Attualità

Roberto Lanza

"Il Natale dell’Amore Misericordioso:
esperienza di salvezza"

Care figlie, si avvicinano le feste di Natale e credo che, come sempre, vi starete preparando a ricevere nei vostri cuori il divino Bambino. Spero che noi tutte andremo a cercarlo, senza aspettare che Egli venga a cercare noi, e così incominceremo la nostra giornata seguendo l’esempio dei santi Re Magi. Essi uscirono dalla loro patria per andare in Giudea, lasciando ricchezze e benessere; e noi usciamo da noi stesse lasciando il nostro io, l’amor proprio e il desiderio del benessere. Essi al divino Infante offrirono oro, incenso e mirra, che sono doni materiali, e in più l’oro dell’amore, l’incenso della devozione e la mirra della mortificazione. E noi, Ancelle del suo Amore Misericordioso, cosa gli offriremo?

(Madre Speranza di Gesù)

 

 

 

 

L’anno 754 dopo la fondazione di Roma è rimasto famoso nella storia. A capo dell’impero romano si trovava Cesare Ottaviano Augusto; in quegli anni su tutta la terra allora conosciuta regnava una certa pace, quasi un miracolo, certamente un fatto straordinario. A Betlemme, un villaggio della Giudea, situato a 7 Km. da Gerusalemme, proprio in quel tempo nacque Gesù, qui si compì per Maria quanto le era stato predetto dall’angelo Gabriele nella sua casa di Nazaret: "Tu concepirai e darai alla luce un figlio, al quale porrai nome Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo. Il Signore Dio gli darà il trono di Davide, e il suo regno non avrà fine." (Luca 1,26-38).

Gli scrittori del nuovo testamento considerano la venuta di Gesù nel mondo come un evento straordinario nella storia dell’uomo.

Perché?

La nascita di Gesù è una meravigliosa dimostrazione dell’amore di Dio per l’umanità, Matteo nel suo vangelo chiama Gesù con il nome di "Emanuele", che significa "Dio con noi". Egli venne nella persona di Gesù per farsi solidale con noi. Venne a vivere in mezzo a noi per condividere le nostre gioie e le nostre sofferenze e infine per dare una risposta, con la sua morte e risurrezione, al nostro bisogno di liberazione e di salvezza. Questa visione di un Dio che vuole essere coinvolto nella vita degli uomini è diversa da ogni altra visione di Dio. Le divinità dell’antichità non avevano sentimenti, non si interessavano al mondo e alla sua sofferenza; Gesù è un Dio che vive nella realtà della vita umana, gioiosa o dolorosa che sia. Anzi è proprio venuto a dare una prospettiva tutta nuova di fronte alle tante domande che gli uomini si pongono e a cui non sanno dare una risposta: "Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo..." (Lc 2, 1-14).

Sembra tutto a posto, ma forse qualcosa non funziona; si ha l’impressione che qualcosa non funzioni in certe feste, o funzioni nella maniera sbagliata. Il Natale, in particolare, presenta sintomi allarmanti di malessere, c’è un guasto segreto, nascosto chissà dove, che i più fingono di ignorare (e hanno tutto l’interesse a trascurare, altrimenti si incepperebbe la festa), ma che non può sfuggire all’osservazione rigorosa della fede.

Noi sappiamo che cosa sia il Natale, e sappiamo come deve essere e come dovrebbe essere celebrato, sappiamo quando arriva e fino a quando dura. Chi l’ha vissuto la prima volta, invece, aveva la fortuna di non sapere di che cosa si trattasse, che cosa fare, e cosa sarebbe successo dopo. Maria e Giuseppe non sapevano che cosa fosse il Natale, e neppure i pastori ed Erode. L’avvenimento li ha colti alla sprovvista, hanno dovuto interrogarsi, inventare, scegliere, soprattutto improvvisare. Non sono stati loro a decidere cos’era il Natale e in che modo andava vissuto. Noi, invece, sappiamo già tutto in partenza. Il nostro è un Natale deciso, programmato, fissato da noi, oserei dire prefabbricato. In un cassetto dell’armadio c’è la scatola del presepio, basta recuperarla, montare i vari pezzi, mettete al loro posto i personaggi, aggiungete al massimo qualche "invenzione" tecnologica, e tutto viene sistemato nel modo giusto. Si passa dai negozi con la lista della spesa, l’elenco dei doni, si prende l’appuntamento dalla parrucchiera, si sceglie l’abito giusto, ci si accerta che in cucina non manchi nulla.

