Hanno perenne necessità di chiedere e accogliere il suo perdono e di donare a loro volta il perdono, poiché altrimenti le ferite che gli esseri umani si danno reciprocamente non troveranno mai un luogo e un tempo per essere sanate e superate.

Direi invece che il dramma del mondo è proprio conseguenza del fatto che vi circola poco amore e poca misericordia. Anzi, come non ricordare l’incipit dell’enciclica Dives in misericordia di San Giovanni Paolo II, che vede nel mondo contemporaneo il rifiuto della misericordia? Scrive infatti il Papa: "La mentalità contemporanea, forse più di quella dell’uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia. La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l’uomo, il quale, grazie all’enorme sviluppo della scienza e della tecnica, non mai prima conosciuto nella storia, è diventato padrone ed ha soggiogato e dominato la terra (Cfr. Gn 1, 28). Tale dominio sulla terra, inteso talvolta unilateralmente e superfìcialmente, sembra che non lasci spazio alla misericordia. A questo proposito possiamo, tuttavia, rifarci con profitto all’immagine «della condizione dell’uomo nel mondo contemporaneo» qual è delineata all’inizio della Costituzione Gaudium et spes. Vi leggiamo, tra l’altro, le seguenti frasi: «Stando così le cose, il mondo si presenta oggi potente e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità o dell’odio. Inoltre, l’uomo si rende conto che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e che possono schiacciarlo o servirgli» (Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contempo­raneo ­Gaudi­um et spes, ­9: AAS 58 [1966], p. 1032). Si aggira cosí per le strade del mondo un grave deficit di amore che produce solitudine, ingiustizia, violenza, che produce scarti e abbandoni, emarginazione e ribellione, schiavitù e disperazione. Dall’altra parte, si riscontra un deficit di misericordia, che produce rancore e nuova violenza, rabbia e insaziabile volontà di una forma di giustizia che contiene inevitabilmente in sé il risvolto, a volte sottile e nascosto, della vendetta.

Il mondo risulta in tal modo dilaniato da questo duplice deficit di amore e di misericordia ed è costretto, se non si apre all’Amore misericordioso, se non alza lo sguardo verso il Signore, alla ripetizione dell’uguale, al labirinto inestricabile dell’azione-reazione, senza altro sbocco che la sua ripetizione. Invece, come afferma Papa Francesco: "Dinanzi alla gravità del peccato, Dio risponde con la pienezza del perdono" (Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, N. 3).

Nella Lettera apostolica Misericordia et misera, il Papa osserva: "In una cultura spesso dominata dalla tecnica, sembrano moltiplicarsi le forme di tristezza e solitudine in cui cadono le persone, e anche tanti giovani. Il futuro infatti sembra essere ostaggio dell’incertezza che non consente di avere stabilità. È così che sorgono spesso sentimenti di malinconia, tristezza e noia, che lentamente possono portare alla disperazione. C’è bisogno di testimoni di speranza e di gioia vera, per scacciare le chimere che promettono una facile felicità con paradisi artificiali. Il vuoto profondo di tanti può essere riempito dalla speranza che portiamo nel cuore e dalla gioia che ne deriva. C’è tanto bisogno di riconoscere la gioia che si rivela nel cuore toccato dalla misericordia. Facciamo tesoro, pertanto, delle parole dell’Apostolo: «Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4,4; cfr 1 Ts 5,16)" (n. 3).

E San Giovanni Paolo II, nella Dives in misericordia, aggiunge: "La situazione del mondo contemporaneo manifesta non soltanto trasformazioni tali da far sperare in un futuro migliore dell’uomo sulla terra, ma rivela pure molteplici minacce che oltrepassano di molto quelle finora conosciute. Senza cessare di denunciare tali minacce in diverse circostanze (come negli interventi all’ONU, all’UNESCO, alla FAO ed altrove), la Chiesa deve esaminarle, al tempo stesso, alla luce della verità ricevuta da Dio.

Rivelata in Cristo, la verità intorno a Dio «Padre delle misericordie» (2 Cor 1, 3) ci consente di «vederlo» particolarmente vicino all’uomo, soprattutto quando questi soffre, quando viene minacciato nel nucleo stesso della sua esistenza e della sua dignità. Ed è per questo che, nell’odierna situazione della Chiesa e del mondo, molti uomini e molti ambienti guidati da un vivo senso di fede si rivolgono, direi, quasi spontaneamente alla misericordia di Dio. Essi sono spinti certamente a farlo da Cristo stesso, il quale mediante il suo Spirito opera nell’intimo dei cuori umani. Rivelato da lui, infatti, il mistero di Dio «Padre delle misericordie» diventa, nel contesto delle odierne minacce contro l’uomo, quasi un singolare appello che s’indirizza alla Chiesa" (n. 2).

