Attualità |
Ermes Ronchi |
L’arte divina della compassione per restare umani
I
n quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.C’era tanta gente che andava e veniva che non avevano neanche il tempo di mangiare. Gesù allora mostra una tenerezza di madre nei confronti dei suoi discepoli: andiamo via, e riposatevi un po’. Lo sguardo di Gesù va a cogliere la stanchezza dei suoi. Non si ferma a misurare i risultati ottenuti nella missione appena conclusa, per lui prima di tutto viene la persona, la salute profonda del cuore.
Più di ciò che fai, a lui interessa ciò che sei: non chiede ai dodici di pregare, di preparare nuove missioni o affinarne il metodo, solo li conduce a prendersi un po’ di tempo tutto per loro, del tempo per vivere. È il gesto d’amore di uno che vuole loro bene e li vuole felici.
Come suggerisce questo testo molto noto:
Prenditi tempo per pensare /
perché questa è la vera forza dell’uomo
Prenditi tempo per leggere /
perché questa è la base della saggezza
Prenditi tempo per pregare /
perché questo è il maggior potere sulla terra
Prenditi tempo per ridere /
perché il riso è la musica dell’anima
Prenditi tempo per donare /
perché il giorno è troppo corto per essere egoista
Prenditi tempo per amare ed essere amato/
perché questo è il privilegio dato da Dio
Prenditi tempo per essere amabile /
perché questo è il cammino della felicità.
Prenditi tempo per vivere!
E quando, sceso dalla barca vide la grande folla, provò compassione per loro.
Appare una parola bella come un miracolo, filo conduttore dei gesti di Gesù: l’arte della compassione. Che è detta con un termine che evoca le viscere, un crampo nel ventre, un graffio, un’unghiata sul cuore.
Che lo coinvolge. Gesù è preso fra due compassioni in conflitto: la stanchezza degli amici e lo smarrimento della folla. E cambia i suoi programmi: si mise a insegnare loro molte cose.
Gesù cambia i suoi programmi, ma non quelli dei suoi amici. Rinuncia al suo riposo, non al loro. «Venite in disparte, con me», aveva detto. «Poi torneremo tra la gente con un santuario rinnovato di bellezza e generosità».
E i suoi osservano e imparano ancora più a fondo il cuore di Dio: Dio altro non fa che eternamente considerare ogni suo figlio più importante di se stesso.
Stai con Gesù, lo guardi agire e lui ti offre il primo insegnamento: come guardare, prima ancora di come agire. E lo consegna ai dodici apostoli: prima ancora delle parole insegna uno sguardo che abbraccia, che ha compassione e tenerezza. Poi, le parole verranno e sapranno di cielo.
Se ancora c’è sulla terra chi ha l’arte divina della compassione, chi si commuove per l’ultimo uomo, allora questa terra avrà un futuro, allora c’è ancora speranza di restare umani, di arrestare questa emorragia di umanità, questo dominio delle passioni tristi.
(Cfr: Marco 6, 30-34)
|
[Home page | Sommario Rivista]
realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento
15 novembre, 2018