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P. Aurelio Pérez, fam |
I tratti materni di
Madre Speranza
A.
UNA MADRE "GENERA VITA E DÀ LA VITA"
Tra dolore e gioia
O
gni madre è custode della vita, e ogni nascita è insieme dolore e gioia, travaglio e speranza. Se noi chiamiamo questa santa donna, Josefa Alhama Valera, in religione Speranza, con il nome di madre, è bene pensare anzitutto alla verità di questo nome. Lei è stata davvero madre, nel senso genuino del termine. Una madre è colei che genera la vita, la porta nel suo grembo per nove mesi, la mette al mondo, e poi la custodisce, la fa crescere, la nutre.La nascita, per esempio delle nostre due Congregazioni, le Ancelle prima e i Figli dopo, sono contrassegnate dal processo che accompagna ogni nascita.
"Il tempo della gestazione" delle Congregazioni è quello che possiamo considerare a partire dal 28 marzo 1929, giorno in cui la Madre riceve il primo annuncio da parte del Signore della Fondazione della sua Famiglia religiosa, e il 25 dicembre 1930, nascita delle EAM, e il 15 agosto 1951, nascita dei FAM.
È il tempo dell’attesa, contrassegnato nella persona di Madre Speranza, come in ogni mamma che attende una nuova vita, da gioia e timore, da sofferenza e gaudio, da privazioni ed esperienze sublimi1.
Nel primo annuncio che la Madre riceve sulla nuova Fondazione, è interessante osservare il suo atteggiamento, così simile a quello di tanti personaggi biblici quando ricevono una particolare chiamata del Signore.
I sentimenti della Madre sono: "grande spavento" e sensazione di incapacità. Le sue reazioni immediate: "mi sono messa a piangere come una piccola bambina" e " la pena mi soffoca"2. Vediamo nell’esperienza della Madre, come in quella di Mosè (cf Es 3), Geremia (Gr 1), Maria (Lc 1) e tanti altri, una sproporzione enorme tra la grandezza delle richieste di Dio e la sensazione di piccolezza e inadeguatezza che la creatura avverte.
Ugualmente avviene quando arriva il momento di fondare i figli, come M. Speranza ancora descrive nella pagina del Diario, 24 febbraio 19513.
Con viscere di amore materno
Non mi soffermo sull’esperienza posteriore alla nascita delle Congregazioni, che è stata contrassegnata da difficoltà, contrasti, persino dal tentativo di qualcuno di voler uccidere la creatura appena nata. Possiamo immaginare come M. Speranza ha vissuto tutto ciò, quanta sofferenza, fatica, per proteggere quelle creature che il Signore le aveva consegnato. È interessante che nella Bibbia l’amore di Dio, venga definito, tra gli altri termini, anche con il nome di rahamîm, che indica proprio le viscere materne. Una madre, infatti, prova una reazione tutta propria di fronte ai figli. Con il termine, "viscere", si allude proprio al sentimento unico, intimo e profondo che lega una madre ai propri figli. C’è da aver paura di una società in cui le madri vengono spinte, a volte da contesti drammatici che non ci è dato di giudicare, a rifiutare i propri figli, a permettere persino che vengano uccisi nel grembo materno, o ad abbandonarli appena nati.
L’amore "viscerale" è qualcosa che nessuno comprende se non una madre, e quel figlio o figlia sarà sempre una sua creatura, a lei legata da un vincolo indissolubile.
Mi sembra di trovare una sintesi molto bella di queste viscere di Madre nel’omelia che il Vescovo di Todi, Mons. Grandoni fece il giorno delle esequie di M. Speranza:
«Cari fratelli e sorelle, non tutte le mamme naturali riescono a vivere la pienezza della maternità come l’ha vissuta Madre Speranza di Gesù. Basta guardare i volti ed ascoltare le espressioni delle sue Figlie e dei suoi Figli in questi giorni, per comprendere quale rapporto d’amore esisteva – ed esiste – tra loro e la Madre: è veramente la loro Mamma. Madre Speranza di Gesù era da anni sofferente e gravemente limitata per le malattie e il peso dell’età; tuttavia la sua presenza fisica era sufficiente a dare forza e serenità... Tanto era profondo questo legame materno e filiale, che mi sento di augurare che almeno simile possa essere ogni altro rapporto materno e filiale naturale. La castità consacrata non è dunque sterilità – ci insegna Madre Speranza di Gesù –, non è negazione dell’amore, ma apertura piena e libera all’Amore di Dio, che poi si riversa a cascata sugli altri. La maternità casta di Madre Speranza di Gesù era – come quella bellissima che si realizza in natura – frutto di amore e di dolore, di totale e completa donazione, senza nulla chiedere in cambio. Hanno sperimentato la sua maternità non solo le Ancelle e i Figli dell’Amore Misericordioso, ma anche tutti coloro che hanno avvicinato questa donna casta e ardente per chiedere conforto e aiuto. Un amore che è stato particolarmente grande e generoso verso i Sacerdoti, amici prediletti, a nome dei quali ringrazio questa umile e grande Sorella e Madre»4.
