Festa del Santuario P. Ireneo Martín FAM
Professione perpetua
di Fr. Deepak, Fr. Joy,
Fr. Pramod e Fr. Michael
Figli dell’Amore Misericordioso
Omelia di P. Ireneo Martìn FAM
Superiore generale
Collevalenza 28 settembre 2024C
arissimi confratelli nel sacerdozio, genitori, famigliari e amici che vi stanno seguendo via online dall’India, Famiglia dell’A. M., fedeli laici e, naturalmente, carissimi giovani Fr. Deepak, Fr. Joy, Fr. Pramod e Fr. MichaelOggi è un giorno grande per voi e per tutti noi: la vostra consacrazione perpetua al Signore come FAM. Che immenso dono!
Gesù non vi ha chiamati facendovi sentire una voce particolare o con un segno straordinario; vi ha chiamati con delicatezza e con amore facendovi vivere un’esperienza di vita religiosa in comunità, prima in India ed ora qui in Italia. E noi oggi vi siamo vicini come lo sono i vostri cari con l’affetto e la preghiera.
Con voi, cari confratelli, lodiamo e ringraziamo Gesù che manifesta sempre la grandezza del suo amore nei cuori che lo accolgono.
La prima lettura (Osea 11,1.3-4.8-9) ci descrive l’Amore misericordioso del Padre nei confronti d’Israele e quindi di ogni uomo. «L’ho trattato come mio figlio, gli ho insegnato a camminare tenendolo per mano, l’ho preso in braccio, gli ho dato da mangiare, il mio cuore si commuoveva dentro di me». Sono parole così tenere e reali da stampare nel vostro cuore di figli prediletti. Si, miei cari, l’amore di Dio per noi è amore paterno e materno.
Gesù, nel brano del Vangelo, appena ascoltato, (cf. Gv 13,1-15), si presenta ai suoi come colui che si mette a lavare i piedi agli apostoli e dice loro: «Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri… amarvi come vi ho amato io». E poi si offre come pane di vita per tutti.
Per Giovanni il gesto di Gesù di lavare i piedi agli apostoli ha un significato particolare: "Io, dice Gesù, vi o dato l’esempio".
Di che cosa ci ha dato l’esempio, cari confratelli? Nella lavanda dei piedi, Gesù ha voluto riassumere tutto il senso della sua vita, perché rimanesse bene impresso nella memoria degli apostoli e nella nostra: "Quello che io faccio tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo" dice a Pietro (Gv 13,7). Quel gesto, posto a conclusione dei vangeli, ci dice che tutta la vita di Gesù, dall’inizio alla fine, fu una lavanda dei piedi, cioè un servire gli uomini.
Cari confratelli, il servizio indica uno stile di vita infatti, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine (Gv 13,1). II servizio scaturisce dalle virtù della carità e San Paolo ci ricorda che: "La carità è magnanima, benevola; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio… Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta". Il servizio quindi, è un modo di manifestarsi dell’agape, cioè di quell’amore che "non cerca il proprio interesse" (cf. 1 Cor 13, 5), ma quello degli altri.
Oltre alla gratuità, il servizio esprime, cari giovani, un’altra grande caratteristica dell’amore divino: l’umiltà. Le parole di Gesù: "dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri" significano che dovete rendervi a vicenda i servizi di un’umile carità. Quindi carità e umiltà, vanno insieme, formano il servizio evangelico.
Gesù ha detto anche: "imparate da me che sono mite e umile di cuore" (Mt 11, 29). Ma sapete che cosa ha fatto Gesù per definirsi "umile"? Si è abbassato, è disceso per servire! Dal momento dell’Incarnazione, cioè "dalla cattedra del presepe", non ha fatto altro che discendere, discendere, fino al punto estremo, quando lo vediamo in ginocchio, in atto di lavare i piedi agli apostoli.
