In cammino con il Sinodo dei Giovani

9.

Il profeta Elia,
fuoco di Dio

                    Sac. Angelo Spilla  

 

Continuando a leggere il fenomeno della vocazione nella Bibbia, un’altra figura che certamente ci potrà aiutare come mantenere un grande rapporto di intimità con Dio è il profeta Elia.

Particolarmente ai giovani sarà di richiamo come uomo forte e consapevole di sé. Infatti Elia è colui che ha combattuto da solo contro i quattrocentocinquanta sacerdoti di Baal e li sconfigge. La sua figura è di richiamo, ancora, alle nuove generazioni per scoprire la propria vocazione ed essere nello stesso tempo uomo di Dio e del popolo, l’uomo di preghiera e l’uomo che si schiera, l’uomo che riscopre Dio.

E ci da un messaggio attualissimo perché la sua condotta ci stimola a essere coraggiosi al momento di dare testimonianza pubblica della nostra fede.

Ma cerchiamo di conoscere più dettagliatamente questa figura biblica. Di Elia ce ne parla la Bibbia soprattutto nei due "Libri dei Re"(da 1Re,17 a 2Re,2).

Elia, il cui nome significa "il mio Dio è Yahweh" vive nella città di Tishbà nel paese di Galaad, nel nono secolo avanti Cristo, e perciò detto anche Tishbita, una delle figure più rilevanti dell’Antico Testamento.

Svolge la propria missione sotto il re Acab (874 – 853 a.C.); re d’Israele del Nord, che si era separato da oltre un secolo dal regno meridionale di Giuda.

Quando Acab, influenzato dalla moglie Gezabele, cominciò ad adorare un dio straniero, Baal, e da qui il culto al vero Dio conviveva con l’idolatria, Elia comincia ad essere scomodo con la sua predicazione. Il popolo adorava Baal, il dio della fecondità, un idolo rassicurante da cui si credeva provenisse il dono della pioggia e a cui si attribuiva quindi il potere di dare la vita agli uomini e al bestiame e di rendere fertili i campi.

Elia, diverrà, dunque, il portavoce di Dio tanto che annuncia al re Acab le conseguenze della sua apostasia dicendogli:"Per la vita del Signore, Dio d’Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo dirò io" (1 Re, 17,1).

E poi quando la situazione diventa ancor più drammatica, sarà sempre il Signore a chiamare Elia per dirgli di ripresentarsi davanti al re chiedendogli di radunare tutto Israele e i profeti di Baal sul monte Carmelo lanciandogli una sfida. Davanti a due giovenchi squarciati occorrerà che ognuno, da una parte i 450 profeti di Baal e dall’altra Elia, solo, dovrà invocare il proprio dio per far scendere il fuoco e consumare la bestia uccisa. Scenderà il fuoco e consumerà la vittima solamente quando Elia invocherà e pregherà il vero Dio, il Dio d’Israele, chiamato in questo caso a giudice, per stabilire chi dei due è nel giusto.

Tutto questo Elia lo fa per condurre il popolo a fare una scelta, intanto i profeti dell’idolo falso vengono uccisi e la pioggia ridonata, come segno della riconciliazione avvenuta e della nuova fecondità della terra.

Ma non finisce qui la lotta contro Elia, ancora un contraccolpo lo aspetta, non tanto da Acab, re timido, ma da parte di sua moglie Gezabele, la quale principessa originaria della città fenicia di Sidone, seguace del dio Baal, continua ad essere missionaria accanita della sua religione e si scontra quindi contro Elia, che viene perseguitato. In realtà la regina voleva vendicarsi dell’assassinio dei suoi profeti. Quando Elia smaschera la cattiveria del re Abab, il quale dietro ispirazione della moglie Gezabele riescono ad impossessarsi di una vigna a cui tenevano, accusando falsamente e facendo uccidere il proprietario della vigna, Nabot, il profeta viene ricercato per essere ucciso perché la regina aveva giurato morte al suo nemico. Seguono da qui pagine suggestive nel libro biblico: l’irruente Elia mostra la sua umainità vera, scappa e vuole morire, è stanco e depresso.

Ma proprio in questa sua situazione Dio gli appare e gli parla; gli si fa vicino in un modo particolare. Dopo avergli inviato un angelo che lo desta e lo rianima, lo fa rimettere ancora in cammino attraverso il deserto, il monte di Dio, l’Oreb. Ed è qui che Dio gli si fa incontro nella voce lieve del vento e non come il potente che stermina tutti i suoi avversari con fuoco della sua ira. Elia si lascia così condurre sulla via che Dio gli indica di percorrere. Egli viene poi rapito in cielo, dopo che ha stabilito Eliseo come suo successore dandogli parte del suo spirito. Elia diventa così il più grande profeta dell’Antico Testamento.

Il suo messaggio ai giovani? Elia aveva in sé qualcosa di infuocato, era come un fuoco perché sapeva entusiasmare, anche con i suoi lati d’ombra quando preso dal fuoco della passione fece uccidere i sacerdoti di Baal. Ma anche nella sua stessa morte diventa un fuoco, lasciandosi trasformare dal fuoco dell’amore di Dio. Una lezione a tutti noi: per entusiasmare gli altri bisogna passare attraverso il fuoco di Dio e rendere testimonianza solamente per Dio.

Ricordiamoci pure che è colui che incontra Dio nel silenzio e nella quiete e non nel frastuono. E nel silenzio lasciare che Dio faccia rinascere in noi questa profezia per i giorni nostri.

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ultimo aggiornamento 15 maggio, 2019