pastorale familiare

Marina Berardi

Resta con noi, perché si fa sera

 

In questo tempo di Pasqua, è ancora la Parola a spingerci a riprendere il cammino, invitandoci a cogliere tra le sue pieghe una storia che anche noi siamo chiamati a narrare, la storia della nostra Salvezza, la storia di un incontro.

A volte non riusciamo a comprendere gli eventi della vita e, come i discepoli di Emmaus, rischiamo di lasciarci prendere dalla tristezza, dalla disillusione e dalla paura: "Credevamo…"; "non ci saremmo mai aspettati questo…"; "tu non sai quello che ci sta accadendo…"; "perché…, come può essere successo…"; "noi avevamo sperato, ma…".

In questi giorni, il Signore mi ha dato di ascoltare e di accogliere persone e coppie giunte al Santuario con un fardello da deporre ai piedi dell’Amore Misericordioso, da consegnare a Maria Mediatrice e da affidare a Madre Speranza. Alcuni avevano percorso molti chilometri per giungere a Collevalenza, ma il vero viaggio doveva ancora iniziare: il viaggio interiore, impegnativo e affascinante insieme.

Gli stessi discepoli di Emmaus ci testimoniano che la vita è un pellegrinaggio e che la differenza per loro l’ha fatta la disposizione d’animo, il ricordo di una meta e la disponibilità a far spazio a un nuovo compagno di viaggio.

In fondo, anche per noi questo è un tempo propizio che ci è donato per ripercorrere la nostra storia personale e di famiglia, per scegliere dove andare e da chi lasciarci accompagnare. La liturgia, infatti, ci offre cinquanta giorni per rileggere ogni nostra storia alla luce della Risurrezione, alla luce dello Spirito, di quello stesso Spirito che guidò Gesù e che Lui effonderà su di noi e sulla sua Chiesa il giorno di Pentecoste, facendo nuove tutte le cose, anche noi.

Due realtà dunque: quella umana, segnata dal limite, dal peccato ma anche dalla ricerca di senso e quella divina, desiderosa di ridare speranza e di trasformare ogni esistenza attraverso il dono della Grazia. È da questo incontro che può nascere una nuova realtà, proprio nella nostra vita. È da questo incontro che sperimentiamo che Gesù, discretamente, ci si fa accanto per proporci "la terapia della speranza", come la chiama Papa Francesco; infatti, "la vera speranza non è mai a poco prezzo: passa sempre attraverso delle sconfitte" (Udienza, 17.5.2017).

Ci può rincuorare il pensiero che anche un fallimento è un talento spendibile, da far fruttare, che ci porta a riconoscere l’inestimabile prezzo dell’Amore. Quello di Gesù è un amore unico per ogni famiglia. Lui, attraverso un dialogo personale, coinvolgente, intimo, si fa compagno di cammino in quel quotidiano che spesso ci affatica e ci spaventa.

I discepoli di Emmaus "conversavano e discutevano", ma senza via d’uscita, ripiegati sul proprio dolore e, nel buio della sera, ritornavano sui propri passi. Quante volte nelle discussioni familiari si rimane intrappolati in una sterile e arrabbiata lettura degli eventi, ci si irrigidisce nelle proprie posizioni, incapaci di cogliere quelle dell’altro, fino a quando non accade qualcosa che costringe ognuno ad aprire gli occhi e, finalmente, ad ascoltare e ad iniziare un viaggio interiore.

Sono rimasta edificata da genitori che, invece di lasciarsi attanagliare da un senso di colpa distruttivo o dall’apparente fallimento educativo, si sono messi in discussione, si sono rimessi in gioco, aiutati anche da compagni di viaggio che la Provvidenza ha posto sulla loro strada. Non ce la possiamo fare da soli. Anche i discepoli erano in due e far cordata, far comunione, paga.

Mi piace immaginare questi genitori come coloro che si stanno facendo viandanti con i propri figli, cercando di trasmettere loro il senso della vita e di aiutarli a leggere nella propria storia un progetto di bene, una Presenza che li trascende. Ma anche ai nostri ragazzi, come ai due discepoli, può accadere di ostinarsi nei propri punti di vista, di travisare le cose, prendono le distanze dall’educazione ricevuta.

Intuisco la preoccupazione e l’impotenza di molti genitori davanti a un "viandante" invisibile che si insinua in modo subdolo e pervasivo nella vita dei loro figli attraverso l’uso indiscriminato dei social network e dello smartphone. Questo mondo senza confini e senza regole li porta verso "viaggi" alternativi e, a volte, trasgressivi. Gli adulti spesso riferiscono la sensazione che non ci sia partita o che questa sia una battaglia persa in partenza a causa della difficoltà di trovare la giusta lunghezza d’onda che favorisca il confronto e per il fatto che i ragazzi tendono a sottovalutare i rischi di incontri virtuali.

È questo il momento per ogni adulto di percorrere la strada con Gesù, di imparare da Lui a cercare con pazienza il dialogo. Noi per primi, nel passo dopo passo, dobbiamo lasciarci scaldare il cuore da quel viandante che ci apre alla comprensione di quanto ci è chiesto di vivere, per quanto ci possa apparire incomprensibile.

Noi adulti dobbiamo lasciarci dire la verità di noi stessi, riscoprire la centralità e l’indispensa­bilità del nostro ruolo e della nostra missione nei confronti delle nuove generazioni, sapendo mantenere come Gesù la giusta distanza, una distanza capace di risvegliare la nostalgia.

A questo proposito, M. Speranza spiega: "Giunti a Emmaus, Gesù fa come se voglia andare oltre, ed essi che già si sentono infiammati d’amore verso quel pellegrino, lo invitano a restare dicendo: «Rimani con noi, Signore, perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli si fa pregare un poco, pur volendo restare con loro, per insegnarci che, nonostante sia suo desiderio, non rimane se non lo invitiamo con insistenza" (El pan 7, 589).

È la strada da percorrere anche con i nostri ragazzi: scaldare loro il cuore, suscitare domande, vivere con coerenza i valori proposti, permettere loro di misurarsi con il buio della sera ed esserci, in attesa, pronti ad accogliere.

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ultimo aggiornamento 13 maggio, 2019