La carità misericordiosa nella vita di Madre Speranza di Gesù

Introduzione

Le opere di misericordia sono uno dei temi più gettonati di questo "Anno Santo straordinario della Misericordia" che è in corso. Esse infatti costituiscono la conseguenza morale obbligatoria, rispetto al modo con il quale Dio stesso tratta ciascuno di noi a livello sia materiale che spirituale: «Siate voi dunque misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro celeste» (Lc 6,36).

Papa Francesco, nella Bolla di indizione Misericordiae Vultus, lo ricorda con estrema chiarezza: «E’ mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il [presente] Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà, e per entrare sempre più nel cuore del vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina». (MV 15).

Da qui deriva anche il titolo generale di questi incontri che precedono la festa liturgica dell’8 febbraio: «Madre Speranza e le opere di misericordia».

Diciamo subito che, in rapporto alla figura della nostra Madre Fondatrice, questo titolo è quanto mai ampio e appropriato, nel senso che esso è in grado di contenere comodamente tutta la sua vita e la sua opera. E’ possibile cioè ipotizzare una bella biografia della Beata Speranza di Gesù (Alhama Valera) con tanti capitoli, quante sono le 14 opere di misericordia.

Infatti: se da una parte è stato straordinario il suo rapporto ascetico e mistico con il Signore Gesù, dall’altra è stato ugualmente straordinario il suo impegno operativo ed apostolico per manifestare agli altri quanto di amorevole e di misericordioso stava sperimentando dall’alto. E tutto ciò: "più con i fatti che con le parole"; e cercando di alleviare le necessità di molteplici categorie di persone, sia sul piano del corpo che su quello dell’anima.

A riprova di queste osservazioni, mi permetto di citare una iniziativa delle nostre Consorelle di Via Casilina: in due cartelloni piuttosto grandi, esse hanno raccolto un buon numero di foto relative alla storia della Madre Fondatrice, raggruppandole appunto secondo lo schema di cui stiamo parlando.

Stando così le cose, è evidente che con questa modesta relazione non si pretende affatto tratteggiare un quadro completo dell’impegno caritativo della nostra Protagonista, ma solamente evocare alcuni tra i fatti più significativi ed emblematici di questa particolare dimensione della sua vita.

Si tratta dunque di una selezione mirata di avvenimenti, ordinata in modo essenzialmente cronologico, e finalizzata a far intravvedere le proporzioni e le caratteristiche del suo anelito caritativo nei confronti del prossimo.

Il tutto, ovviamente, con il coinvolgimento generoso delle due Congregazioni Religiose da lei fondate: le Ancelle e i Figli dell’Amore Misericordioso.

1) Il pranzo di Natale del 1927

Nel dicembre del 1927 Madre Speranza si trovava ancora tra le Missionarie Clarettiane; aveva 34 anni; e faceva parte di una Comunità che operava a Madrid, in via Toledo, in una struttura che ospitava e istruiva delle bambine benestanti e che era proprietà di una Giunta di signore nobili di quella città. Vi era arrivata nel settembre del 1926 e vi rimarrà fino al dicembre del 1928.

Da alcuni anni però erano già iniziate le sue esperienze mistiche straordinarie (probabilmente fin dall’anno 1923); e senza nulla togliere alla missione svolta dal suo Istituto di appartenenza, nel suo cuore si andavano manifestando altre sensibilità e altri desideri di carattere apostolico.

E’ lei stessa che, a distanza di tanto tempo e con un pizzico di umorismo, parla del suo stato d’animo e della iniziativa che in quel periodo ideò e realizzò, a vantaggio di alcune centinaia di persone bisognose.

Madre Speranza Alhama Valera EAM, Esortazione, 15.8.1966:

«[In via Toledo, a Madrid] io ho disimpegnato l’incarico di economa e vicaria della casa. Lì ho avuto una Superiora che sembrava fatta apposta per farmi santificare; e sono sicura che, se avessi sempre sofferto con tranquillità e con l’unico desiderio di diventare santa, lo avrei conseguito senza alcun dubbio; ma a volte mi mancava la pazienza.