Madre Speranza commenta: "Gesù scelse la notte della sua passione per manifestarci la grandezza del suo amore. Infatti proprio quando gli uomini tramano di farlo morire, egli prepara loro un convito e manifesta il desiderio di rimanere fra gli uomini. Mentre questi per invidia vogliono cacciarlo dal mondo egli trova il mezzo di restare nel mondo per amore. Per compiere il grande mistero scelse il cenacolo, una sala grande e ben preparata, al fine di farci sapere che nell’anima ben preparata e animata da buona volontà, egli entra e opera grandi meraviglie…"
Gesù è stato in mezzo agli uomini "come colui che serve". Ha lavato i piedi ai suoi apostoli, per darci l’esempio. Ha umiliato se stesso fino alla morte e una morte in croce.
"L’umiltà è una virtù eccellente, indispensabile e fondamento di tutte le virtù, dice ancora M. Speranza, il buon Gesù, infatti, è venuto a praticarla. Senza l’umiltà non si comprendono la fede, la speranza, la carità, né le virtù proprie dello stato religioso: obbedienza, castità e povertà".
"Il primo grado dell’umiltà, afferma la Madre, consiste nel considerarci poca cosa, nella giusta conoscenza di noi stessi. Il secondo grado consiste nel desiderare di essere poco considerati dagli altri. E Infine pensare che l’umiltà è l’unico mezzo per conservare spirituale l’anima esercitandoci nella preghiera".
Si può dire, cari confratelli, che Madre Speranza è nata "serva", nel senso che fin da piccola si è dovuta prendere cura dei suoi fratellini, perché i genitori potessero andare a lavorare. Anche in casa del Parroco D. Manuel si diede da fare per guadagnarsi il pane quotidiano.
Con l’ingresso nella vita religiosa, il suo stile di servizio non cambiò, anche perché dovette fare da "scopa" non solo metaforicamente, ma anche praticamente, dato che le suore erano molto anziane e inabili.
E come una vera mamma prendeva per sé le mansioni più faticose, riservando ai figli quelle meno pesanti. La Madre, finché ha potuto per età e per salute, dopo la Messa, indossava il grembiule e si dedicava alla cucina o alle pulizie senza risparmiarsi.
Inoltre la Madre ci ha insegnato a offrire ogni piccolo lavoro, perché tutto fosse trasformato in amore ed acquistasse un valore infinito agli occhi di Dio. Insomma l’umiltà, la laboriosità e la gioia, cari giovani, sono state la vera grandezza della nostra Madre.
Per concludere voglio ricordarvi, affinché vi serva di esempio, come la nostra cara Madre ha vissuto la sua consacrazione perpetua. Siamo a Roma ed era il 30 maggio 1942 – pochi giorni prima di fare la professione perpetua, rivolgendosi al Signore dice: "Profuma, Gesù mio, il mio cuore con quell’essenza spirituale con la quale tu stesso sei unto, con quel tuo balsamo d’amore che fa sgorgare dal cuore frasi consolanti di amore al proprio Dio".
"La notte tra l’11 e il 12 giugno, –scrive poi M. Speranza nel Diario– è stata per me molto felice, perché l’ho trascorsa unita al mio Dio".
E il 12 giugno 1942, il giorno della sua professione perpetua così si rivolge a Gesù: "Gesù mio, Amore Misericordioso, ti prometto obbedienza, castità e povertà. Prendi il mio cuore e costringimi a compiere, sempre e in ogni momento, la tua divina volontà, poiché unirsi a te e fare quello che tu vuoi è la cosa più amabile. Amarti sopra ogni cosa è quanto più dolce e degno da desiderarsi".
Poi si rivolge a Maria e fa questa bellissima preghiera: "Vergine santissima, vera madre di tutti gli uomini, accoglimi sotto la tua materna protezione per amore del tuo divin figlio; da oggi, giorno della mia professione, divieni madrina della mia nuova vita spirituale e della mia fedeltà. Sii per sempre la mia speciale e tenera madre, la mia benevola procuratrice nella vita presente e ricevimi fra le tue braccia nell’ora della morte".
Cari Fr. Deepak, Fr. Joy, Fr. Pramod e Fr. Michael vi chiedo non solo di imprimere queste sagge parole della Madre Speranza nel vostro cuore, ma di scriverle e tenerle visibilmente nel vostro comodino da letto per ricordarle nei momenti belli e meno belli della vostra vita di FAM. Tanti auguri!
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ultimo aggiornamento
18 ottobre, 2024