ROBERTO LANZA

"In questi tempi nei quali l’inferno lotta per togliere Gesù dal cuore dell’uomo, è necessario che ci impegniamo assai perché l’uomo conosca l’Amore Misericordioso di Gesù e riconosca in Lui un Padre pieno di bontà che arde d’amore per tutti e si è offerto a morire in croce per amore dell’uomo e perché egli viva1"

 

Cosa hanno da dire queste parole della Madre Speranza a noi cristiani del terzo millennio, chiamati ad essere impegnati, in prima linea, nell’annunciare al mondo la buona novella. Cercare di interrogarci sulla nostra identità di cristiani, mostrando le nostre radici e chiedendoci quanto fedeli siamo stati al messaggio evangelico di cui siamo portatori e testimoni, è una delle questioni più importanti da affrontare per il nostro modo di vivere la fede. Tuttavia vorrei cercare di non cadere nella tentazione di elaborare una lettura "storica" del problema, vorrei pensare piuttosto a noi stessi, a me; cosa avrebbe ancora potuto scrivere la Madre, prendendo me come modello?

Quanto ci assomigliamo a Giona nel nostro rapporto con il mondo che ci circonda, anche noi siamo attraversati dalla sua stessa tentazione “astensionistica”: pensare che il mondo pagano di oggi sia irrecuperabile, che non valga la pena rischiare la vita per annunciare la fede in Dio.

La difficoltà a capire un mondo che cambia continuamente e la durezza del confronto con esso ha generato in molte comunità e in molti cristiani, soprattutto coloro che sono più impegnati nell’attività pastorale, un senso di frustrazione per il senso di inefficacia della propria azione; una certa stanchezza, per un’attività che sfocia sempre più spesso nell’attivismo; una chiusura delle comunità su se stesse, troppo concentrate sulle proprie attività, progetti e iniziative. C’è un percorso di grazia nella realtà attuale: quello che ci porta a riscoprire il paradosso del nostro essere, come cristiani, stranieri pur dentro un mondo in cui siamo cittadini; pur accanto a donne e uomini di cui ci sentiamo fratelli. Quanto ci assomigliamo a Giona nel nostro rapporto con il mondo che ci circonda, anche noi siamo attraversati dalla sua stessa tentazione "astensionistica": pensare che il mondo pagano di oggi sia irrecuperabile, che non valga la pena rischiare la vita per annunciare la fede in Dio. Ecco allora la tentazione di ripiegarsi su se stessi, di creare magari un gruppo chiuso, contento e soddisfatto di sé. Mettendoci dalla parte di Dio potremmo dire che il suo più grande problema non è tanto quello di "convertire il peccatore alla sua giustizia, quanto di convertire il giusto alla sua stessa larghezza di cuore verso gli altri."

Una domanda ci deve scuotere per non addormentarci: cosa fare per diventare testimoni autentici del Padre Misericordioso?

Dobbiamo sicuramente evitare tre tentazioni che ci impediscono di vivere in pieno la nostra missione e soprattutto la sequela del Cristo. Innanzitutto c’è chi passa accanto al mondo, ma resta nell’indifferenza, non si lascia toccare, si è abituato all’ingiustizia. Ha "un cuore blindato", chiuso, ha perso la capacità di stupirsi e quindi non avverte la possibilità di cambiare la sua vita. Quanti credenti corrono questo pericolo! Si crede di seguire Gesù, ma senza lasciarsi coinvolgere da niente, e la vita diventa arida. È una specie di "spiritualità dello zapping": sono quelli che vanno dietro all’ultima novità, all’ultimo best seller, all’effetto scenico, ma non riescono ad avere un contatto, a relazionarsi, a farsi coinvolgere.

Così si diventa testimoni di Speranza per tanti fratelli e sorelle che si sentono soli e tentati dalla disperazione, per le situazioni che attraversano. In particolare per chi si sente più disgraziato, abbandonato e miserabile, noi dovremmo essere il riflesso di quella tenerezza immensa di padre e di madre con cui Dio ama tutti i suoi figli.

