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ell’estate del 1916, a Fatima, l’Angelo appare a tre bambini mentre portavano al pascolo il gregge. I veggenti erano Lucia, Giacinta e Francesco. Giacinta e Francesco, sono stati canonizzati da Papa Francesco il 13 maggio 2017, mentre Suor Lucia è colei che ha vissuto più a lungo per poter diffondere nel mondo il messaggio di Fatima e soprattutto il valore e il significato della riparazione.
Il messaggio di Fatima
Suor Lucia nelle sue Memorie scrive: «Improvvisamente, vedemmo vicino a noi la stessa figura, un angelo come mi pare che fosse. Ci disse: "Cosa fate? Pregate, pregate molto. I Cuori Santissimi di Gesù e di Maria hanno su di voi disegni di misericordia. Offrite costantemente all’Altissimo preghiere e sacrifici". Come dobbiamo sacrificarci? "Di tutto quello che potete, offrite un sacrificio a Dio, in atto di riparazione per i peccati da cui Egli è offeso, e come supplica per la conversione dei peccatori». Queste erano le parole che l’Angelo Custode del Portogallo, rivolge ai Pastorelli. Concetto ribadito un anno dopo nel 1917, dalla Santa Vergine durante la prima apparizione alla Cova d’Iria. La Vergine chiede ai fanciulli: «Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?».
Lucia risoluta a nome anche degli altri due veggenti, risponde con un sì incondizionato; quella risposta di positiva accettazione e adesione ai piani del Cielo caratterizzerà tutta la loro esistenza conducendoli alla perfezione della vita cristiana nutrita da un amore incondizionato per Dio e la Santa Vergine, tradotto concretamente nell’offerta della loro vita per la conversione dei peccatori.
Fatima e i tre Pastorelli principalmente a noi oggi parlano di riparazione al Cuore Sacratissimo di Gesù, nella fedeltà a quello che il Cielo già aveva rivelato al alcuni santi come San Giovanni Eudes e Santa Margherita Maria Alacoque.
È fondamentale sottolineare che la spiritualità della riparazione non è una semplice devozione, non è un semplice moto sentimentale del cuore, ma è una caratteristica e, se vogliamo, una vera e propria chiamata di ogni battezzato. La riparazione è una chiamata ad amare: amare Dio che è offeso dai peccati dell’umanità e amare il prossimo, e nello specifico riparare alle insufficienze degli altri amando, pregando e offrendo sacrifici per la loro conversione.
Il Santo Padre Pio XI, nella Lettera Enciclica Miserentissimum Redemptor, sull’Atto di Riparazione al Sacratissimo Cuore di Gesù, così si esprimeva: «Al debito della riparazione siamo tenuti da un più potente motivo di giustizia e di amore: di giustizia, per espiare l’offesa recata a Dio con le nostre colpe e di amore, per patire insieme con Cristo paziente e "ricolmato di obbrobri" e recargli, secondo la nostra pochezza, qualche conforto».
Le apparizioni del Sacro Cuore di Gesù, nel corso del tempo hanno rafforzato la spiritualità della riparazione in tutta la cristianità e a queste si sono aggiunte, assai più numerose, le apparizioni mariane in varie parti del mondo, legate tutte dall’esortazione alla penitenza (Lourdes, Fatima, La Salette). In fin dei conti riparare al Cuore Immacolato di Maria significa riparare allo stesso Cuore di Gesù, perché il Cuore della Madre non può essere mai separato dal Cuore del Figlio.
Sempre a Fatima il 13 luglio 1917, la Vergine Maria parlando della devozione al suo Cuore Immacolato, dice: «Per salvare le anime, il Signore vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. Se si farà quello che vi dirò, molte anime si salveranno e vi sarà pace». Dopo diversi anni la Vergine apparendo a Suor Lucia, nel monastero carmelitano di Coimbra, le farà vedere il suo Cuore coronato di spine e da lei la Vergine cerca la consolazione a questa continua sofferenza apportata con il peccato degli uomini.
Il Cuore di Maria è pertanto del tutto particolare, perché nessun cuore umano è entrato più intimamente nel Cuore di Cristo come il Cuore della Madre, poiché lei è Sposa dello Spirito Santo. Per tale motivo San Tommaso d’Aquino diceva che Dio poteva creare sì un mondo più perfetto di quello che ha creato (sebbene una volta scelto questo mondo l’abbia fatto nella maniera più perfetta), ma non poteva creare una realtà più grande di Maria, avendole donato una dignità in qualche mondo infinita. Tale, dunque, è la grandezza di Maria che assunta in Cielo, segue ognuno di noi suoi figli in ogni momento della nostra vita.
