ROBERTO LANZA «Più che stanco, sono contento. Quanta grazia del Signore è passata oggi! Non sottovalutiamo questo Sacramento della misericordia». (P. Arsenio Ambrogi)
È davvero bello "ri-ascoltare" queste parole del tanto amato P. Arsenio, uno dei primi Figli dell’Amore misericordioso che nel 1954, lasciando la sua Parrocchia di Marsciano, intraprese il cammino dell’Amore Misericordioso accogliendo nel suo cuore un’altra "chiamata" di Gesù. La sua vita religiosa e sacerdotale è stata davvero significativa ed esemplare, ma un aspetto era predominante nel suo ministero: la piena consapevolezza di sentirsi uno strumento della misericordia divina. Era talmente convinto di questa "missione" che passava anche 10-12 ore al giorno in confessionale per esercitare la missione dell’Amore Misericordioso che cerca instancabilmente i propri figli per riportarli a casa.
Nei tempi odierni, nella confusione secolarizzata e relativista che regna sovrana nelle menti e nei cuori di tanti cristiani, il Sacramento della Penitenza è quello che ne ha fatto maggiormente le spese in termini di considerazione e frequentazione dei confessionali da parte del popolo di Dio. Potremmo dire quasi con certezza che ormai il sacramento della Riconciliazione è oggi un sacramento "dimenticato". Viviamo in un tempo dove Dio è stato "eliminato" dalla vita degli uomini, ci muoviamo in una società che vive un profondo relativismo, che ha provocato l’allontanamento di Dio dalla vita di tutti i giorni. Oggi c’è chi ritiene di poter stabilire ciò che è bene o ciò che è male secondo il proprio arbitrio, indipendentemente da Dio. Tanti luoghi comuni si sentono dire dalla nostra gente, molti affermano che quando decidono di confessarsi non mettono in dubbio la misericordia di Dio, ma fanno fatica ad organizzare un discorso sensato, a superare l’imbarazzo di aprire il proprio cuore ad un’altra persona, e anche se forse le circostanze dicono il contrario, in fondo temono il giudizio e le domande del confessore. Tanti cattolici intendono la confessione soltanto come un benestare, un certificato, una specie di autorizzazione per poter accedere al sacramento della comunione, ignorando il vero e profondo significato di grazia che esso racchiude. Tante volte abbiamo sentito queste domande: Confessarsi è davvero utile? È da persone deboli e rinunciatarie? È vero che il gesto di perdono tracciato dal prete nel segreto di un colloquio confidenziale o nella semioscurità di un confessionale antiquato, non parla più all’uomo d’oggi?
Quale dunque una prima analisi?
Si dice abitualmente che, nel nostro tempo, è stato smarrito il senso del peccato; non credo che sia una "diagnosi" corretta, perché la questione non è il peccato o il senso del peccato, il problema è la relazione con Dio. Oggi non si sente più il senso del peccato, perché si è perso il rapporto di amicizia con Dio e perdendo il "gusto" della comunione di vita con il Signore, non si percepisce più il peccato. Per sentire il bisogno della Confessione è necessario aver fatto l’esperienza della grazia. Quando uno sa che cosa significa vivere in grazia, quando sente la presenza personale di Dio nel proprio cuore, appena sente venire meno il fervore a causa dei peccati e delle proprie imperfezioni, desidera subito ricuperarlo e si va a confessare. Ma quando uno quest’esperienza non l’ha mai fatta, quando uno è interiormente "morto" non può provare nulla: né il desiderio di pregare, né di nutrirsi della Parola di Dio, né dei sacramenti, né di ricuperare il fervore e lo zelo per il Signore.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, dice che il peccato è un’offesa a Dio
Il senso del peccato è carente proprio perché manca l’esperienza di Dio, la pratica dell’amare Gesù, la consapevolezza di quanto grande sia il suo amore per me e la bellezza di questa vita insieme. Un "postulato" fondamentale della tradizione spirituale è, infatti, l’affermazione che i santi si considerano sempre dei peccatori; più ci si avvicina a Dio e più ci si riconosce peccatori. Sembra strano e secondo la nostra logica dovrebbe essere contradditorio: più ci si avvicina a Dio e più si diventa santi. Le persone, invece, che davvero sono vicine a Dio sentono la propria natura segnata dal peccato. Forse non fanno "grandi" peccati, eppure continuano a dire di essere dei peccatori e non lo dicono per pura ipocrisia spirituale, lo dicono perché lo pensano davvero, perché lo sentono profondamente. Molti cristiani credono nella misericordia di Dio, perché forse lo hanno imparato dal catechismo, ma si tratta di una fede "intellettuale", che non riesce di fatto a trasformare la vita di ogni giorno. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, dice che il peccato è un’offesa a Dio: "Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto"1. Come la prima "offesa", il peccato è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare "come Dio", conoscendo e determinando il bene e il male. Non amare Dio con tutto il cuore ed il nostro prossimo come noi stessi, questo è peccato. In conclusione, Il peccato, non è trasgredire a delle norme morali o etiche scritte in un "codice", ma è la rottura di una relazione con Dio, ossia il non credere all’amore di Dio, il vivere separati da Dio.