La mia aspirazione sono stati sempre i poveri, però quella casa era per bambine ricche. Ed era inutile che io dicessi che avremmo dovuto accogliere delle bambine povere, perché non si accettava la mia proposta.

Sempre ricorderò una delle tante prove che ho sofferto in quella casa; e ne sono immensamente grata al Signore, perché è stato Lui che me l’ha proporzionata. Mancava un mese per le feste di Natale1, e io avevo un grande desiderio di dar da mangiare in quel giorno a un buon numero di poveri. Ma era una parola dirlo alla Superiora! Questa era catalana, ma con il pugno abbastanza chiuso: perché ti desse un pezzo di pane, bisognava prima darle dei colpi e non te lo lasciava. Bene, vado e le dico: "Madre, io credo che in questo Natale dovremmo dar da mangiare a tutti i poveri che verranno a questa casa". "Ecco qui la riccona, con tutto quello che lei ha portato, adesso vuole anche dar da mangiare! No!". E udii cose che veramente mi ferirono.

E così passò il tempo... Mancavano ormai 3 o 4 giorni per Natale e tornai a fare la stessa richiesta. Allora la Superiora mi dice: "Quanto ha per comprare il necessario perché possano mangiare questi poveri che dice?". "Solo poche pesete". "Vada dunque e compri, ma lo metta separato. E povera lei, se mi tocca qualcosa dalla dispensa!"…

Bene, Figlie mie, che potevo compare con poche pesete? Comprai un pezzetto di carne, un poco di olio e un poco di frutta. Quando tornai a casa, mi dice: "Viene molto carica!?". Io gli mostrai quello che avevo. E lei mi dice: "E con questo va a sfamare i poveri? Al massimo saranno uno o due, ma lei ha detto a tutti i poveri che verranno". Le dissi: "Sì, Madre, lo ripeto: a tutti i poveri che verranno a Natale; e saranno molti". "Bene, bene, però si metta bene in testa che, durante il tempo che ancora manca per Natale, lei non deve entrare per niente nella dispensa, perché non voglio che prenda qualcosa delle Consorelle per darlo a questi poveri che dice".

E infine arrivò il giorno di Natale; e già dal mattino presto si formò una fila che non si vedeva la fine. Mi chiama la Superiora e mi dice: "Venga qua, Madre Speranza. Tutte queste persone sono povere?". "Immagino", le dissi. "E chi le ha chiamate?". "Io no – risposi –, sarà stato il Signore". Allora me ne andai in Cappella e dissi: "Signore, io ti ho comprato la mostra; adesso vieni Tu e dà da mangiare a tutti questi poveri che hai portato, perché io…" e mi distrassi. E il Signore fu tanto generoso da non credere: per due o tre mesi, avemmo olio, carne, frutta, pane, di tutto; non ci mancò niente.

E adesso un altro problema: dove e come sistemarli, visto che arrivarono a 400 tra uomini e donne. Alla fine li facemmo accomodare in un grande porticato. Stavano tutti mangiando, quando arrivò la padrona di casa, che era nientemeno l’amante di Primo de Rivera2. Questa signora, nel vederli, dice molto tesa: "Chi ha permesso che in casa mia entrino tutti questi poveri? Sarà stata sicuramente la Madre Speranza!". Mi presento e mi dice: "Chi ha dato a lei la autorizzazione per mettere qui dentro tutta questa gente per insudiciarmi tutto!?". Io le risposi: "No, signora, non sono venuti a insudiciarle niente, ma a mangiare, perché è Natale". "Si guardi bene lei dal riportare qui dentro i poveri: questo lo potrà fare quando la casa sarà sua!".

Io molto appenata ricorsi dal Signore e Lui mi disse: "Speranza, dove non possono entrare i poveri, non devi entrare neppure tu: fuori da questa casa!". "Signore, e dove vado…?". Io conoscevo il Marchese di Zahara, che era una persona molto buona, e gli raccontai tutto quello che mi stava succedendo. Ed egli mi disse: "Non si preoccupi, Madre, che qui ci sono io".