La devozione al Cuore Immacolato è la strada, ovvero, il mezzo e il "metodo" per la piena conformazione al Cuore Sacratissimo di Cristo Signore. E ancor più, gli affetti e i pensieri del Cuore Immacolato di Maria costituiscono la via più sicura per consolare e amare questo Cuore che ama infinitamente tutti gli uomini. Arrivare al Cuore di Gesù attraverso il Cuore di Maria vuol dire imparare il metodo per essere pienamente conformi a Cristo. Vuol dire iniziare a guardare tutta la realtà con gli occhi e il cuore di Maria, che in ogni istante della sua vita terrena ha cercato sempre e solo il compimento della volontà di Dio.
L’Enciclica Dilexit nos
Mentre stavamo componendo questa nostra riflessione sul Cuore di Gesù e la debita riparazione che ad esso conviene, è stata promulgata l’Enciclica Dilexit nos e in questo atto abbiamo voluto vedere un segno del Cielo che ci ha incoraggiato in questo lavoro.
Dilexit nos dunque è la quarta Enciclica di Papa Francesco dedicata al Sacro Cuore di Gesù ed è inserita nell’ambito delle celebrazioni per il 350° anniversario della prima manifestazione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, avvenute nel 1673. Il testo magisteriale ripercorrendo tradizione e attualità del pensiero "sull’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo", ci invita a rinnovare la nostra autentica devozione per non dimenticare la tenerezza della fede, la gioia di mettersi al servizio e il fervore della missione, proprio perchè il Cuore di Gesù ci spinge ad amare e ci invia ai fratelli.
Viene ripresa la frase di San Paolo ai Romani «Ci ha amati» (Rm 8,37), per farci scoprire che da questo amore nulla «potrà mai separarci» (Rm 8,39), visivamente rappresentato nel Sacratissimo Cuore che appunto ci ricorda che in esso "possiamo trovare tutto il Vangelo" (n. 89) e in esso "riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare" (n. 30).
L’Enciclica raccoglie tutte le preziose riflessioni di testi magisteriali finora prodotti e di una lunga storia che parte dalla Sacra Scrittura, per riproporre oggi, a tutta la Chiesa, questo culto carico di bellezza spirituale. Il primo capitolo "L’importanza del cuore", spiega il motivo perché serva "ritornare al cuore" in un mondo nel quale siamo tentati di "diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato" (n. 2). Viene ripercorso tutto ciò che noi intendiamo per "cuore" a partire dalla Bibbia. In questo itinerario viene preso in considerazione l’insegnamento di diversi santi che hanno riflettuto sul Cuore di Gesù, tra questi ricordiamo Ignazio di Loyola e John Henry Newman e poi le esperienze mistiche di Santa Margherita Maria Alacoque, Teresa di Lisieux, Ignazio di Loyola e Faustina Kowalska.
Nel terzo capitolo troviamo poi un bel riferimento all’Enciclica Haurietis aquas di Pio XII sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù (1956), chiarendo che "la devozione al Cuore di Cristo non è il culto di un organo separato dalla Persona di Gesù", perché noi adoriamo "Gesù Cristo intero, il Figlio di Dio fatto uomo, rappresentato in una sua immagine dove è evidenziato il suo cuore" (n. 48). L’immagine del cuore di carne, ci aiuta a contemplare nella devozione che "l’amore del Cuore di Gesù Cristo, non comprende soltanto la carità divina, ma si estende ai sentimenti dell’affetto umano" (n. 61). Il Cuore di Gesù, prosegue Francesco citando Benedetto XVI, contiene un "triplice amore": quello sensibile del suo cuore fisico "e il suo duplice amore spirituale, l’umano e il divino" (n. 66), in cui troviamo "l’infinito nel finito" (n. 64). Quindi il Papa ricorda con Pio XII che non si può dire che questo culto "debba la sua origine a rivelazioni private". Anzi, "la devozione al Cuore di Cristo è essenziale per la nostra vita cristiana in quanto significa l’apertura piena di fede e di adorazione al mistero dell’amore divino e umano del Signore, tanto che possiamo affermare ancora una volta che il Sacro Cuore è una sintesi del Vangelo" (n. 83). Il Pontefice invita poi a rinnovare la devozione al Cuore di Cristo anche per contrastare "nuove manifestazioni di una ‘spiritualità senza carne’ che si moltiplicano nella società" (n. 87). È necessario quindi tornare alla "sintesi incarnata del Vangelo" (n. 90) davanti a "comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti" (n. 88).
