pastorale familiare Marina Berardi
Insieme, per realizzare il sogno di Dio
Prendo il la dalla "nota speciale" del precedente articolo e, come anticipato, condivido qualcosa di quanto è sgorgato dall’esperienza del Capodanno in famiglia.
I partecipanti, alla partenza, hanno ricevuto un piccola lettera in legno con la propria iniziale, a ricordare che in ogni evento della vita Dio continua a chiamarci per nome e a svelarci il progetto unico e personale che ha su di noi. È stato commovente vedere alcuni bambini intenti a metterle insieme, tanto da chiedere alcune lettere che servivano loro per poter comporre due parole speciali: famiglia, amore! Riconosco che mi si è scaldato il cuore vedendo un bambino che cercava la lettera che gli mancava per poter scrivere il mio nome, mentre commentava: "Così non ti dimentichiamo più". Neanche noi adulti dimenticheremo i nomi, i volti e le storie di vita incise nei nostri cuori, consapevoli che, sebbene ogni nome racchiuda in sé un magnifico progetto, è solo dall’insieme dei nomi che si svela e si realizza in pienezza il sogno di Dio!
I bambini, nella loro spontaneità, sono i primi a darci la misura di quanto sia vero quello che ha detto Papa Francesco: "L’amore è il sogno di Dio per noi e per l’intera famiglia umana". Loro hanno intuito l’essenziale della vita: la famiglia, l’amore!
Papa Francesco, nel viaggio a Dublino, ha chiesto alle famiglie di non temere questo sogno, le ha invitate a farlo proprio, sognando in grande: "Fatene tesoro e sognatelo insieme ogni giorno nuovamente. In questo modo sarete in grado di sostenervi a vicenda con speranza, con forza e col perdono nei momenti in cui il percorso si fa arduo".
Sognare insieme ogni giorno nuovamente, sostenersi a vicenda con speranza, nei momenti in cui il percorso si fa arduo! Direi che questa è la chiave di volta che accomuna le diverse storie che quest’anno il Signore ci ha dato di incontrare, storie ora narrate apertamente ora taciute, ma comunque trapelate dalla vita. È l’esperienza vissuta da Francesca ed Alessandro che ancora una volta condividono con noi il loro stupore e la loro gratitudine: "Quest’anno io e mio marito, a differenza delle altre volte, non abbiamo dato testimonianza parlando sul palco o davanti al microfono, anche se mio marito avrebbe voluto che lo avessi fatto. Mentre mi trovavo lì, titubante, pensando se presentarmi o no, mi sono detta che troppo spesso sono logorroica, che troppo spesso parlo ma non ascolto, che se quel giorno avessi parlato avrei tolto la possibilità ad altri di farlo... Così sono rimasta seduta al mio posto e ho fatto bene.
Stranamente, però, pur non parlando davanti a tutti alcuni si sono avvicinati a noi e ci hanno ringraziato per la testimonianza ‘di vita’, evidentemente non serve sempre parlare. Come dice San Francesco: ‘Predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole!’".
É vero, c’è un tempo per tutto, per tacere e per parlare, a noi discernere il momento e i modi per fare l’una o l’altra cosa. Come abbiamo sentito, però, l’amore anche tacendo parla. È di questo amore che ha estremamente bisogno il nostro tempo. "Il nostro mondo – ricorda ancora Papa Francesco - ha bisogno di una rivoluzione di amore", che inizia tra le mura domestiche, dove si impara quell’abc, ripropostoci durante il nostro Capodanno: un amore che passa per le piccole cose di ogni giorno (un rotolo di carta igienica, i calzini lasciati in disordine…); un amore che si fida; un amore che non si improvvisa e che affonda le sue radici di generazione in generazione; un amore che si coltiva giorno dopo giorno; un amore che tende per sua natura alla pienezza, al dono totale di sé; un amore che dà spessore e sapore alla vita; un amore ferito e a volte impaurito; un amore che sa cantare lo stupore; un amore che nella fedeltà porta frutti che rimangono, frutti di vita eterna, perché "le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo" (Ct 8,7).