Nel solito giornale, poi, c’è la solita "penna" di qualche giornalista, che si incarica di fornirci i sentimenti che dobbiamo indossare. Infine, naturalmente, si fa anche una visitina in Chiesa per la Messa di mezzanotte, non si sa mai. Il Natale funziona, come previsto, cioè non funziona: è difettoso. Si tratta di un Natale decrepito, anche se levigato di modernità, senza sorprese, molte volte recitato più che vissuto. "Ci risiamo", dobbiamo provvedere.

Quando si decideranno gli uomini a credere in Gesù Bambino, a riceverlo sul serio così come diceva la Madre Speranza nello scritto iniziale?

Proviamo ad immaginare cosa succederebbe se non trovassimo più il presepio, se fossero sparite le statuine dei pastori, se il bue e l’asinello si fossero posti in salvo in qualche riserva o parco protetto, se Giuseppe non fosse disponibile, perché lontano a lavorare, se Maria non avesse tempo, se Erode si trovasse in vacanza nella fortezza di Masada o impegnato in qualche vertice di "grandi". Già, quale fortuna se fosse scomparso il "nostro" Natale, quello messo a punto e collaudato da noi. Quale guadagno se avessimo perso la conoscenza di come si festeggia il Natale, e quindi fossimo costretti a riscoprirlo, avendo la semplice pagina del vangelo di Luca quale unico punto di riferimento. Una visione devozionistica e sentimentale degli episodi della Natività del Signore rischia di svuotare, nella nostra mente, il significato vero e salvifico dell’evento dell’Incarnazione.

Celebrare il vero Natale cristiano significa condividere le scelte di Cristo, scelte di povertà, di umiltà, di servizio e di dono totale della propria vita.

In questo senso il Natale ha in sè una formidabile carica di contraddizione contro la grande ipocrisia di volontà di pace e di sincera solidarietà umana, che attenua la cattiva coscienza con il farsi regali (divenuto un qualcosa di altamente consumistico), contro la presunzione di una pace fattibile solo dall’uomo, il Natale oppone l’evento di Gesù Cristo che non ha nulla a che vedere con questi calcoli e con queste aspettative.

La celebrazione natalizia deve essere valorizzata non come tradizione, ma come dono di amore, di verità e di speranza a tutti gli uomini del nostro tempo.

Chi abbiamo messo al posto del Bambino?

"Non c’era posto per loro nell’albergo..." Non stiamo a domandarci che cosa significhi per l’evangelista l’albergo, se ne sono già occupati e se ne occupano ancora gli studiosi; Lui però si è accontentato di una mangiatoia. Ma noi l’abbiamo "sloggiato" anche di lì. Abbiamo preso noi il suo posto, abbiamo tolto la paglia vera, per mettere quella dorata, abbiamo costruito la mangiatoia raffinata, mettendoci dentro le nostre vanità e sciocchezze. E cosi, cari uomini, la storia si ripete, ed è sempre la triste storia che fa trovare le porte chiuse. Quando Dio è voluto venire in mezzo a noi per condividere la nostra situazione, per partecipare alle nostre vicende, per essere insomma uno di noi, non c’era posto nelle nostre abitazioni, perché erano già piene. Allora come oggi, dopo duemila anni, non c’è posto nel nostro cuore: è già pieno di altri affetti, è occupato da molti idoli, è distratto dai molteplici impegni; e ciò che forse più spaventa è che non c’è posto nemmeno là dove si pronuncia con frequenza e disinvoltura il Suo nome. La presenza del Signore è gradita, a patto che venga circoscritta, limitata nel tempo e nello spazio, relegata ad alcuni istanti, soprattutto neutralizzata nei suoi elementi più impegnativi. Dio viene escluso quando si finge di accoglierlo. Dio è un estraneo, soprattutto quando ci si illude di "tenerlo" in casa, c’è qualcosa di peggio che non fargli posto: ed è sistemarlo secondo i nostri gusti. Se Lui si presentasse veramente in casa nostra, se Lui arrivasse davvero, magari sotto il travestimento di un immigrato, di un rifugiato, di un anziano, di un ex carcerato, per partecipare alla nostra festa, c’è da giurare che il Natale ci andrebbe di traverso. Riconosciamolo: un presepio che non sia quello che teniamo riposto nell’armadio, ma da allestire spalancando la porta del nostro personalissimo "albergo" allo sconosciuto, ci fa paura. Eppure la liturgia della Messa di mezzanotte ci offre diversi elementi che ci possono aiutare a interpretare la festa natalizia in maniera giusta.

