ROBERTO LANZA
"Non abbiate paura di rischiare l’Amore"
"[…] Gesù mio, trasformami completamente nel tuo amore e che possa annullare in te tutte le mie imperfezioni. Fa’ che respiri te e mi perda in te; che mai sia attratta da alcuna cosa, ma solo da te. Annegami, Gesù mio, nell’abisso del tuo amore e fa’ che muoia nel diluvio del tuo amore divino". (Madre Speranza di Gesù)
I
l 23 febbraio è stato celebrato il Giubileo dei Diaconi in Piazza San Pietro, e nonostante la sua malattia, il Santo Padre Francesco ci ha inviato un messaggio molto profondo attraverso l’Angelus. Un messaggio che si racchiudeva proprio nella frase che ho scelto come titolo per questa riflessione, perché mi ha colpito profondamente. "Non abbiate paura di rischiare l’amore!" è una frase molto profonda e invita a riflettere sulla bellezza e la difficoltà del donarsi agli altri con generosità e senza riserve, possiamo interpretarla in vari modi, ma è interessante vedere come si collega alla nostra fede cristiana e soprattutto al nostro carisma.Il Santo Padre parla di un rischio nell’amore, ed è davvero importante riflettere perché il rischio dell’amore è, prima di tutto, il rischio della vulnerabilità. Amare davvero significa esporsi, abbassare le difese, e consentire all’altro di toccare la parte più profonda di sé. Questa è una possibilità che ci lascia in una posizione di fragilità, poiché non possiamo mai controllare completamente le reazioni degli altri. L’amore non è mai un atto "sicuro", nel senso che non possiamo mai sapere con certezza come evolverà una relazione o se ci sarà reciprocità. L’amore non è mai senza rischio, perché implica sempre una possibilità di sofferenza: nel momento in cui decidiamo di amare, accettiamo implicitamente il rischio che il nostro amore possa non essere ricambiato, che potremmo essere feriti, delusi o traditi.
Eppure, è proprio questo che rende l’amore tanto potente e trasformativo: la sua capacità di superare la paura; rischiare di amare non è solo il coraggio di esporsi, ma anche quello di non lasciarsi paralizzare dalla paura di fallire, di soffrire. È un atto di fede, in sé stessi e nell’altro, che richiede di andare oltre le paure più intime e più radicate. La paura di amare, infatti, spesso nasce dal timore di non essere all’altezza, di non essere ricambiati, di aprirsi solo per ricevere delusione. Ma la fede cristiana, in particolare, ci insegna che l’amore è qualcosa che trascende queste paure e che, nonostante la sofferenza che può comportare, è sempre una via di riscatto e di crescita. Il rischio dell’amore è quello di non sapere se l’altro ci accoglierà, se risponderà con lo stesso impegno, con lo stesso fervore, ma è anche il rischio di perdere qualcosa di noi stessi: nel momento in cui amiamo, lasciamo una parte di noi nelle mani dell’altro.
Amare, quindi, non è mai privo di sacrificio!
Ogni atto d’amore richiede un certo "perdere" di sé: tempo, energia, emozioni, e questo "perdere" non è mai una cosa facile, perché si entra nel territorio dell’incertezza, dove non c’è alcuna certezza che ciò che abbiamo dato ci sarà restituito. In un contesto cristiano, il rischio di amare è ancora più evidente perché l’amore cristiano non si limita a quello che conosciamo come affetto o attaccamento; è un amore che implica il sacrificio, che si allontana dalla logica del "dare per ricevere." Pensiamo a Gesù, che ha dato la sua vita per gli altri, non aspettandosi nulla in cambio. Questo è l’amore più grande: un amore che non calcola il guadagno, ma che si dona senza riserve.
L’amore cristiano, quindi, comporta un rischio ancora maggiore, perché ci spinge a superare le logiche mondane, ad andare oltre la paura del fallimento, a mettere la nostra fiducia in Dio e nell’altro. L’amore vero, quello che non ha paura di rischiare, non si lascia paralizzare dalle difficoltà, non si tratta di un amore che scappa dalle sofferenze, ma di un amore che affronta la sofferenza con speranza, convinto che la croce è solo il preludio alla risurrezione. Questo tipo di amore, che è sì rischioso, è anche quello che, alla fine, ci rende più forti e ci fa sentire più vivi.
Non avere paura di rischiare l’amore vuol dire anche essere disposti a crescere attraverso l’amore, ad imparare dall’esperienza, a diventare più autentici, più veri. Perché l’amore, pur comportando sofferenza e sacrificio, è l’unica via per la pienezza di vita. La paura di amare, alla fine, ci limita e ci imprigiona in una sorta di sicurezza apparente, ma solo il rischio di amare veramente ci rende liberi. Amare davvero è vivere senza riserve, con la consapevolezza che, pur nella difficoltà, l’amore è la forza che dà senso alla nostra vita.
Nel
cristianesimo, amare significa identificarsi sul comandamento di Gesù, che ci
chiama ad amare come Lui ha amato noi: "Amatevi gli uni gli altri come io vi ho
amato".
Questo tipo di amore cristiano è radicalmente diverso da qualsiasi altro tipo di
amore che possiamo sperimentare nella vita. Non è un amore che cerca il proprio
vantaggio, non è un amore che si misura in base a ciò che riceve, ma è un amore
che si dona senza riserve, senza aspettarsi nulla in cambio, e spesso a costo di
sofferenza. Parlare di "rischiare l’amore" in senso cristiano significa
soprattutto rischiare di amare come Gesù ha amato: un amore che ci chiede di
dare la vita per gli altri, di donare senza calcolare, di sacrificarsi senza
condizioni.