Dalle storie narrate sembrerebbe che l’habitat privilegiato dell’amore non sia quasi mai la spensieratezza o l’assenza di difficoltà, quanto piuttosto quella prova o quel dolore che spesso, bussando alla nostra porta, chiedono di essere ospitati ed abitati. Proprio a partire dalla concretezza del quotidiano, che sembra dettare ordini del giorno inattesi, incomprensibili e umanamente all’apparenza ingiusti, in molti hanno raccontato di come siano giunti a quel passaggio obbligato a cui l’Amore vero attira ed apre: l’abbandono. Un abbandono che Madre Speranza trasforma in fiduciosa preghiera e, rivolgendosi a Gesù, ripete e fa ripetere ogni giorno: "Nelle Tue mani mi abbandono, fa di me ciò che a te è gradito" (dalla Novena all’Amore Misericordioso).
Sebbene diverse siano state le condivisioni di vita, mi sento di dare voce a una famiglia, ormai veterana al nostro appuntamento, che quest’anno ha scelto di partecipare all’evento del Capodanno nonostante l’indicibile dolore che, il 31 ottobre, l’aveva colpita: la perdita del terzogenito, Carlo, dopo una lunga malattia, a soli 24 anni.
Qualcuno ha scritto di loro: "Ho ascoltato le parole di una mamma, Maria Grazia, che, insieme al marito, ha accompagnato il figlio fino a quell’ultimo respiro, riconsegnandolo nelle mani di Maria, sapendo benissimo che i figli vengono attraverso di noi ma non sono nostri. Il dolore per il distacco e la mancanza ci sono, ma la consapevolezza di aver partecipato al percorso verso il Cielo del figlio Carlo ha infuso in lei e in loro una serena consapevolezza che risulta tangibile. La serenità e la fede quando sono autentiche e spontanee si percepiscono e di conseguenza si trasmettono senza sforzo né forzature".
Nella naturalezza con cui Pietro e Maria Grazia hanno partecipato ad ogni momento, si coglieva un ascolto autentico, un dolore dignitoso, un’attenzione agli altri, una profondità nella preghiera, una fede viva, una sincera gratitudine e tanto altro. Tutto ciò si è poi trasformato in dono al momento della condivisione finale, di cui offro qualche stralcio.
"Non pensavo di parlare ma ora ho scelto di farlo, sia pure nella commozione, per rendere testimonianza all’amore. Ringrazio per questa opportunità di poter raccontare questa storia al tempo stesso bella e dolorosa: è la storia di nostro figlio, la cui vita terrena è terminata a 24 anni, per iniziare la sua vita nell’eternità. È stato un viaggio terribile, un momento difficilissimo per tutta la nostra famiglia.
Ora, però, mi sento di raccontare un momento particolare, avvenuto due ore prima che Carlo salisse in Cielo, perché è rimasto nella nostra mente e nel nostro cuore. Adesso, dopo due mesi che non c’è più, continua ad essere il punto di riferimento, ogni mattina, al nostro risveglio…
Il punto di riferimento è il ricordo di Carlo, proprio in quegli ultimi momenti così difficili e di dolore, e il vedere tutti noi pregare vicino a lui tutta la notte, recitando il S. Rosario. Fino a due ore prima che andasse via era semi cosciente e lì, accanto a lui, gli sussurravo all’orecchio di non aver paura, che di là avrebbe visto un mondo diverso, di luce, dove non avrebbe più sofferto. Gli dicevo di fidarsi della Parola di Dio e di pregare con me la Madonna. Nella mia vita sono sempre stata molto devota a questa Mamma celeste che ci è sempre vicina e che mi ha costantemente accompagnata. A questo proposito, mi ha colpito una frase che si legge nella Casa di M. Speranza: "Maria Mediatrice sta sempre al nostro fianco per portare il carico più pesante". Ho cercato sempre di trasmettere tutto questo ai nostri figli.