Diciamoci la verità che spesso le nostre confessioni sono soltanto un banale resoconto di ciò che abbiamo compiuto di sbagliato, che non c’è a volte un vero confronto attivo, un dialogo di fede sulla propria vita. Ogni uomo che si accosta al sacramento della riconciliazione è invece, un uomo ferito, profondamente lacerato, dobbiamo, allora, veramente sottolineare e rivalorizzare il cammino che porta alla celebrazione del sacramento che è importante quanto la celebrazione stessa, perché già nel cammino preparatorio è il Signore che opera. Non si tratta di dire: "domani devo confessarmi", allora oggi mi preparo. Questa è la preparazione rituale che non può dire nulla alla vita, è come preparare il discorsetto da fare, un discorso formale che non mi tocca; si può, infatti, ripetere un rito centinaia di volte senza averlo mai vissuto. La preparazione al sacramento, è fondamentale, perché è il momento in cui io davvero mi accorgo del mio desiderio di amare il Signore, ma non ci riesco perché il peso della mia debolezza, mi impedisce di essere legato al Signore con tutte le mie forze e questo mi dispiace.
Il nocciolo della questione è tutta qui: "mi dispiace", questo vuol dire convertirsi!
Prima di confessare i tuoi peccati, confessa un’altra cosa più importante: confessa l’amore di Dio per te! La Misericordia di Dio per te!
Fare il punto della situazione, rendermi conto di dove sono, significa anche e soprattutto ri-orientare la mia vita, riprendere la direzione giusta. Non si tratta semplicemente di elencare le "cose" in cui ho sbagliato, il problema è che non ho una relazione autentica e vera con Dio. Ma in realtà la verità è un’altra: molti nostri atteggiamenti, che pur confessiamo, ci "piacciono", non li combattiamo davvero, nel senso che non vogliamo veramente quello che vuole il Signore e rischiamo così di cullarci nel gioco di accettare come normale, lecito, quello che ci fa più comodo. Si possono elencare quelle "azioni" che si considerano peccati, senza alcun pentimento, senza il dolore per averli commessi. Li confessiamo perché ci hanno insegnato che sono peccati, si dice in fondo quello che si pensa l’altro voglia sentir dire.
È tutto qui? Assolutamente no!
Ed è per questo che non capiamo fino in fondo la straordinaria ricchezza di questo meraviglioso sacramento. Dovremmo ricordarci che quando usiamo il termine "confessione" intendiamo solo una parte del sacramento, ma la sua correttezza terminologica non è proprio questa. In latino, "Confesso a Dio onnipotente", suonava "Confiteor", ma il verbo "confitèri" con l’imperativo "confitemini" viene tradotto in italiano con "celebrate." ("Confitemini Domino quoniam bonus": "Celebrate il Signore perché è buono"). "Celebrare" (hodû) è il verbo della lode. "Confessare" è in latino un verbo sinonimo di "lodare, celebrare, esaltare", ma è entrato nel nostro linguaggio esclusivamente con una sfumatura negativa, la confessione è, infatti, soltanto il riconoscimento del peccato. Il Sacramento della Riconciliazione, invece, dovrebbe essere caratterizzato da una confessione della lode, con la quale fare memoria dell’amore di Dio che ci precede e ci accompagna, riconoscendone i segni nella nostra vita e comprendendo meglio in tal modo la gravità della nostra colpa. Prima di confessare i tuoi peccati, confessa un’altra cosa più importante: confessa l’amore di Dio per te! La Misericordia di Dio per te!
Se non ti accorgi del suo amore da dove farai partire il tuo pentimento?
Tutto questo perché è Cristo stesso che ha affidato alla Chiesa il potere di legare e sciogliere, di escludere e di ammettere dalla comunità dell’alleanza: "In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo"2 . Dopo aver detto questo, alito su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi"3. Questo significa essere "assolti", l’assoluzione, infatti, è il momento centrale e determinante del sacramento della riconciliazione. Il gesto è quello dell’imposizione delle mani, è lo stesso segno che si compie ancora oggi nell’Ordinazione, è anche il gesto dell’invocazione dello Spirito, l’epiclesi, l’azione che il celebrante compie prima della consacrazione eucaristica, nel momento in cui è previsto inginocchiarsi, proprio quando il ministro sacro impone le mani sul pane e il vino invocando lo Spirito Santo, perché li trasformi nel corpo e sangue di Cristo. Quello stesso ed identico gesto il celebrante lo compie sul penitente mentre sta per invocare lo Spirito, e come le parole della consacrazione hanno un effetto reale di trasformazione sul Pane e sul Vino, così anche le parole dell’assoluzione hanno lo stesso "potere". Se è possibile che quel pane diventi il corpo di Cristo, è anche possibile che quel corpo umano diventi nuovo, ri-diventi tempio dello Spirito Santo, è lo stesso principio sacramentale.
