studi Vangelo e santità laicale

a cura della Redazione

Nel sud della Puglia, in provincia di Lecce a Taurisano, il 13 luglio 1964 nasce Antonia Mirella Solidoro. La famiglia è di modeste condizioni e il padre bracciante saltuario nei campi, per ragioni economiche decide di emigrare in Svizzera per lavorare nel campo edile sino al 1980, anno del suo rientro definitivo a Taurisano.

Mirella viene battezzata presso la parrocchia della Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo, il 2 ottobre 1964. La fanciulla trascorre la sua giovinezza in maniera serena, sorretta e circondata dall’amore dei genitori che la educano cristianamente con il sostegno dei padrini, sempre molto vicini alla famiglia e, nel giugno 1972 solennità del Corpus Domini, riceve la sua Prima Comunione.

Fino alla scoperta della malattia, Mirella conduce una vita normale, frequenta le amicizie dei bambini della sua età; studia ottenendo risultati soddisfacenti. È una ragazza semplice che si accontenta di quel poco che i genitori possono assicurarle, sempre rispettosa verso tutti.

Passano gli anni ed arriva il 21 maggio 1978, giorno in cui Mirella riceve il sacramento della Cresima, si tratta per lei di un’esperienza così intensa e speciale da indurla a scrivere una commuovente lettera alla sua madrina nel quale manifesta la consapevolezza dell’importanza di aver ricevuto quel Sacramento «che rinnova la vita spirituale nel periodo più critico della gioventù».

Con il passare del tempo si fa strada in Mirella un intimo desiderio: diventare la sposa del Signore. Desiderio che verrà raccontato in più occasioni. Dice Mirella: «O mio Signore, tu lo sai benissimo quali sono i miei desideri sin da bambina. Appena ho capito quanto è grande il valore della fede, si è unita la vocazione di diventare la tua sposa. Questo l’ho desiderato già prima che avesse inizio la mia sofferenza; questo desiderio è ancora vivo in me, o mio Gesù».

Mirella a soli nove anni comincia ad avviarsi verso il suo lento martirio di giovane ammalata, continui e forti mal di testa la inducono ad effettuare vari ricoveri ospedalieri e sono tante le occasioni in cui si manifesta vivo e concreto il senso di solidarietà da parte dei vicini di casa e di molti altri volontari.

Le consulenze specialistiche non si contano più e, quel che è peggio, si susseguono pure diagnosi errate che arrecano a Mirella sofferenze maggiori. Viene curata dapprima per sinusite frontale e infine viene ricoverata presso il reparto oculistico dell’ospedale di Gallipoli, a causa dei disturbi che le causano una riduzione visiva. Da questo momento in poi, non vedente, Mirella non può scrivere ma la sua voce viene registrata in qualche occasione da chi le sta vicino. Segue un continuo peregrinare di ospedale in ospedale, sino a Brindisi e durante il ricovero, ella dice di vedere Gesù.

In seguito, il 28 settembre 1979, Mirella è trasferita all’ospedale di Lecce dove si sottopone ad un intervento e in quell’occasione le viene praticata una craniotomia e dall’esame istologico risulta trattarsi di un tumore congenito.

Mirella trascorre le sue giornate, per oltre vent’anni, quasi sempre a letto; sporadicamente viene accompagnata in chiesa per la partecipazione alla Santa Messa.

Riceve ogni giorno l’Eucaristia e il suo lento ma lieto calvario la santifica, la eleva, la matura e l’arricchisce spiritualmente. Assetata sempre di Gesù, fissa la sua mente nella meditazione della Passione e ringrazia il Signore per il dono della sofferenza. Nelle lunghe giornate trascorse in camera, compone poesie e preghiere che detta a chi le sta vicino. Chi va a trovarla non percepisce quanto intenso sia il suo patire, perché è sempre serena e calma, nonostante le continue sofferenze, la debolezza e la magrezza, dovute all’ impossibilità di nutrirsi.

La svolta, nella sua breve vita, si ha appena diventa cieca, all’età di quindici anni. Questo evento non è da lei vissuto come un castigo del Signore, ma come una grazia di Dio. Da quel momento intuisce di essere chiamata da Gesù ad offrire la sua vita per la salvezza dell’intera umanità. Come San Paolo, ritiene "di non saper altro…se non Gesù Cristo e questi crocefisso" (2 Cor 2, 2). Accoglie questa croce quasi con orgoglio: non si ritiene adatta a sacrificare la sua vita sul letto di dolore, ma con tutto il cuore abbraccia le indicibili sofferenze che il Signore le dona. Diviene così una "Testimone delle sofferenze di Cristo" (1 Pt 5,1).

