Il tuo Spirito Madre

a cura di P. Mario Gialletti fam

 

Care figlie, credo che tutte avrete ringraziato Dio per la grazia di aver iniziato un nuovo anno e convinte che il paradiso non è un regalo di Dio, ma ognuna deve guadagnarselo, col suo aiuto, avrete fatto seri propositi per conseguirlo, ottenendo così il fine dell’Ancella dell’Amore Misericordioso che non è solo quello di guadagnarsi il paradiso, ma di santificarsi e aiutare gli altri perché partecipino di questo paradiso che Egli ci ha preparato; però non ce lo regala, infatti vuole che ognuno abbia ciò che ha meritato. (El Pan 20,514)

 

Care figlie, ho ricevuto le vostre lettere di auguri e debbo dirvi che mi avete riempito di tanta consolazione. Anch’io voglio farvi gli auguri per le prossime feste natalizie e per l’anno nuovo.

Credo che la fine dell’anno suggerisca a tutte molti pensieri e riflessioni, soprattutto la fine del 1942, nel quale credo che più intensamente del passato, saranno usciti dai vostri cuori sentimenti particolari che innalzano le anime al trono di Dio, anche perché per noi è stato un anno pieno di grazie e benedizioni; quanti propositi! Che slanci di amore, di carità e desideri di lavorare per la gloria di Dio!

Quante sofferenze, tribolazioni e vittorie accettate per amore! Ringraziamo il buon Gesù di tutto, della vita naturale che ci ha conservato perché possiamo servirlo nel nuovo anno con maggiore amore e fedeltà.

Quante religiose, forse con più decisione, non hanno avuto la grazia di arrivare alla fine dell’anno! sorprese dalla morte hanno lasciato ciò che avevano promesso e non possono più lavorare per la propria santificazione, né possono soffrire per Dio, o lavorare nell’esercizio della carità, mentre noi siamo state liberate dalla morte e da innumerevoli pericoli. Nel nuovo anno non lasciamo trascorrere un solo giorno senza ringraziare il buon Gesù che si è degnato di liberarci dalla morte perché possiamo giungere alla santità, come Lui vuole; chiediamogli di aiutarci perché possiamo affermare con sincerità e con coscienza pura o purificata nel tribunale della penitenza di essere in grazia, davanti a Dio e per questo siamo oggetto di compiacimento di Dio, nostro Padre buono. È l’unica cosa che desidero per le mie figlie, i miei bambini e per me.

Penso che qualcuna delle figlie sia riccamente adornata della grazia santificante; mi rallegro con loro e con me stessa, per la grazia di essere loro madre e le invito a lodare e glorificare il Datore di tanto bene. Che possano esclamare, piene di gioia: Dio mio e mio tutto! Senza vantarsi di felicità, come fosse opera propria, riconoscano che tutto è opera di Dio.

Egli le ha prevenute con la sua chiamata, liberate dalla tentazione, sostenute nel pericolo, fortificate con l’aiuto della sua grazia, ha concesso loro la perseveranza nel bene; per questo, tali anime fortunate, debbono ricordare che essere in grazia significa essere debitori a Dio di tanti doni che ci hanno permesso di evitare il peccato e vincere le tentazioni.

Pregate perché questa vostra Madre, viva sempre unita a Gesù e niente e nessuno la separino da Dio. Insieme ai miei auguri un forte abbraccio.

Roma 19 dicembre 1942 (El Pan 20, 237-242)

 

In che consiste la perfezione religiosa

La perfezione religiosa, figlie mie, è lo stato di perfezione interiore al quale è obbligata ad aspirare una persona consacrata a motivo dei suoi voti. Aspirare ad eliminare a poco a poco l’imperfezione, a far sì che la gloria di Dio sia da tutti conosciuta, amata e cercata in primo luogo e definitivamente, e che la soddisfazione personale non le usurpi mai il posto, è il fine della vita religiosa.