B. Tratti di maternità vissuti e testimoniati dalla madre
Nel secondo punto desidero soffermarmi su alcuni aspetti della maternità di M. Speranza come sono stati da lei vissuti, e come ce li hanno descritti diverse persone che sono state a contatto con lei per molti anni. Come queste persone hanno visto, nell’esperienza concreta dei rapporti quotidiani, la maternità della Madre? Penso che la cosa migliore è far parlare i testimoni oculari che hanno vissuto con lei. Ne cito solo alcuni:
UNA MADRE CHE CREA UN CLIMA DI FAMIGLIA
Colloco per primo questo tratto perché è come un contenitore che spiega molti altri accennati più avanti. Le testimonianze in proposito sono tante, come per gli altri tratti accennati di seguito, e ne raccolgo appena qualcuna.
Quella di P. Elio Bastiani, uno dei primi FAM, mi sembra significativa:
"Mi hanno chiesto una testimonianza personale di quei primi anni di fondazione dei F.A.M., quando sono arrivato a Collevalenza alla fine del Luglio 1953. Ero sacerdote da un mese. Non conoscevo e non sapevo assolutamente niente della Madre Speranza. Sono stato accolto con senso materno dalla stessa Madre e con senso fraterno dalle comunità dei padri e delle suore. Un clima di "spiritualità particolare" mi impressionò fin dal principio. Un Dio più vicino, più presente, più Padre, più amore e Misericordia.
Il clima di famiglia che si respirava in quella "particolare" comunità eterogenea, di suore e sacerdoti in Collevalenza, penso che fosse la testimonianza di un forte desiderio di vivere, in pratica, quella esperienza più profonda, personale e comunitaria, di "un buon Padre e una tenera Madre".
Arrivato da poco, sconosciuto a tutti, trovai un’accoglienza materna e fraterna che mi meravigliò non poco. I dubbi e i perché erano tanti, ma quel clima familiare mi piaceva. Certamente da lì cominciò la predisposizione iniziale a decisioni posteriori, fino a desiderare di aderire e condividere quella esperienza di vita religiosa, mai da me pensata in antecedenza. Mi resi conto che la Madre era la fonte dalla quale promanava quel clima. Capii che ciò doveva essere costitutivo della famiglia religiosa in formazione, tanto era l’impegno personale che lei metteva nel formarlo ed esigerlo dagli altri."5.
UNA MADRE CHE… LAVORA CON LE SUE MANI
Sappiamo quante ore passava in cucina, alzandosi presto per pulire le verdure, preparando personalmente il cibo… "come se dovesse venire Gesù a mangiare" – diceva. Come seguiva tutti i lavori, organizzava… Negli ultimi anni, finché le mani glielo permettevano, faceva cingoli e altri lavoretti…
Ricorda Padre Gino, suo Padre spirituale:
"La Madre non ha fatto mai distinzione di compiti importanti e umili, ma ha fatto ciò che si presentava con tanta disinvoltura.
Per conoscenza diretta posso affermare che il lavoro di cucina lo ha fatto anche perché spesso questo veniva considerato come un lavoro umile e faticoso; in esso esprimeva soprattutto il suo ruolo materno proprio perché una mamma si interessa personalmente a preparare cibi sani ed appetitosi."6
UNA MADRE ATTENTA E SOLLECITA NEI DETTAGLI
Uno dei tratti di una vera maternità è indubbiamente la capacità di percepire i problemi, i bisogni, e mettere in atto creativamente dei gesti concreti per risolverli. Accenno anche qui solo qualcuno tra i molti episodi.