Viene poi approfondita la dimensione comunitaria, sociale e missionaria di ogni autentica devozione al Cuore di Cristo, che, nel momento in cui "ci conduce al Padre, ci invia ai fratelli" (n. 163). L’amore per i fratelli è il "gesto più grande che possiamo offrirgli per ricambiare amore per amore" (n. 167). Guardando alla storia della spiritualità, il Pontefice ricorda l’impegno missionario di San Charles de Foucauld che lo ha reso "fratello universale": "lasciandosi plasmare dal Cuore di Cristo, voleva ospitare nel suo cuore fraterno tutta l’umanità sofferente" (n. 179).
L’Enciclica in ultimo cita ancora San Giovanni Paolo II dicendo che "la consacrazione al Cuore di Cristo «è da accostare all’azione missionaria della Chiesa stessa, perché risponde al desiderio del Cuore di Gesù di propagare nel mondo, attraverso le membra del suo Corpo, la sua dedizione totale al Regno». Di conseguenza, attraverso i cristiani, «l’amore sarà riversato nei cuori degli uomini, perché si edifichi il corpo di Cristo che è la Chiesa e si costruisca anche una società di giustizia, pace e fratellanza»" (n. 206). Per evitare il grande rischio, sottolineato da San Paolo VI, che nella missione "si dicano e si facciano molte cose, ma non si riesca a provocare il felice incontro con l’amore di Cristo" (n. 208), pertanto servono "missionari innamorati, che si lascino ancora conquistare da Cristo" (n. 209).
La riparazione
Uno dei pilastri della spiritualità del Sacro Cuore è la riparazione. Ci sono cuori che comprendono l’incommensurabile amore di Gesù e si impegnano a corrispondere a questo amore, ma certamente sono pochi rispetto a coloro che non vogliono comprendere e accogliere il Divino Amore.
Per l’infedeltà degli uomini quotidianamente rinnovata, Gesù chiede compensazione e cerca riparazione: «Mi aspettavo compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati» (Sal 69,21). È lo stesso lamento che Gesù rivolgeva a S. Margherita Maria. Mostrando il suo Cuore ferito, diceva: «Ecco il Cuore che ha tanto amato gli uomini e non riceve dalla maggior parte di essi, che ingratitudine, freddezza, insensibilità». Gesù vuole dunque conquistare i nostri cuori e ottenere da noi amore e riparazione.
Vivere la spiritualità della riparazione significa fare intimamente nostro l’invito di Gesù a riconoscere l’amore ricevuto e a ricambiarlo. E’ un impegno che provoca una generosa risposta d’amore nella libertà e nella responsabilità di ciascuno.
Noi possiamo comprendere il significato della spiritualità della riparazione solo alla luce della Parola di Dio, che illumina le nostre menti su cosa il Signore si aspetta veramente da noi che ripariamo con l’aiuto della sua grazia.
San Giovanni Paolo II ha offerto una risposta chiara per orientare noi cristiani di oggi verso uno spirito di riparazione in sintonia con il Vangelo. Dilexit Nos riporta il suo pensiero in merito ricordando che la vera riparazione si fonda «sulle rovine accumulate dall’odio e dalla violenza, potrà essere costruita la civiltà dell’amore tanto desiderato, il regno del cuore di Cristo» (n. 182). Siamo dunque chiamati a costruire finalmente la civiltà dell’amore in una società danneggiata dal peccato, dando concreto atto all’opera di riparazione come Gesù vuole e si aspetta da noi.
La vera riparazione evangelica possiede quindi una dimensione comunitaria fatta di atti concreti di servizio e di riconciliazione, però per fare questo è necessaria una intensa vita spirituale che conferisca agli atti esteriori la sostanza che trova origine nella profonda intimità con il Signore. E’ evidente che una riparazione semplicemente esteriore non basta né al mondo né al Cuore di Cristo.
Se ognuno pensa ai propri peccati e alle loro conseguenze sugli altri, scoprirà che riparare il danno fatto a questo mondo implica anche il desiderio di riparare i cuori feriti, dove si è procurato il danno più profondo, la ferita più dolorosa. Lo spirito di riparazione "ci invita a sperare che ogni ferita possa essere guarita, anche se è profonda" (n. 186).
Non si tratta di compiere «atti» isolati di riparazione, ma di vivere in un costante atteggiamento di conversione aprendo il cuore all’amore misericordioso del Figlio di Dio fatto uomo. Così intesa la riparazione al Cuore di Cristo sarà per noi sempre attuale, sarà sempre un amore operante, soprattutto nel nostro tempo nel quale si è smarrito il senso del peccato e di conseguenza il senso dell’amore.
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ultimo aggiornamento
15 novembre, 2024