La festa liturgica di San Giuseppe è tutta incentrata sulla contemplazione e penetrazione del mistero della Redenzione. Una festa che soprattutto ci invita a volgere la nostra attenzione all’alto mistero dell’Incarnazione del Signore, mistero che storicamente si realizza nella scena umile, dolce e umanissima della Santa Famiglia di Nazareth.

La vita di San Giuseppe ci invita a riflettere sul «sicut Pater» legale e putativo di Gesù e sulla funzione che egli ha esercitato su di Lui, durante l’infanzia e la giovinezza.

La figura di Giuseppe è delineata nel Vangelo con accenti di grande modestia e si presenta a noi con rilevanti tratti di estrema umiltà: un modesto operaio che svolge con dedizione il suo lavoro e non lascia neanche traccia della sua voce. Nei Vangeli non è ricordata nessuna parola di lui, si parla unicamente del suo contegno, della sua condotta e tutto si compie in una perfetta obbedienza unita ad un silenzioso nascondimento.

 

Sposo e Padre

San Giuseppe è sposo della Vergine Immacolata e padre putativo di Cristo, cioè colui che ha dato lo "stato civile" in terra a Gesù, garantendogli così l’assistenza più devota e necessaria, quella di cui hanno bisogno tutti i fanciulli e gli adolescenti di questo mondo per crescere sani, forti e robusti.

In ogni momento della vita San Giuseppe è stato esemplare e infaticabile custode e maestro; ciò che colpisce è appunto la sua dedizione, adornata di una grandezza sovrumana che continua ad esercitare attrazione nel tempo.

Una vita tanto modesta, quanto grande e travagliata rispetto al delicato profilo della sua figura evangelica. Il Vangelo di Matteo definisce Giuseppe "vir iustus" (Mt 1, 19) e infatti lode più piena di virtù e di merito non potrebbe essere attribuita ad un uomo.

San Giuseppe con eroicità ha accettato la conduzione, la responsabilità della famiglia, rinunciando ad un naturale amore coniugale. Ha offerto con un sacrificio totale, l’intera sua esistenza, divenendo servo della Redenzione e delle esigenze legate alla venuta del Messia, a cui egli porrà il nome di Gesù (Mt 1, 21), e che riconoscerà frutto dello Spirito Santo e solo agli effetti giuridici come suo figlio.

 

Custode provvido

A San Giuseppe spetta il compito di portare il peso, la responsabilità, i rischi e gli affanni della Santa Famiglia e nella penombra di questa casa svolge il servizio e il lavoro, intessuto di sacrificio e fiducia nella parola del Signore e noi, in questo quadro evangelico, lo vogliamo contemplare così.

San Giuseppe pertanto è assunto come modello degli umili e dei semplici che accolgono la volontà di Dio ed è la prova che per essere buoni cristiani non occorrono «grandi cose», ma solo virtù comuni, umane, semplici, vere e autentiche.

Il Capo della Santa Famiglia è il "Custode provvido" a motivo della sua incrollabile fiducia nella provvidenza di Dio e la sua santità cristiana si pone sulla linea evangelica del chicco di frumento che muore e porta frutto. La santità di Giuseppe, sposo di Maria, ha proprio queste dimensioni. Col suo "fiat" entra a pieno titolo nella storia tracciata da Cristo che gli permetterà di essere chiamato "uomo giusto" per la giustizia che gli proviene dalla fede alla Parola rivelata e non dalle sue decisioni e osservanze della legge.

 

L’uomo del silenzio e dell’abbandono

Come già abbiamo detto, i Vangeli non riferiscono nessuna parola San Giuseppe, ma egli parla col silenzio ricolmo di speranza e di attenzione sostenute dalla fede. Il suo silenzio diviene una luce interiore che illumina la sua intelligenza ad accogliere le mozioni dello Spirito.

 

Il suo cuore e la sua mente sono sempre attenti a scrutare la volontà del Padre per poterla poi incarnare. L’ascolto di Giuseppe diviene apertura della propria volontà per realizzare nella sua vita lo straordinario programma divino. Nel silenzio dell’ascolto, vede, crede e si abbandona docilmente all’imperscrutabile disegno del Cielo.

Dal silenzio dell’ascolto nasce e si consolida la gioia piena dell’abbandono attraverso l’apertura del suo cuore castissimo per vivere in pienezza la sua "ora". Anche San Giuseppe, chicco di fecondo grano, si abbandona nell’amore del Padre e per vivere poi immerso nel Mistero.

 

L’ora di San Giuseppe e la nostra "ora"

Su ciascuno di noi Dio Padre ha tracciato un’"ora". È un’ora tanto misteriosa quanto solenne. È l’ora che talvolta si nasconde sotto le sembianze della sofferenza e delle incomprensioni.

Proprio in quei momenti, il desiderio di vedere si trasforma in silenzio di preghiera ricolma di stupore per glorificare il nome del Padre. Nella pienezza di vita nello Spirito, facciamo il nostro incontro con il Signore Risorto dove avviene il compimento: il chicco di grano rinasce a vita nuova per essere pienezza di dono.

La nostra vita di preghiera ci porta, come san Giuseppe, a rifugiarci sempre nel Signore: «La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio» (Col 3,3). Il Santo Patriarca ha potuto sopportare l’umiliazione del presepe, l’asprezza dell’esilio e l’apparente monotonia di una vita normale, perché ha saputo mettere il suo cuore in Gesù: luogo dove ogni situazione trova ristoro e sicurezza.

Infine San Giuseppe in quanto Patrono della Chiesa Universale, ci insegna ad amare la Chiesa di Cristo, a lavorare e a soffrire per essa, accogliendola come nostra Madre poiché è da questa Madre e attraverso di essa, noi riceviamo da Dio il dono della fede.

 

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ultimo aggiornamento 16 aprile, 2025