Una signora di Roma, piccola fanciulla all’epoca dei fatti, ricorda come Madre Speranza aiutava la sua e molte altre famiglie povere durante la seconda guerra mondiale:
"Alla mia famiglia e a tante altre famiglie povere, la Madre mandava sempre da mangiare. Da casa mia veniva ogni giorno uno dei miei fratelli, e la Madre gli dava una pentola di primo e 11 panini, imbottiti con salame, mortadella, formaggio, carne. Anche la pentola ce l’aveva regalata la Madre. Questo è durato per tre anni".7
Suor Nieves Inchaúrraga, una delle figlie della prima ora, ricordava con emozione la delicatezza e concretezza della Madre nei dettagli:
"La serva di Dio aveva per noi delle delicatezze veramente materne. Quando io ero nell’orto a lavorare oppure quando, durante l’Anno Santo imbiancavo le stanze, spesso la Madre veniva a portarmi una piccola merenda consistente in un panino imbottito ed un bicchiere d’acqua fresca. In quei tempi non si faceva la merenda però quando una faceva un lavoro più gravoso la Madre era comprensiva e ci veniva incontro con questi ed altri simili gesti materni. Dato il mio lavoro nell’orto e ed in cucina, dove ero addetta a fare le frittate che richiedevano che mi alzassi all’una di notte essendo oltre un migliaio gli operai che venivano alla mensa, la Madre capì che mi occorrevano altri cambi di biancheria essendo io continuamente sudata. Accorgendosi di questo la Madre mi portò il suo cambio di biancheria e poi disse alla Signorina Pilar di provvedermi di qualche cambio in più".8
UNA MADRE CHE ACCOGLIE E CONSOLA
Così racconta Suor Mediatrice Salvatelli, che faceva da segretaria alla Madre nell’organizzare l’accoglienza dei pellegrini a Collevalenza:
"Ricordo che, normalmente, riceveva circa 120 persone al giorno, distribuite fra il mattino e il pomeriggio. La Madre, umile e semplice, qual era, diceva a noi suore che, era desiderio del Signore quello di compiere la missione di ascoltare le angosce di tanta povera gente. "Io sono una religiosa con pochi studi, raccontava la Madre, cosa potrò mai dire a questa gente? Ci sono tanti sacerdoti dotti e capaci..., ma il Signore vuole così, che lo faccia io, con tanto amore".9
UNA MADRE CHE PERDONA
L’aspetto materno del perdono nella Madre, richiederebbe una trattazione a sé, per l’abbondanza delle testimonianze e soprattutto per la particolare significanza che questo tratto assume nel definire il cuore di una madre che, a somiglianza di quello di Dio – come lei soleva ripetere – "dimentica, perdona e non tiene in conto le miserie dei suoi figli". Riferisco anche qui un solo episodio, abbastanza emblematico:
Ricordo che, stando a Roma, al principio della fondazione, avevo una religiosa che mi causava preoccupazioni e dolori di testa. Era un po’ superficiale e poco unita al Signore. Sembrava una farfalla che svolazza di qua e di là. Pregavo per lei e ogni tanto la correggevo, ma ancora non avevo capito che con lei dovevo usare più pazienza che rigore. Un giorno me ne combinò una grossa! Affacciandomi alla finestra la vidi nell’orto sottostante, e pensavo tra me: quando rientra le darò una penitenza salata che se la ricorderà per tutta la vita! Ero assorta in questi pensieri quando vidi passare un uomo con un carretto pieno di frutta, trainato da un cavallo. All’improvviso l’animale inciampò, cadendo per terra e rovesciando tutta la frutta per la strada. Il carrettiere salto giù in fretta, sciolse il cavallo e lo aiutò ad alzarsi. Con grande delicatezza gli puliva le ferite e lo accarezzava. Contemplando quella scena, il Signore mi toccò dicendo: "hai visto come quell’uomo ha trattato il cavallo, senza badare al danno economico per la frutta perduta? Lui fa questo con un animale e tu vuoi rimproverare con asprezza e castigare un’anima a me consacrata? Che lezione grande per me! Quando arrivò quella figlia le diedi un grande abbraccio!