Su di noi pesa la “terribile” responsabilità di questa libertà.
Per questo dobbiamo stare molto attenti a non banalizzare il sacramento come spesso facciamo, "mi confesso, poi ripecco, tanto poi mi confesso nuovamente." Dio ha creato l’uomo libero e, proprio in virtù dell’amore che gli porta, non potrebbe esercitare su di lui alcuna forza oppressiva. Su di noi pesa la "terribile" responsabilità di questa libertà. Effettivamente il Signore ci prende più sul serio di come abbiamo detto noi, l’assoluzione sacramentale non è semplicemente il colpo di spugna per cui Dio fa finta di niente, ma è un dono di grazia che ti rende capace di fare ciò che non hai fatto: è una cura ricostituente, è un ottimo integratore spirituale. Così la misericordia si può manifestare per ciò che realmente è e continua ad essere nella storia della Chiesa: la potenza trasformante e creatrice dell’amore di Dio, che ridona all’uomo tutto il suo valore e lo reintegra nella sua dignità di figlio.
Ieri si parlava del "Tribunale della Penitenza", oggi forse è più giusto usare l’espressione "Sacramento della Riconciliazione". Mettersi in piedi per ripartire, ecco il vero volto della confessione cristiana, scoprirsi di nuovo amato da Dio, ecco l’esperienza gratificante del sacramento della Riconciliazione.
Questa fiducia deve portarci al desiderio di non peccare più!
La Madre Speranza scriveva così: "Il peccato dobbiamo odiarlo e detestarlo, ma senza abbandonarci alla tristezza e allo scoraggiamento, dato che l’offeso è nostro Padre e il suo Cuore Misericordioso ci perdona e ci ama.4" E ancora evidenziava: "Care figlie, credo che tutte sappiate che soltanto la confessione sacramentale reca sollievo al cuore oppresso dal peccato e straziato dal rimorso per l’iniquità commessa; soltanto la confessione istituita da Gesù e praticata dalla Chiesa è capace di aprire gli occhi al cieco volontario e rivelargli con meravigliosa chiarezza tutto l’orrore della sua situazione morale5". È il rivivere fino in fondo la bellezza del nostro carisma, l’esperienza di un Dio che è Amore Misericordioso. Era davvero molto "attenta" a questa dimensione sacramentale, rivolgendosi ai propri "figli" (sacerdoti) in merito all’atteggiamento da usare nel confessionale, diceva queste parole: "Se veramente da peccatori si ha paura di presentarsi al Signore, ci si presenti al Figlio dell’Amore Misericordioso. E che questo Figlio sappia dire a chi entra nel confessionale: "Non spaventarti, devi sapere che il Padre tuo ti aspetta e che per mezzo di questa assoluzione che io ti vado a dare, Lui ti perdona, non conta più e dimentica".
Se veramente da peccatori si ha paura di presentarsi al Signore, ci si presenti al Figlio dell’Amore Misericordioso.
Se posso dire due parole per la mia vita anche io, a volte, non posso dire di confessarmi volentieri; so, però, che mi fa bene. Spesso ho bisogno di fermarmi per osservare la mia vita, per fare un bilancio e domandarmi se è ancora giusto il modo in cui vivo, se è ancora giusto il mio modo di essere fedele all’amore di Dio. Ma, dopo la confessione, so di aver fatto bene. So che le mie debolezze mi staranno sempre davanti e che continuerò a vivere in compagnia dei miei "problemi" e dei miei errori quotidiani, ma la confessione sacramentale mi dona sempre quella grazia, quella forza per continuare a camminare e per vivere in modo più consapevole e più attento. Per me, è sempre un miracolo accostarmi a questo sacramento e sperimentare il ritorno a casa, rincuorato e liberato, dopo aver capito quanto bene Gesù ha fatto alla mia vita.
Siamo davvero alla fine di questo "viaggio, io vorrei solo concludere, così come ho iniziato, riportando un "passaggio" di Padre Arsenio: "Benedetto il Signore perché è buono, eterna è la sua misericordia ... tutto è da Lui, tutto è dono, tutto è grazia, tutto è misericordia"6.
1 CCC n. 1850
2 Mt. 18,17
3 Gv. 20,20-23
4 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)
5 Le Ancelle dell'Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8)
6 Testamento Spirituale
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ultimo aggiornamento
12 novembre, 2019