studi Vangelo e santità laicale Sac. Angelo Spilla, fam
Vangelo e santità laicale
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VITTORIO BACHELET,
giurista di fede profonda
"Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte … Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli" (Mt 5,13-16). Sono le parole di Gesù che ci interpellano come cristiani e richiamano la nostra testimonianza che siamo chiamati a dare con la propria vita, capaci di dire sì al Signore amando il proprio tempo, e non avendone paura.
Scriveva Andrea Trebeschi poco prima di essere portato a Dachau, e di morirvi nel 1945: "Se il mondo fosse monopolio dei pessimisti sarebbe da tempo sommerso da un nuovo diluvio; e se oggi la tragedia sembra inghiottirci, si deve alla malvagità di alcuni, ma soprattutto all’indifferenza della maggioranza. Il simbolo di troppa gente non ebbe, fin qui, che due articoli: "non vi è nulla da fare", "tutto ciò che si fa non serve a nulla". Quel che importante è che ognuno, secondo le proprie possibilità e facoltà, contribuisca di persona alle molte iniziative di bene, spirituale, intellettuale e morale. Un mondo nuovo si elabora. Che sia migliore o ancor peggio, dipende da noi".
Penso che Vittorio Bachelet avrebbe fatto certamente sue queste parole, proprio perché accanto alla diagnosi lucida del processo storico sapeva pensare al futuro e fare tutto il possibile per cambiare e migliorare il presente, senza cedere al pessimismo.
Tratteggiamo la figura di Vittorio Bachelet (1926 – 1980), lungimirante presidente dell’Azione Cattolica, giurista e cristiano di fede profonda. Era nato a Roma nel 1926, ultimo di nove figli. Nel 1932 la famiglia si trasferisce a Bologna e qui due anni dopo si iscrive tra i fanciulli di Azione Cattolica. Nel 1938 frequenta il liceo classico a Roma e poi la facoltà di giurisprudenza. Durante il periodo universitario cresce il suo impegno all’interno della Fuci. Nel 1947 si laurea con una tesi su: "I rapporti fra lo Stato e le organizzazioni sindacali". Diviene redattore capo di "Civitas", rivista di studi politici. Nel 1951 sposa Maria Teresa De Januario; dal matrimonio nasceranno due figli: Maria Grazia e Giovanni.
Dal 1956 insegna Istituzioni di diritto amministrativo e poi diritto pubblico dell’economia presso "La Sapienza" di Roma. Nel 1959 dal papa Giovanni XXIII viene nominato vicepresidente dell’Azione Cattolica Italiana, e dal 1964 presidente generale della stessa; tre mandati, l’ultimo dei quali dal 1970 al 1973, come primo presidente dell’AC ridisegnata dal nuovo statuto. Si tratta dell’Azione Cattolica quando allora contava oltre tre milioni di iscritti ed era a quel tempo il principale, se non l’unico, strumento formativo per intere generazioni di credenti. È stato colui che si è saputo aprire alle novità del Concilio Vaticano II, il cui messaggio domandava alla Chiesa un profondo rinnovamento: una Chiesa desiderosa di servire l’uomo, tutto l’uomo.
Nel giugno 1976 viene eletto a Roma in Consiglio comunale e nel dicembre seguente vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura, organo di auto governo della magistratura.
Il 12 febbraio 1980 viene ucciso dalle Brigate Rosse al termine di una lezione universitaria; egli era simbolo dello Stato, ma non solo. La sua esistenza racconta cosa significhi un servizio agli altri come accettazione di una responsabilità personale. E il tutto parte dalla sua formazione spirituale cristiana.
Bene lo ha ricordato Franco Miano quando ha citato una frase stessa di Bachelet: "Noi dobbiamo essere in questa società inquieta e incerta, e in questa Chiesa che faticosamente segue i piani del Signore, una forza di speranza e perciò una forza positiva capace di costruire nel presente l’avvenire".
Questo è stato l’impegno profuso da Bachelet: un uomo credente radicato appieno nella realtà sociale del proprio tempo, assumendone totalmente le incertezze e le tensioni; colui che ha saputo accogliere come dono l’appartenenza alla comunità ecclesiale; un operatore di speranza che ha saputo scommettere su valori solidi e su prospettive non effimere.
Grande è la lezione che egli ci lascia: "Sapere vedere i segni dei tempi e saperli giudicare alla luce della fede. L’atteggiamento del cristiano di fronte alla vicenda della storia umana deve essere insieme di ascolto e di annuncio, di accoglienza e di superamento. L’ottimismo con cui possiamo guardare alla vicenda umana è l’ottimismo della redenzione, cioè della croce e della resurrezione".
E non possiamo non ricordare la preghiera che ha fatto il figlio Giovanni in occasione del funerale del padre: "Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri". Sono parole che hanno inquietato soprattutto gli stessi terroristi, come nel caso di un ex terrorista che ha fatto giungere questo scritto alla famiglia: "La testimonianza che a noi tutti diede la famiglia di Vittorio Bachelet ci interpellò, forse per la prima volta, sul senso etico della nostra azione e della lotta armata. Per la prima volta ci sentimmo interpellati eticamente e la cosa ci turbò assai; le nostre certezze cominciarono a scricchiolare come il colosso di Rodi. All’ora d’aria del giorno dopo nessuno di noi voleva ricordare quel fatto. Capimmo che tutti ne eravamo stati profondamente colpiti".
Vittorio Bachelet ci lascia un grande insegnamento nel farci interpreti delle attese, delle angosce e delle speranza dell’uomo di oggi. Un uomo che ha vissuto la fede in modo articolato, convinto della forza del Vangelo posto al centro della propria vita; una lezione di storia e di fede.
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ultimo aggiornamento
23 marzo, 2020