UNA MADRE CHE INTERCEDE DAVANTI A DIO, COME MARIA
Anche questo tratto potrebbe aprire un capitolo amplissimo e ricco di tante esperienze. Riporto un episodio davvero emozionante, da lei vissuto a Roma, durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale e registrato nel suo Diario: "Dopo poco tempo, si presenta una donna angosciata, fuori di sé, scalza e tutta spettinata che porta in braccio una bambina di tre o quattro anni, mezzo morta o addirittura morta, fredda, cianotica e, dietro a lei, un uomo con un altro bambino ferito e tutti, piangendo, si prostrano insieme a noi ai piedi dell’Amore Misericordioso, pregando con molto fervore proprio nel momento più critico nel quale gli aerei rombavano rumorosamente sopra di noi. Ho preso la bambina di quella povera signora e, senza timore, l’ho presentata all’Amore Misericordioso, dicendogli: "possibile che il tuo cuore paterno possa sopportare ancora a lungo il dolore di questa povera mamma? Muoviti a pietà e dà vita a questa creatura, perché possa rimetterla sana e salva nelle braccia di questa mamma".11
E conosciamo come e quanto ha esercitato questo suo tratto materno nell’ultima fase della sua vita, nel Santuario di Collevalenza:
«Figlie mie, debbo comunicarvi che il Buon Gesù sta operando grandi miracoli in questo suo piccolo Santuario, che per me è tanto grande e meraviglioso e nel quale io occupo il posto di portinaia: ricevo infatti tutti quelli che vengono in cerca di salute, di pace e di lavoro; e anche quelli che, privi della fede cristiana, vengono solo per curiosità, senza sperare nulla da un Padre così buono, potente e ricco di Amore e di Misericordia... Quando poi ho terminato di ascoltare coloro che arrivano, vado al Santuario per esporre al Buon Gesù tutto ciò che mi hanno presentato: gli raccomando queste anime bisognose, lo importuno con insistenza e gli chiedo che conceda loro quanto desiderano... Queste povere anime, afflitte da malattie corporali o da altre calamità peggiori, il Buon Gesù le sta aspettando come una tenera madre, per concedere loro molte volte delle grazie insperate. Se vedeste quanto è delizioso incontrare di nuovo queste anime dopo che sono state illuminate dalla grande grazia della fede, prodotta spesso da guarigioni del tutto miracolose, che esse non erano neppure capaci di sperare!»12.
(continua)
1 Cfr. MARIO GIALLETTI, Madre Speranza. Nella sua vita un cammino di misericordia, L’Amore Misericordioso, Collevalenza (PG) 1997², p. 90).
2
Diario (1927-1962) (El Pan 18), 28 marzo 1929. ““Il Buon Gesù mi
dice che è giunto il momento che scriva le Costituzioni sulle quali
più tardi si dovranno reggere la Congregazione dei Figli del suo
Amore Misericordioso e molto presto la Congregazione delle Ancelle
dell’Amore Misericordioso, e che di queste devo copiare ciò che
riguarda esse, lasciando separato ciò che più tardi devono compiere
i Figli del suo Amore Misericordioso.
Ciò mi ha spaventato molto perché non so quello che devo scrivere,
nè cosa fare. Io, Padre mio, mi sono messa a piangere come una
bambina piccola e mi affoga la pena, non perché non voglia fare
quello che il Buon Gesù mi chiede, ma perché non sono capace e sono
convinta che non farò niente di buono”.
3 “Il buon Gesù mi dice che è giunto il momento di accettare totalmente il dolore e il sacrificio e che debbo essere pronta ad accogliere tutto quello che Lui vorrà, costi quello che costi. Mi ha detto che è arrivato il momento di fondare la Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso. Oppressa dalla pena e piangendo come una bambina , ho preteso spiegare al buon Gesù la mia nullità, i miei timori e cosa mai avrei potuto realizzare con l’aiuto di un secolare che neanche lontanamente pensava di diventare religioso. Il buon Gesù mi ha risposto che questo giovane diventerà religioso, sacerdote e primo figlio dell’Amore Misericordioso. Io, fuori di me e non in sintonia con Lui, gli ho risposto avventatamente: “Io, Signore, non sono disposta a servire da strumento per farti soffrire collaborando al tuo fallimento; cercati una creatura più adatta per questa impresa, cercati, Signore, un Vescovo, un monsignore o un sacerdote esperto e virtuoso, chiunque tu voglia, ma non io, Signore, e per giunta aiutata da un secolare che non ha la più pallida idea di cosa sia la vita religiosa”. Egli mi ha perdonato e con sguardo amoroso e voce paterna, mi ha detto: “Figlia mia, io non tengo in conto, dimentico, perdono e ti amo tanto, tanto; conosco le sofferenze che ti attendono e le umiliazioni che dovrai subire; ma è mio desiderio che tu passi per queste prove e che il primo dei Figli dell’Amore Misericordioso sia Alfredo”. Al che ho aggiunto: “Ecce Ancilla, Domini”.
4 Decio Lucio Grandoni, Vescovo di Orvieto-Todi, Omelia nella Messa di esequie, 13 febbraio 1983.
5 P. Elio Bastiani FAM, Testimonianza processuale.
6 Testimonianze Processo di Beatificazione, teste 128/2.
7 Testimonianza per la Causa di Canonizzazione
8 Testimonianze Processo di Beatificazione, teste 93-94/8
9 Racconto la mia esperienza accanto alla Madre
10 Discorso della Madre, Casa della Giovane – 3/8/1965
11 Diario (1927-1962) (El Pan 18)
12 MADRE SPERANZA ALHAMA, Circolari, 1 marzo 1960 (n. 652; 656; 654).
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ultimo aggiornamento
12 giugno, 2019