Dobbiamo tenere presente che le vie superiori della santità non rientrano nell’obbligo dei voti, come la via della perfezione. Si può pensare che la religiosa che ha deciso nel suo cuore le misteriose ascensioni della virtù, non porrà limiti durante la sua giornata al cammino della perfezione, come non li pone Dio alla sua chiamata e alle sue grazie. Sarà felice di entrare in sentieri più stretti se il suo Dio la invita a questo. Ma ciò che tanto le interessa è misurare con la vista il cammino che è chiamata a percorrere e fissare il suo sguardo sul fine al quale deve aspirare; questo fine è la perfezione.

Le Superiore devono possedere la perfezione allo stato attivo, cioè, non solo devono essere perfette, ma anche perfezionatrici, incaricate di condurre le altre religiose alla perfezione dato che in esse si trova allo stato passivo. Ogni religiosa aspira alla perfezione e la riceve, la sua Superiora la possiede e la dà, se è come Dio la vuole.

La perfezione consiste nel sacrificio? No, la perfezione in sé non esige da noi il sacrificio della nostra soddisfazione, ci chiede soltanto di porla al suo giusto posto, cioè in seconda linea. Così per es. nel mangiare e nel bere non ci si chiedono sacrifici straordinari: possiamo usare le cose che ci danno senza mancare alla perfezione. L’essenziale è che nella prima intenzione si faccia ogni cosa per la gloria di Dio e, come è naturale, sempre nell’obbedienza, cioè come religiose che hanno tempi stabiliti per mangiare e bere e superiore che si preoccupano delle loro necessità.

Ciò che interessa alla religiosa, e glielo esige il suo stato, è che né il piacere né la necessità di mangiare o di bere siano il movente dominante. È necessario, figlie mie, che l’intenzione principale sia, se non attualmente per lo meno virtualmente, la gloria del nostro Dio, giacché questa è la vera perfezione. Pertanto la perfezione non consiste nel sacrificio, ma piuttosto nel porre le cose al loro giusto posto.

È necessario stare molto attente per non essere ingannate dalla nostra aberrazione, infatti è facilissimo l’equivoco su questo punto. Alla prima idea di perfezione che ci viene corriamo al sacrificio, fino al punto di confondere l’idea di perfezione con quella di privazione e sacrificio, e non la comprendiamo in altra forma. Così quando si impossessa del nostro cuore un fervore veemente, ci lanciamo sul cammino delle penitenze e delle privazioni, credendo che poi su di esso incontreremo la perfezione. Non ci rendiamo conto che la perfezione non è su questo cammino e frequentemente accade che quei sacrifici sono esattamente il contrario di quello che dobbiamo fare. Mentre abbracciamo quelle privazioni, infatti, non pensiamo a rendere diritte le nostre vie, ricerchiamo noi stesse e permaniamo nel disordine.

Spesso scegliamo quei sacrifici per ispirazione del nostro capriccio e dei nostri gusti in quel momento e perfino nella scelta ricerchiamo noi stesse. L’atto medesimo con il quale scegliamo è con frequenza un disordine. I sacrifici possono avere ed hanno il loro valore come atti satisfattori, però per condurci alla perfezione non ne hanno alcuno, almeno in molti casi.

Quasi sempre i sacrifici scelti da noi hanno l’inconveniente di essere superiori alle nostre forze e di non corrispondere alle necessità presenti della nostra anima. Fintanto che non rettifichiamo le nostre intenzioni, non siamo all’altezza di quei sacrifici e non abbiamo la forza sufficiente per sopportarli. D’altra parte la grazia, che adegua la sua azione ai progressi della nostra anima, non ci è data per quelli e quindi, non producendo detti impeti di generosità i frutti che desideravamo e non possedendo la nostra anima la forza per sopportarli, ci scoraggiamo e ritorniamo a cadere più in basso di prima. Il risultato è che arriviamo a credere impossibile la perfezione. Ci sembra di aver fatto tutto quanto stava in noi, di non esserci tirate indietro davanti al sacrificio e soltanto abbiamo conseguito un «calo».

Non poteva succedere diversamente, figlie mie, dato che abbiamo fatto tutto meno quello che dovevamo fare. Che cosa serve correre se non andiamo per il giusto cammino? Quanto più velocemente corriamo fuori del vero cammino, tanto più ci allontaniamo dalla meta che dobbiamo raggiungere. (El Pan 8, 208-216)

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 14 gennaio, 2025