Rischiare l’amore cristiano vuol dire non fermarsi davanti alla paura di soffrire, ma accettare il dolore come parte del cammino di fede. Non possiamo dimenticare che l’amore di Gesù per noi è stato radicale, e la sua croce è il segno per eccellenza di questo amore che non si ritira mai, nemmeno di fronte alla sofferenza. Gesù ha rischiato di amarci, sapendo che molti lo avrebbero rifiutato, che i suoi discepoli l’avrebbero abbandonato, che sarebbe stato tradito, ferito e messo a morte. Eppure, ha continuato ad amare fino all’ultimo; questo è il rischio dell’amore cristiano: essere pronti ad amare senza riserve, senza tener conto del nostro tornaconto, ma donandoci completamente all’altro, come Cristo ha fatto con noi.
Amare come Cristo significa che non amiamo per ricevere, ma amiamo per donare.
Ecco perché il rischio di amare, nel senso cristiano del termine, è qualcosa che dobbiamo accogliere con coraggio. È il rischio che, pur nella sofferenza, ci porta alla vita, alla pienezza dell’amore che è stato dato a noi da Dio. Così esortava la Madre Speranza: "Il comandamento dell’amore al prossimo non s’identifica con quello dell’amore a Dio, perché Dio lo dobbiamo amare in sé e per sé e il prossimo non per sé stesso, ma in Dio e per Dio. Però è simile perché l’uno non si concepisce senza l’altro ed entrambi si riferiscono a Dio, l’uno direttamente e l’altro indirettamente. Questo comandamento è molto giusto perché noi dobbiamo amare sulla terra coloro con i quali vivremo uniti nel cielo. È anche molto utile perché se Dio comanda a me di amare gli altri, comanda lo stesso a ciascuno di essi e, se tutti obbediamo, io posso essere sicura che tutti mi amano e quindi vivere in pace. L’amore al prossimo ha come regola l’amore ordinato a sé stessi"1. L’importante non è sapere soltanto chi è il prossimo che bisogna amare, ma fare qualcosa per diventare prossimo, per farsi vicino a chi è nel bisogno. L’essenziale non è cercare chi bisogna amare, ma cercare di amare concretamente. Lo stesso Gesù, quando parla dell’amore, ci parla di cose che si possono fare e toccare: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. Quando non c’è questa "visibilità", si può vivere un cristianesimo di illusioni, perché non si capisce bene e non si vive fino in fondo la buona notizia del vangelo dell’amore. La santità non consiste nel fare cose sempre più difficili, ma nel farle ogni giorno con più amore. Quindi, è un amore che "è più nei fatti che nelle parole", si sperimenta più nel dare che nel ricevere, l’amore edifica, costruisce, comprende, cura, sostiene il debole. L’essenza dell’amore cristiano non è quella di chi si sente superiore agli altri, ma di chi si fa servo per amore.
Un po’ di tempo fa lessi questa storia: "Per la strada vidi una ragazzina che tremava di freddo, aveva un vestitino leggero e ben poca speranza in un pasto decente. Mi arrabbiai e dissi a Dio: Perché permetti questo? Perché non fai qualcosa?
Per un po’ Dio non disse niente. Poi improvvisamente, quella notte rispose
"Certo che ho fatto qualcosa: Ho fatto te". È difficile fare tutto questo di questi tempi dove tutto scorre così velocemente dove è impossibile soffermarsi a pensare agli altri, viviamo ormai in una società di gente sola, persa nei propri problemi esistenziali ed economici e siamo talmente presi da noi che gli altri che ci sono accanto a volte sembrano dei fantasmi, delle ombre, non esistono! Ma purtroppo questa è la vita, la vita che ti riporta a pensare più alle cose materiali che a quelle spirituali, dove non si riesce ad avere un giusto equilibrio tra le due cose, dove a volte è difficile sopravvivere, ma questo non fa altro che renderci tutti estremamente degli infelici, degli insoddisfatti, delle persone vuote.
Siamo chiamati a dare compimento alla legge che trova la sua pienezza in una sola parola: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". Nel volto del fratello tu accogli Cristo, nella carne del fratello tu accogli Cristo. Con le nostre sole forze, non siamo capaci di un tale atteggiamento d’amore, ma lo diveniamo soltanto nell’unione con Gesù Cristo, che è l’autentica forza di crescita della nostra vita. Dio non guarda tanto al numero delle opere buone che compiamo, quanto all’amore con cui le compiamo. Siamo stati chiamati ad avere il cuore di Cristo, quel cuore così ben raffigurato nel crocifisso dell’Amore Misericordioso, un cuore che batte per tutti, che ama tutti disinteressatamente, che vede in ogni creatura un potenziale figlio di Dio e una persona per la quale Cristo è morto.
Beati davvero noi se sapessimo guardare oltre l’orizzonte ristretto dei nostri bisogni e lo allargassimo alle attese di chi abbiamo attorno, diventando il prossimo di tutti. Beati davvero noi se imparassimo ad aprire la porta del nostro cuore agli altri e lasciassimo entrare nella vita la luce di Dio…. il suo Amore Misericordioso!
1 Le Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8)
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ultimo aggiornamento
16 aprile, 2025