Per il "dono" della cecità così ringrazia il Signore e dice: «Grazie, Signore, per averci donato i tuoi occhi, perché solo così potremo vedere la vera luce. O Signore, insegnaci che un semplice seme sparso da te può far nascere un apostolo in terra e un Santo nella tua gloria. Gesù, ti amo!»

 

Mai si lamenta per questo e a chi chiede informazioni sulla sua salute o le sue sofferenze, risponde sempre "Sto bene, grazie a Dio" e intorno al suo letto si riuniscono tante persone provenienti da Taurisano, dalla provincia di Lecce, dalla provincia dell’Aquila e da tante zone dell’Italia Meridionale. In tutte le ore del giorno persone le fanno visita, fra queste ricordiamo anche due Vescovi della Diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca (mons. Mario Miglietta e mons. Domenico Calandro). Particolarmente Mons. Mario Miglietta spesso si reca a far visita a Mirella, ripetendo: "Vengo qui per ricevere lezioni di fede".

Insieme con lei la gente prega, a lei le persone si rivolgono per avere conforto nelle difficoltà e molti affermano di aver ricevuto favori particolari e guarigioni grazie alla preghiera di Mirella.

Intanto, vive una devozione incondizionata al Santissimo Crocefisso. A volte, quando il dolore si allevia, si fa accompagnare al Santuario del Santissimo Crocefisso in Galatone, cittadina distante da Taurisano una ventina di chilometri.

Nutre una profonda devozione alla Madonna, tant’ è che la corona del Rosario è sempre tra le sue mani scarnite e il suo Pane quotidiano è l’Eucaristia che riceve con immensa devozione. Il suo volto si illumina quando può incontrare Gesù Sacramentato. Per lei, costretta a digiunare perché il suo stato di salute non le permette di deglutire, l’Eucaristia rappresenta in diverse riprese, il suo unico nutrimento.

Ascolta i Salmi che diventano nutrimento per la sua preghiera personale e per la preghiera in gruppo. Il Vangelo, poi, è l’olio per la sua lampada, per la sua fede. Ritiene a memoria le parole e i consigli del Signore e spesso, durante le conversazioni, cita le parole di Gesù e invita la gente a mettere in pratica tutto.

Mirella, durante i giovedì di Quaresima, da luglio 1987 ad agosto 1999, afferma di ricevere dei messaggi da parte del Signore e della Madonna, comunicandoli ai più intimi che li trascrivono e li consegnano alla madre che li rende pubblici solo dopo la morte della figlia. Per tutta la Settimana Santa, le sofferenze alle mani diventano insopportabili. Il Venerdì Santo, Mirella piange continuamente e grida "Lasciatelo, lasciatelo!", rivivendo così la passione del Signore.

Mirella anche nei momenti di scoraggiamento dimostra di volersi mantenere salda nella volontà di Dio. Ne è prova l’anelito di consacrarsi al Signore, desiderio coltivato sin dai tempi della giovinezza. Dal periodo dell’intervento chirurgico subito presso l’ospedale di Lecce è convinta di vedere il Signore Crocifisso.

Durante una di queste apparizioni pare che Gesù in persona le ripeta una parola: "Marcellina", di cui Mirella non riesce a comprendere il significato. Nel 1982, alla fine di un ritiro missionario per giovani, presso il Santuario della Madonna di Leuca, il padre predicatore invita suor Margherita ad andare con lui per visitare una ragazzina molto malata. Appena Mirella sente che nella sua stanza c’è una suora Marcellina dice: "L’aspettavo".

Suor Margherita torna a Taurisano molte altre volte e nasce tra loro un rapporto di vera amicizia. In questo modo Mirella comincia a conoscere più a fondo la spiritualità dell’Istituto delle Suore Marcelline ed il suo fondatore. La giovane si sente tanto vicina all’Istituto e quando poi conoscerà il Movimento dei Laici Marcellini e si considera una delle piccole prime pietre del nuovo gruppo.