Con Carlo, in particolare, abbiamo vissuto tante esperienze belle, ma questa è stata l’esperienza più forte e difficile della mia vita. Negli ultimi momenti, mentre pregavo il Rosario, lui ha smesso di respirare e il suo cuore ha smesso di battere. Mio marito in quel momento ha iniziato a piangere e, quasi senza renderci conto, Carlo ha ricominciato a respirare e il cuore a battere nuovamente, tanto che noi e i nostri figli abbiamo avuto un sobbalzo. Così ho continuato a dirgli: "Amore, non aver paura". A mio marito ho chiesto: "Prega l’Ave Maria, dobbiamo aiutarlo ad andare, perché sono certa che la Madonna è qui e che lo aiuterà a non aver paura di vivere questo passaggio". Pietro ha iniziato a pregare l’Ave Maria, mentre sussurravo all’orecchio di Carlo: "Amore, Papà ha detto: stai tranquillo, vai! È giusto, hai già sofferto tanto". In quel momento Carlo ha smesso per sempre di respirare e noi, insieme, abbiamo continuato quell’Ave Maria speciale. Questa è una delle cose più significative che custodisco nel cuore".
Come non ritornare alla S. Messa del 31 dicembre scorso, in cui Mons. Ceccobelli ha fatto risuonare il nome di Carlo, a due mesi esatti dalla sua partenza. Eravamo lì, famiglia di famiglie, stretti attorno all’altare, per consacrare al Signore le prime ore di questo nuovo anno, proprio nella solennità di Maria Ss. Madre di Dio. Ancora una volta Lei, canale di ogni grazia, testimone di fede e di coraggio.
Ma seguiamo Maria Grazia che condivide con noi un altro ricordo, legato al giorno del funerale di Carlo: "Al rientro a casa, iniziai a guardare l’album di foto preparato per ognuno dei miei figli, dalla nascita in poi. Su ogni album avevo scritto una dedica, a nome di mio marito e mio, che con il passare degli anni ovviamente avevo dimenticato. Il parroco, in occasione delle esequie, ha chiesto di leggere la dedica scritta sull’album di Carlo. Debbo dire che sentir risuonare in quell’ultimo saluto terreno parole scritte tantissimi anni prima mi ha spaventata perché mi è sembrata una premonizione di qualcosa che sarebbe dovuto avvenire e che di fatto stava avvenendo. Ho avvertito un insieme di emozioni così forti, tanto mi superava quanto avevo scritto...
Carissimo Carlo,
sei stato un grande dono nella nostra vita perché ci hai aiutato a guardare oltre i nostri limiti umani. Quando i medici ci facevano paura, tu con la tua vita così fragile ci davi la forza per andare avanti.
Quel poco che ho capito in questi anni che sono passati è che l’amore è al centro della nostra vita, perché nasciamo da un atto d’amore, viviamo per amare ed essere amati e moriamo per conoscere l’amore vero di Dio. Lo scopo della nostra vita è amare ed essere pronti ad imparare ad amare gli altri, come solo Dio può insegnarci.
Qualsiasi cosa farai avrà senso solo se la farai in funzione della vita eterna.
Se starai amando veramente, te ne accorgerai dal fatto che nulla ti appartiene, perché tutto è un dono.
Non scoraggiarti mai, figlio mio, Dio non ti toglie mai nulla, se toglie è solo perché vuole darti tanto di più.
Tuo padre ed io ci siamo sposati senza avere niente, mettendo Dio al primo posto e credendo nell’Amore. Non siamo mai rimasti delusi. Abbiamo costruito una casa e tante altre cose, sempre più di quello che ci occorreva.
È bello avere degli esempi di vita che ti ricordano che puoi permetterti il massimo della felicità già qui sulla terra, con Dio come guida.
Sappiamo che sei speciale e che hai una missione grande. Il Signore ti ha voluto da sempre e ti mostrerà la strada da seguire, se gli aprirai il cuore: fidati, ne vale la pena, amore mio. Mamma e Papà.
Direi che questa toccante testimonianza ci ha delicatamente condotti dall’abc… all’alfa e l’omega dell’amore, a Cristo, principio e fine di tutte le cose.
La quaresima, ormai alle porte, possa essere per ogni famiglia e comunità il tempo propizio per incamminarci decisamente con Cristo verso Gerusalemme, sostenuti da Maria, fedele ai piedi della croce. Allora faremo Pasqua già qui su questa terra, nello stupore della Risurrezione.
È nella croce del Figlio che il Padre svela il suo sogno: un Amore redento che ci apre le porte dell’Eternità! Vivere in Te!
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ultimo aggiornamento
12 marzo, 2019