ROBERTO LANZA

 

"… Se ti accusassero di essere cristiano, troverebbero delle prove contro di te?"

 

 

Forse le figlie non si stanno santificando? Forse i miei figli non si comportano come dovrebbero? Per questo vi chiedo di essere dei «parafulmini» della giustizia del Signore con il vostro lavoro e con la vostra vita. (La Madre Speranza nel 1967; El pan 21,1150-1152)

Mi sono sempre chiesto perché tanti cristiani si vergognino di essere tali; perché quando qualcuno ci chiede "Cosa fai domani?", noi forse ci vergogniamo di dire: "Vado a Messa" oppure "Partecipo ad un ritiro spirituale." Eppure, camminando per le strade di questo mondo, o accendendo la radio o la televisione, mi capita spesso di sentire persone che dichiarano tranquillamente di essere buddiste, islamiche, ebree, oppure di essere atee o agnostiche. Sembra che "loro" non si vergognino, anzi lo dicono come se fosse la cosa giusta da fare.

 

Ma come loro parlano liberamente delle loro religioni noi, invece, ci vergogniamo di Gesù?

 

Mi sono reso conto che la gente in effetti ti snobba, anzi peggio, prova pena per te, per te che magari gli dici "Io prego" o "Io faccio l’animatore o il catechista", per te che ti fai il segno della Croce prima di iniziare a mangiare ad un ristorante.

Dobbiamo riconoscere che tra la nostra gente, la testimonianza cristiana, purtroppo, ha ancora una certa caratteristica attivistica, una testimonianza esteriore, affannata, spesso di "facciata", che ha contribuito grandemente al drammatico divario tra fede e vita, di cui oggi ne scontiamo le conseguenze.

Il Vaticano II° ha recuperato, invece, la dimensione biblica della testimonianza come narrarsi, coinvolgersi e interiorizzare la testimonianza di Cristo crocifisso e risorto. Se non diamo per scontato questo passaggio allora possiamo comprendere la testimonianza cristiana così come la delinea D. Bonhoeffer, un grande teologo e testimone della fede del nostro tempo: "Dov’è il tuo Dio? Io lo confesso dinanzi al mondo e dinanzi a tutti i suoi nemici quando nell’abisso della mia miseria credo alla sua bontà, quando nella colpa credo al suo perdono, nella morte alla vita, nella sconfitta alla vittoria, nell’abbandono alla sua presenza colma di grazia"1.

 

La Dichiarazione Dominus Iesus, circa l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa nella sua introduzione dice espressamente: "Il Signore Gesù, prima di ascendere al cielo, affidò ai suoi discepoli il mandato di annunciare il Vangelo al mondo intero e di battezzare tutte le nazioni: Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato"2. Questa verità di fede niente toglie al fatto che la Chiesa considera le religioni del mondo con sincero rispetto, ma allo stesso tempo esclude radicalmente quella mentalità indifferentista improntata a un relativismo religioso che porta a ritenere che "una religione vale l’altra". Paolo, rivolgendosi alla comunità di Corinto, scrive: "In realtà anche se ci sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dèi e signori, per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene, e noi siamo per lui; e c’è un solo Signore, Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo grazie a lui"3. Dio vuole la salvezza di tutti: "[…] che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità"4. Inesorabili le domande da porci: come essere testimoni autentici del vangelo? Perché siamo cristiani? Se dovessimo raccontarlo alla generazione che viene, ai nostri figli, che cosa diremmo? Nasce, quindi, la domanda: chi è un testimone?

 

Un testimone è una persona che ha visto e udito qualcosa di cui deve rendere conto fedelmente. Testimonianza è "far apparire" con parole ed atti, ma contraddizione tra parole ed atti annulla la testimonianza. Vedere, ricordare e raccontare sono i tre verbi, che ne precisano l’identità e ne configurano il comportamento. Il testimone è uno che ha visto, ma non da una postazione neutra né con occhio distaccato; ha visto, e si è lasciato coinvolgere dall’accaduto.