Il secondo atteggiamento da evitare è quello che viene comunemente chiamato come la "sindrome di Bartimeo." È il comportamento di chi ordina di stare zitto, di non disturbare, sono quelli che rimproverano sempre. È l’atteggiamento di coloro che di fronte al popolo di Dio, stanno continuamente a rimproverarlo, a brontolare, a dirgli di tacere. È il dramma di coloro che pensano che la vita di Gesù è solo per quelli che si credono adatti, perfetti, che si ritengono sani e giusti. Infine, c’è chi fa come Gesù che si ferma di fronte al grido di una persona e si impegna con lui, mette radici nella sua vita, e invece di farlo tacere, gli chiede: "Che cosa posso fare per te?" La misericordia non è zapping, non è silenziare il dolore, al contrario, è la logica propria dell’amore, è la logica che non si è centrata sulla paura, ma sulla libertà che nasce dall’amore e mette il bene dell’altro sopra ogni cosa. Così si diventa testimoni di Speranza per tanti fratelli e sorelle che si sentono soli e tentati dalla disperazione, per le situazioni che attraversano. In particolare per chi si sente più disgraziato, abbandonato e miserabile, noi dovremmo essere il riflesso di quella tenerezza immensa di padre e di madre con cui Dio ama tutti i suoi figli. Bisogna avere il coraggio di essere il volto concreto dell’amore di Dio che si china sulle molteplici miserie: "Credo che Gesù, chiamandoci ad essere membri della famiglia dell’Amore Misericordioso, ci abbia detto: desidero vederti correre nel cammino della santità con l’esercizio della carità e il sacrificio. Voglio che il povero trovi in te il conforto, il bisognoso l’aiuto e che mi conduca il povero peccatore che attendo per colmarlo delle mie carezze paterne. Digli di non temere per le offese che mi ha arrecato, perché il mio Cuore Misericordioso lo ha già perdonato e lo ama con infinito amore."2

Cosa dobbiamo recuperare?

La “buona notizia”, è che Dio ha scelto di intervenire nella storia per salvare l’umanità. Dobbiamo sentire urgentemente in noi il desiderio ed il bisogno di liberare i nostri fratelli che vivono nel carcere della propria esistenza e che attendono che qualcuno annunci loro la liberazione.

C’è una missione che da sempre il Signore ci ha affidato, ossia annunciare il vangelo della liberazione. Soltanto nel vangelo l’uomo può trovare la risposta ai suoi interrogativi e la forza per continuare a camminare. Si tratta di presentarlo agli uomini del nostro tempo in modo comprensibile e persuasivo. Il messaggio evangelico è necessario, unico e insostituibile, bisogna tradurlo senza tradirlo, viverlo e proporlo agli altri senza accomodamenti, e annacquamenti di vario genere. Quante persone sono prigioniere, incatenate dalle catene del proprio IO, schiave dei propri idoli, vivono ogni giorno incarcerate dalla loro tristezza e dalla loro non voglia di vivere. Sono le catene del NON SENSO della vita, di restare insabbiati nelle proprie sabbie mobili. Chi è carcerato è un uomo che soffre, perché è privato della libertà, perché si sente causa di altre sofferenze, perché si sente emarginato e condannato. La liberazione è innanzi tutto e principalmente liberazione dalla schiavitù radicale del peccato, dalle nostre idolatrie quotidiane. Il Carisma dell’Amore Misericordioso viene proprio per annunciare una nuova liberazione, una nuova speranza, una rinnovata storia di salvezza. Una storia che sancisce l’amore di Dio per noi, l’ora è arrivata: Dio è l’Amore Misericordioso il quale si prende cura della sua creatura, l’uomo. La "buona notizia", è che Dio ha scelto di intervenire nella storia per salvare l’umanità. Dobbiamo sentire urgentemente in noi il desiderio ed il bisogno di liberare i nostri fratelli che vivono nel carcere della propria esistenza e che attendono che qualcuno annunci loro la liberazione. Tutti noi abbiamo bisogno di redenzione: "Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù."3

Rimanere in Dio e nel suo amore, per annunciare con la parola e con la vita la risurrezione di Gesù. E vivere da risorti, significa proprio irradiare intorno a noi: nella famiglia, tra gli amici, nel nostro prossimo, nella nostra comunità cristiana, nel nostro lavoro, la gioia, la serenità, l’amore di vivere per Cristo, con Cristo ed in Cristo. La risurrezione non è una cosa del passato, la si rende testimonianza: "pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi".4

Ecco, lì avete provato in prima persona cosa vuol dire “testimoniare” il vangelo, la bella notizia.
C’è chi lo fa a parole, ma c’è chi lo fa con un linguaggio che non è fatto di parole, ma di gesti, di atteggiamenti, di comportamenti che si vede che hanno dietro una carica di grazia interiore molto forte.