1. Isaia parla di luce nelle tenebre, di gioia per il raccolto e per il bottino. È una luce miracolosa, come una nuova creazione. Abbiamo fatto un raccolto insperato. Però quello che teniamo tra le mani, non dimentichiamolo, è un "bene comune". È terminata l’oppressione. Se vogliamo, possiamo essere liberi, e sarà bene domandarci quali sono le schiavitù cui ci siamo sottomessi liberamente. Il tutto grazie al dono di un fanciullo. "Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio". La nascita di un bimbo costituisce il segno di una possibilità offerta all’uomo. Dio è il nostro avvenire.

2. Paolo precisa che si celebra il Natale compiendo un gesto di rottura con il passato. Si tratta di "rinnegare l’empietà e i desideri mondani" e "vivere con sobrietà, giustizia e pietà". Se il Natale non determina qualcosa di decisamente e definitivamente nuovo, se non ci conduce a impostare diversamente la nostra vita e i rapporti con gli altri oltre che con Dio, è un Natale vecchio, inservibile.

3. Gli angeli, nell’annuncio ai pastori, pongono in evidenza il motivo di fondo della letizia che deve caratterizzare il Natale: "... Pace in terra agli uomini che egli ama". Allora, qual è la causa vera della nostra gioia? Chi di noi ha il coraggio di affermare che, oggi, impazzisce di gioia unicamente al pensiero di essere amato da Dio? Eppure l’essenza del Natale sta proprio qui: concelebriamo la scoperta di un Dio che ci ama, che ci cerca, quasi non potesse essere felice senza di noi, è l’Amore Misericordioso, ed è venuto a dircelo di persona.

Allora cosa fare?

Stavolta niente carta regalo, quest’anno proviamo a dire di no, niente carta luccicante, niente nastrini con il fiocco elegante. Proviamo a celebrare un Natale non organizzato, non pianificato, non decorato artificialmente. Mi rifiuto di essere addobbato come un pacco dono. Preferisco rimanere allo scoperto, nella povertà del mio essere, nella verità della mia debolezza spirituale, nella mia "pelle" indurita dalle abitudini. Forse riuscirò a "non sapere", forse quel bambino indifeso, povero, infreddolito, ce la farà finalmente a cogliermi alla sprovvista. Forse succederà qualcosa di nuovo, forse riuscirò a vedere il Natale di Gesù come un faro di luce inesauribile che illumina le tenebre.

Si è vero! gridiamolo con forza è nato, a Betlemme, Gesù, il Cristo, il Messia, il Salvatore, il Dio con noi, il Verbo di Dio fatto carne, il Santo dei Santi!

Non avere paura, fratello mio.

Il Natale ti porta un lieto annunzio: Dio è sceso su questo mondo disperato e verrà un giorno in cui le tue nevi si scioglieranno, le tue bufere si placheranno, e una primavera senza tramonto regnerà nel tuo giardino, dove l’Amore Misericordioso, nel pomeriggio, verrà a passeggiare con te.

Quest’anno hai già pensato cosa "regalare" della tua vita al Signore Gesù?

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ultimo aggiornamento 14 dicembre, 2018