 

Perché il mondo, allora, reagisce in maniera negativa di fronte alla persona di Gesù e ai suoi discepoli?

 

La risposta non è poi così difficile: il mondo non conosce il Cristo e non percepisce neppure il Padre che lo ha mandato nel mondo. Detto in altre parole, gli uomini non vogliono accettare la missione redentrice del Figlio di Dio: "Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto"5. Il mondo si sente autosufficiente e di conseguenza esclude o nega ogni "supremazia" e aiuto di Dio: e se non si conosce il vero Dio, neanche si conosceranno coloro che lo annunciano. Davvero strana questa nostra terra che non sa riconoscere di aver sbagliato occhiali per vedere la realtà; avete mai guardato in un binocolo dalla parte sbagliata? Gli oggetti appaiono piccoli e distanti, non è vero? Così è il mondo di oggi, non si è accorto di avere sbagliato occhiali. A furia di tenere sul naso gli occhiali sbagliati questo mondo non riesce a vedere Dio: "faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato"6.

 

Si intuisce l’esigenza di tutto questo, ed essa mette a nudo le debolezze del nostro essere cristiani: la gracilità e profonda debolezza della fede dei credenti; la difficoltà delle comunità di mostrarsi come case accoglienti di tutti; la stanchezza di un modello pastorale articolato e complesso, ma non sempre in grado di interpretare la vita e di accompagnarla in percorsi di crescita; di restare fedele ad un cattolicesimo popolare che ha nella parrocchia la sua struttura più forte. Paolo VI° così ha scritto nella «Evangelii nuntiandi» al n° 21: "La Buona novella deve essere anzitutto proclamata mediante la testimonianza. Allora con tale testimonianza senza parole, questi cristiani fanno salire nel cuore di quelli che li vedono vivere domande irresistibili: perché sono così? Perché vivono in tal modo? Che cosa o chi li ispira? Perché sono in mezzo a noi? Ebbene, una tale testimonianza è già una proclamazione silenziosa, ma molto forte ed efficace della buona novella... "Tuttavia, quante volte molti di noi potrebbero dire a partire dalla propria esperienza ciò che l’evangelista Luca racconta di Pietro all’inizio della Chiesa: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla".

 

Dobbiamo avere tra noi il coraggio della franchezza: perché non abbiamo più la forza di meravigliare gli altri? Perché abbiamo smarrito la forza dell’annuncio? Perché mai la nostra testimonianza a volte è così fiacca, tanto da risultare alla fine poco credibile?  Non vi pare? 

 

Quante volte il nostro modo di parlare, i nostri gesti, sono sgradevoli e rigidi nel cuore? È un fallimento che ha origini lontane: trova il suo inizio nella superbia di attaccarci ai nostri progetti o ai sogni di successo coltivati soltanto dalla nostra vanità. A volte perdiamo il contatto reale con la gente, che ci porta ad un livellamento della pastorale tesa a considerare più l’organizzazione delle varie attività che le persone. Per questo sta prendendo sempre più forma, nelle nostre comunità, la grande minaccia del "pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa", nel quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si logora in una superficialità e in una mediocrità, quasi disarmante. In questo contesto, si alimenta spesso la nostra vanagloria di accontentarci di avere qualche potere di visibilità e di preferire di essere "generali di eserciti sconfitti piuttosto che semplici soldati di uno squadrone che continua a combattere"7.

 

Tanti cristiani, ossia coloro che dovrebbero cantare le meraviglie del Signore sono, nella maggior parte, gente che va di fretta, come tutti gli altri, mediamente scontenta e insoddisfatta della propria vita come tutti gli altri, gente che comunica poca gioia e poca fiducia nella misericordia e nella bontà del Signore. Siamo sulla stessa barca e andiamo verso lo stesso porto! Ma non ci rendiamo conto che non siamo credibili? Sant’Ignazio di Antiochia, durante il viaggio verso Roma, dove l’attendeva il martirio, scriveva ai fedeli della Città Eterna: "Pregate per me, perché non solo porti il nome di cristiano, ma lo sia veramente"8.