Il Signore ci chiede di diventare testimoni!

Quante volte anche noi ci siamo detti queste frasi: Ma chi me lo fa fare? Ma perché mi devo donare agli altri se poi non ricevo in cambio nulla? Noi davanti a Dio, siamo capaci di dare tutto? Amare come Cristo significa donare in perdita, anche quando non conviene, sei disposto a farlo?

Il dono che tu fai di te, ogni giorno, lì dove sei, a casa, per strada, in comunità, in missione, in Chiesa, sul treno, questo ha peso. I primi posti di Dio appartengono a quelli che danno ciò che fa vivere, regalano vita quotidianamente, con mille gesti non visti da nessuno, gesti di cura, di compassione, di attenzione, rivolti a chiunque busserà domani. La san­tità si raggiunge con piccoli gesti pieni di cuore, non è mai superficiale, mai insignificante un gesto di amore donato totalmente. Tutto ciò che riusciamo a fare con tutto il cuo­re ci avvicina all’assoluto di Dio. Per far sentire il profumo del Vangelo, occorre essere vicini alle persone, solo così si può mostrare la bellezza di una vita vissuta da cristiani, quando il Vangelo può diventare luce sulle gioie e le speranze, le fatiche e le sofferenze di ogni giorno. Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo.

Ma qual è la forma specifica della testimonianza, e più precisamente della testimonianza cristiana?

Solo con il nostro vissuto quotidiano possiamo confessare la nostra fede in Cristo e rendergli testimonianza. Non ci sono alternative! La prima, necessaria, irrinunciabile, possibile e doverosa testimonianza al Vangelo è la vita di ogni giorno, una vita nella quale "seguiamo Cristo", ci "rivestiamo" di Lui, siamo mossi dalla sua carità, ascoltiamo la sua Parola, obbediamo alla sua legge, entriamo in comunione di vita con Lui, diventiamo suoi "amici", ci lasciamo animare e guidare dal suo Spirito. La gente non guarderà se siamo bravi, ma se abbiamo fede! Portare Cristo nel mondo non vuol dire avere davanti un microfono e mettersi a fare un discorso, o perlomeno non è questo l’unico modo di testimoniare ed evangelizzare. No, essere cristiani vuol dire comunicare una notizia, una bella notizia, tanto bella e importante che non puoi tenertela dentro tutta per te. Un esempio pratico? Vi è mai capitato di non riuscire a tacere una bella notizia?

E crescendo ho imparato che la felicità non è quella delle grandi cose, ma al contrario che la felicità è fatta di cose piccole, ma preziose. E ho imparato che nonostante le mie difese e nonostante il mio volere, l’Amore Misericordioso è stato il TUTTO della mia vita; è stato questo il mio altare e il mio memoriale.

Di lasciarla trasparire anche senza volerlo dal vostro volto, tanto che chi vi sta accanto vi domanda: "ma cosa hai oggi da essere così contento?" Vi è mai capitato? Ecco, lì avete provato in prima persona cosa vuol dire "testimoniare" il vangelo, la bella notizia. C’è chi lo fa a parole, ma c’è chi lo fa con un linguaggio che non è fatto di parole, ma di gesti, di atteggiamenti, di comportamenti che si vede che hanno dietro una carica di grazia interiore molto forte.

Probabilmente le prediche più convincenti, gli annunci del vangelo più credibili, sono proprio quelli che tutti abbiamo occasione di fare, in un’infinità di circostanze quotidiane. Così come sarebbe opportuno non perdere mai di vista, nel nostro cammino di sequela del Cristo, che la "legge" del chicco di grano che muore per portare frutto è la prima regola di una buona testimonianza. Caterina da Siena evidenziava: "Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!". Quando si è incontrato davvero Gesù, tacere è insopportabile!