Col passare del tempo, non è difficile per Mirella continuare a riunire intorno a sé un piccolo cenacolo di preghiera. Chiunque le si accosti, ne resta colpito tornando a casa rinnovato. Una sua compagna di scuola elementare racconta di una sua visita: "Mi raccontò della sua sofferenza e della sua cecità, ma con serenità e gioia perché la malattia l’aveva portata ad essere vicina a Dio".

Molti sono i sofferenti che la cercano o la chiamano per telefono per avere conforto, consiglio e il sostegno della sua preghiera. Mirella tratta tutti con dolcezza e infonde serenità, nonostante le sue indicibili sofferenze. Entrando nella sua cameretta di dolore, le persone percepiscono l’intima unione che lega Mirella a Dio e respirano una dolcezza tale che solo l’intimità con il Signore può offrire.

Lo Spirito Santo è il suo perenne sostegno e spesso da lui ottiene doni speciali, come quando, chiamata al telefono dalla Spagna, dialoga in lingua spagnola, nonostante non conoscesse affatto quella lingua.

Ama tanto anche i Santi, in particolare Padre Pio da Pietrelcina, per il quale nutre un grande affetto. Una volta, avendo trascorso tutta la notte in lacrime perché al mattino successivo nessuno le avrebbe portato la S. Comunione, vede accanto a sé l’allora Servo di Dio con una particola in mano; "Te lo porto io il Signore..." e le porge l’ostia consacrata.

La sua vita di unione con Dio raggiunge tutto il mondo: peccatori, sofferenti anime del Purgatorio: "Voglio soffrire per le anime del Purgatorio" esclama Mirella nel momento di maggiore sofferenza.

Quando prega pronuncia le parole con tanta intensa ed affettuosa dolcezza, che sembra parlare davvero con Gesù o con la Madonna.

Le sue sofferenze sembrano non avere fine e, poiché le sue condizioni di salute si aggravano sempre di più, nel 1998 è costretta a ricoverarsi a San Giovanni Rotondo, presso l’Ospedale "Casa Sollievo della Sofferenza" dove i sanitari non possono fare altro che confermare le diagnosi precedenti.

Tornata a casa, anche se i dolori sono ormai diffusi su tutto il corpo, continua nella vita di intensa preghiera e di apostolato verso tutti, ma nell’estate del 1999 compare una febbre continua e forte, per cui viene sottoposta ancora a visite mediche, accertamenti e cure. Nonostante tutto risulti inutile, Mirella persevera con dolcezza nel suo amore verso Gesù. Viene ricoverata nuovamente presso ospedale di Tricase il 27 settembre 1999 e quattro giorni dopo entra in un coma irreversibile che la condurrà a concludere serenamente la sua vita terrena. È il 4 ottobre 1999.

Mirella è stata sepolta nel cimitero di Taurisano e L’8 aprile 2011 la salma è stata traslata nella chiesa parrocchiale "Santi Martiri Giovanni Battista e Maria Goretti" in Taurisano. Mirella riposa in un prezioso sarcofago in marmo di Carrara, opera dello scultore locale Prof. Donato Minonni. Molte sono le persone che si recano accanto alla tomba per pregare e chiedere l’intercessione della Serva di Dio. Tanti fedeli lasciano su un registro le loro riflessioni e richieste.

Di Mirella Solidoro, con il nulla osta della Conferenza Episcopale Pugliese in data 15 dicembre 2007 e con la comunicazione della Congregazione per le Cause dei Santi del 31 gennaio 2008, è iniziato l’iter per la Causa di Canonizzazione. L’11 marzo 2014 il Vescovo di Ugento S.M. di Leuca, Mons. Vito Angiuli, annuncia l’indizione della Prima Sessione Pubblica del Processo per la Causa di Canonizzazione della Serva di Dio taurisanese.

Mercoledì 1° ottobre 2014 nella Chiesa Cattedrale di Ugento, avviene l’Apertura del Processo su Vita, Virtù e Fama di Santità di Mirella Solidoro e l’insediamento del Tribunale ecclesiastico.

La prima fase dell’inchiesta Diocesana si chiuse dopo quasi due anni, sabato 18 giugno 2016 nella Cattedrale di Ugento e dal 29 maggio 2017 la Causa è presso la Congregazione delle Cause dei Santi.


1 Diritto Canonico, canone 1230

2 Rom. 11,32

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ultimo aggiornamento 15 novembre, 2024