 

La gente non guarderà se siamo bravi, ma se abbiamo fede!

 

Essere cristiani vuol dire comunicare una notizia, c’è chi lo fa a parole, ma c’è chi lo fa con un linguaggio che non è fatto di parole, ma di gesti, di atteggiamenti, di comportamenti che hanno dietro una carica di grazia interiore molto forte. Probabilmente le prediche più convincenti, gli annunci del vangelo più credibili, sono proprio quelli che, ogni giorno, tutti abbiamo occasione di fare. Nulla è più freddo del cristiano che non si preoccupa della salvezza degli altri: "Non dire: mi è impossibile trascinare gli altri; se sei cristiano, è impossibile che questo non succeda"9. I cristiani dovrebbero sorreggere il mondo, non come una fascia che stringe insieme una ferita, ma come una cura attenta che aiuta la ferita a guarire dal di dentro. Il Signore ha bisogno di gente viva, ha bisogno di persone che, come chi ha posto mano all’aratro, non guardi indietro a sbagli, incoerenze, fallimenti, ma avanti, ai grandi campi della vita.

 

Per questo dobbiamo cercare di trovare un modo rinnovato di essere cristiani, dobbiamo avere la preoccupazione di trovare ambienti dove possano nascere cristiani autentici, formati all’unità tra fede e vita, a un nuovo modo di essere Chiesa, capace di testimoniare la bellezza di essere cristiani. Il volto della Chiesa da proporre all’uomo d’oggi è quello di una Chiesa Madre oltre che Maestra, capace di curare le ferite dei figli più deboli, delle famiglie disgregate, di camminare a fianco di ogni persona prendendosi cura con tenerezza di ogni fragilità e capace al tempo stesso di orientare su vie sicure i passi dell’uomo. Oggi si parla di "pastorale della vicinanza" e si è proposta la metafora della comunità cristiana come "locanda dell’accoglienza". Non importa se per questo dobbiamo passare attraverso i giorni dell’incertezza, e del silenzio: è il travaglio del parto. A cosa servirebbe trovare un "tesoro" prezioso e non poterlo comunicare a nessuno?

Per far sentire il profumo del Vangelo, occorre essere vicini alle persone! Soltanto attraverso uomini toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini!

 

È qui che si "gioca" il carisma dell’Amore Misericordioso: rivelare, all’uomo di oggi, la verità di un Dio che è Padre misericordioso, questo deve essere l’annuncio attuale da gridare al mondo, un Padre che ci comprende, che ci capisce, che si è fatto come noi per dirci quanto è bello essere figli suoi: "Sforziamoci di far capire ai fratelli che Gesù è per tutti un Padre buono, che ci ama di amore infinito, senza distinzioni"10.

 

Fratello caro, rispondi sinceramente a questa domanda: "se ti accusassero di essere cristiano, troverebbero delle prove contro di te?"

 

E ora l’ultima parola, non è da me, ma viene da lontano, dall’Oriente, da un vescovo martire dei primi tempi della Chiesa, da sant’Ignazio di Antiochia: "Quelli che fanno professione di appartenere a Cristo si riconosceranno dalle loro opere. È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo"11. … Fratello mio, se tutto questo non ti interessa continua per la tua strada... se invece senti il tuo cuore sussultare e hai il coraggio di lasciare tutto… lasciati sedurre dall’Amore Misericordioso…Vieni con noi!


1 Memoria e Fedeltà p. 40

2 Mc. 16,15-16

3 1 Cor. 8, 5-6

4 1 Tm 2,4

5 Gv. 15,21

6 Gv. 1.11

7 Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium

8 Lettera ai Romani, III, 2

9 Giovanni Crisostomo, Omelie sugli Atti 20,4

10 Consigli Pratici 1933

11 Lettera agli Efesini

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ultimo aggiornamento 11 giugno, 2024