L’Amore misericordioso ci fa riconciliare con noi stessi, riconciliandoci con Dio. Solo Dio può guarire dalla maledizione che costringe a ripetere il medesimo errore all’infinito, senza mai imparare la lezione, sballottati continuamente tra la pulsione che spinge a commettere ingiustizie e quella che vi risponde con la violenza.

La Chiesa ben conosce il sapore e il profumo dell’Amore misericordioso e lo sperimenta nella divina liturgia, nel balsamo dei sacramenti, nella ricchezza della Parola di Dio, nelle opere e preghiere dei Santi, nello splendore della creatività artistica. Quando tuttavia si lascia incantare da logiche troppo mondane e lascia che l’amore si raffreddi o quando, in modo speculare, le riesce difficile accogliere e donare la misericordia di Dio, non riflette pienamente la luminosità che il suo Signore non cessa di irradiare e, invece di illuminare la notte con la luce che le viene dal Sole, si eclissa e per un momento sembra venir meno alla sua funzione.

Ma è proprio in questo frangente che siamo chiamati a ricordare quella parola del Signore che sempre ci accompagna e dalla quale ero partito: "Non praevalebunt". La Chiesa, perennemente sotto lo sguardo dell’Amore misericordioso di Dio, istituita per essere sacramento della presenza di Cristo nel mondo, voluta come canale di grazia e come popolo di Dio, è guidata dallo Spirito Santo e, per tale ragione, non soccombe sotto il peso dei peccati degli uomini, né sotto i colpi delle persecuzioni, siano esse apertamente tali o subdole.

La Chiesa, nata dal costato aperto di Cristo, vivificata dallo Spirito Santo e frutto dell’Amore misericordioso di Dio è opera della Trinità e, come tale, è ben più grande della violenza dei persecutori e delle contro-testimonianze di alcuni suoi figli.

Le urgenze attuali perciò ci fanno più che mai alzare lo sguardo verso l’Amore misericordioso, da cui proviene ogni bene, che è all’origine della creazione e che la mantiene nell’essere, che ha reso possibile l’Incarnazione del Figlio di Dio e la nostra Redenzione, che non cessa di attenderci e di far festa con noi se, come il figliol prodigo, dopo tanto confuso girovagare, riscopriamo la via di casa e, come afferma Dante nella sua "Commedia", riscopriamo la bellezza e la bontà de "l’amor che move il sole e l’altre stelle" (Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso, canto XXXIII).

È il momento di dare spazio alla fantasia della misericordia per dare vita a tante nuove opere, frutto della grazia. La Chiesa ha bisogno di raccontare oggi quei «molti altri segni» che Gesù ha compiuto e che «non sono stati scritti» (Gv 20,30), affinché siano espressione eloquente della fecondità dell’amore di Cristo e della comunità che vive di Lui. Sono passati più di duemila anni, eppure le opere di misericordia continuano a rendere visibile la bontà di Dio. Ancora oggi intere popolazioni soffrono la fame e la sete, e quanta preoccupazione suscitano le immagini di bambini che nulla hanno per cibarsi. Masse di persone continuano a migrare da un Paese all’altro in cerca di cibo, lavoro, casa e pace. La malattia, nelle sue varie forme, è un motivo permanente di sofferenza che richiede aiuto, consolazione e sostegno. Le carceri sono luoghi in cui spesso, alla pena restrittiva, si aggiungono disagi a volte gravi, dovuti a condizioni di vita disumane. L’analfabetismo è ancora molto diffuso e impedisce ai bambini e alle bambine di formarsi e li espone a nuove forme di schiavitù. La cultura dell’individualismo esasperato, soprattutto in occidente, porta a smarrire il senso di solidarietà e di responsabilità verso gli altri. Dio stesso rimane oggi uno sconosciuto per molti; ciò rappresenta la più grande povertà e il maggior ostacolo al riconoscimento della dignità inviolabile della vita umana. Insomma, le opere di misericordia corporale e spirituale costituiscono fino ai nostri giorni la verifica della grande e positiva incidenza della misericordia come valore sociale. Essa infatti spinge a rimboccarsi le maniche per restituire dignità a milioni di persone che sono nostri fratelli e sorelle, chiamati con noi a costruire una «città affidabile»" (cfr. Lettera Apostolica Misericordia et Misera, n. 18)

È questo il mio auspicio e il mio augurio, soprattutto per tutti noi che partecipiamo a questa celebrazione. Grazie.

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ultimo aggiornamento 29 ottobre, 2018