Ma siamo coscienti di tutto questo? Siamo noi consapevoli di ciò a cui siamo chiamati?

"Nuova evangelizzazione", significa evangelizzare in modo nuovo, e questa novità è l’Amore Misericordioso di Dio. Riuscire a mettere in pratica tutto questo significherebbe annullare quel "deficit" di misericordia oggi esistente nella nostra società. Qualche giorno fa ho letto questo pensiero di Santa Teresa di Lisieux: "Quando ci si decide ad amare il Signore, il minimo che si possa fare è di dargli la vita".

Nella mia vita, ho sempre provato ad essere testimone di questo Padre che mi ama totalmente, che mi ama per come sono, che non mi giudica, ma che mi accoglie sempre con amore ogni volta che torno a Lui come figlio. Un Padre che non si è ancora stancato di amarmi e che non si è rassegnato alle mie incoerenze ed infedeltà, anzi che mi dona ancora tutto se stesso. Ci sono state vette, nel mio cammino, che ho sempre veduto mentre stavo salendo, l’ho raggiunte tante volte, ma altre cime non le ho mai viste, perché avevano bisogno di gambe buone, di un cuore grande e di tanta fede. E crescendo ho imparato che la felicità non è quella delle grandi cose, ma al contrario che la felicità è fatta di cose piccole, ma preziose. E ho imparato che nonostante le mie difese e nonostante il mio volere, l’Amore Misericordioso è stato il TUTTO della mia vita; è stato questo il mio altare e il mio memoriale. Saper accogliere l’amore di Dio nella mia vita, ha significato davvero comprendere la gratuità di Dio, la sua misericordia per me, mi ha fatto scoprire la ricchezza di grazia che Dio ha messo dentro di me. Se penso a quanto è stato buono il Signore con me, se penso a quanto mi ha dato e donato, tutto questo mi fa sentire bene, mi fa sentire vivo, quanto è vera la frase: "la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare". E ho imparato che sarò capace di amare e sarò testimone di carità, perché Dio mi ha amato per primo, è il suo amore riversato in me che mi darà la capacità di rispondere con altro amore. Trovare Dio significa anche andare verso l’eternità, l’immensità, la profondità e credo che ognuno di noi può farlo, in qualunque momento. Credo che si tratti di riuscire a vincere il nostro IO e tutto quello che si oppone alla grazia, di allargare il nostro piccolo orizzonte, di vincere i nostri idoli, i nostri progetti, di abbattere le nostre barriere e permettere all’amore di Dio di entrare dentro di noi, prendere possesso del nostro cuore e renderci una creatura nuova.

“Per testimoniare ci vuole coraggio, ma se lo faremo, saremo strumenti contenti ed efficaci nelle mani del Signore, perché lo aiuteremo a non restare anonimo e sconosciuto, ma lo manifesteremo a chi ancora fa fatica a riconoscerlo.

Per testimoniare ci vuole coraggio, ma se lo faremo, saremo strumenti contenti ed efficaci nelle mani del Signore, perché lo aiuteremo a non restare anonimo e sconosciuto, ma lo manifesteremo a chi ancora fa fatica a riconoscerlo.

Ti interessa ancora?

Caro fratello mio, nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volta indietro, è adatto per il Regno.

Dio inizia sempre con un piccolo amore, una piccola fiamma, e prima che tu comprenda e capisca dove sei, l’Amore Misericordioso ti tiene interamente in pugno e ti cattura quando meno te lo aspetti. Nella mia vita ho capito soltanto una verità: che vale la pena lasciarsi "catturare" da questo Padre, per lanciarsi in questa meravigliosa avventura… benedetto quel roccolo della misericordia di Dio, perché lì in quel tondo ho sperimentato l’abbraccio di Dio… il sigillo eterno del suo Amore Misericordioso.

E che, per dono di Dio, il cuore di ciascuno di noi ne sia toccato e profondamente rinnovato!


1 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

2 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

3 Gal. 5,1

4 1 Pt. 3,15

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ultimo aggiornamento 12 giugno, 2019