[Successivamente] egli affittò una nuova casa in via del Pinar; e lì ci trasferimmo le Suore, le bambine e io…»3.

L’esperienza di via del Pinar, però, non durò più di tanto (solamente un paio d’anni), perché già nel marzo del 1929 lei comprese di dover realizzare una fondazione tutta nuova, distinta dall’Istituto a cui apparteneva.

2) La fondazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso

La passione che Madre Speranza avvertiva per le persone più bisognose della società iniziò a concretizzarsi solamente con la fondazione delle Ancelle dell’AM, avvenuta sempre a Madrid, la notte di Natale del 1930, in un piccolo appartamento preso in affitto in via Velasquez, n. 97.

Il programma apostolico di questa nuova Congregazione è magnificamente descritto in un brano del suo Diario, datato "maggio 1929".

Madre Speranza Alhama Valera RMI, Diario, maggio 1929:

«Nel mese di maggio del 1929 compresi come il Buon Gesù voleva che si realizzasse la fondazione di una Congregazione intitolata Ancelle dell’Amore Misericordioso, per aprire collegi ed educare in essi orfani poveri, figli di famiglie numerose e di classi modeste della società, le quali famiglie avrebbero dovuto aiutare per il sostentamento dei loro figli a misura delle loro possibilità; e inoltre collegi per bambini e bambine anormali, come pure case di accoglienza e di assistenza per ogni categoria di bisognosi [...].

Nello stesso tempo compresi che in questi collegi i bambini ricevessero una solida educazione; e inoltre, quelli che per la loro intelligenza ne fossero capaci, potessero accedere a degli studi superiori [...], perché questo, in genere, non sta alla portata dei poveri, meno ancora in Spagna dove l’educazione degli stessi poveri è alquanto trascurata. E proprio per questo motivo, si avvicina una terribile rivoluzione4: i poveri infatti, a causa della loro scarsa preparazione sia religiosa che intellettuale, si trovano in uno stato miserevole [...].

Cosicché mi si ordina di affrettarmi, perché, una volta impiantata questa lotta, non si potrà realizzare la fondazione...».

Si trattava quindi di operare soprattutto per i figli delle classi più umili della società (sia di destra che di sinistra), predisponendo per loro delle strutture di accoglienza dove si potesse respirare il più possibile un clima di famiglia; e dove, insieme al necessario per vivere, si potesse ricevere anche una formazione solida e completa, per affrontare dignitosamente le sfide della vita.

Ma come fare per tradurre in atto un simile programma apostolico, senza disporre dei mezzi necessari e in un contesto sociale e politico così difficile?

Tutti sappiamo che questo miracolo si compì essenzialmente per due motivi: da una parte, la grande dedizione personale di Madre Speranza e delle sue Suore, a partire da quella notte di Natale del 1930; e dall’altra, il grande aiuto materiale che la Divina Provvidenza mise a disposizione della nuova Congregazione per mezzo di una nobildonna di Bilbao: la Sig.na Pilar Arratia.

In questo modo, nel 1940 (cioè dopo dieci anni dalla fondazione), quando le due Protagoniste di questa vicenda si trasferiranno definitivamente a Roma, la Congregazione delle Ancelle dell’AM disponeva già di una decina di Case, nelle quali venivano accuditi stabilmente circa un migliaio di bambini.

E proprio all’interno di questo quadro generale di assistenza nei confronti dell’infanzia più bisognosa, va inserita un’altra grande opera umanitaria che le Ancelle di Spagna realizzarono durante gli anni della Guerra civile.

3) Il rimpatrio dei cosiddetti "bambini baschi"

Ricordiamo che la Guerra civile spagnola è durata dal 1936 al 1939; che è stata combattuta da due bandi contrapposti: i Repubblicani (socialisti e comunisti) e i Nazionalisti (franchisti e fascisti); e che è stata vinta da questi ultimi.

Ora, all’interno di questo conflitto intestino, si è prodotto anche un altro fenomeno particolarmente inquietante: quello della deportazione massiccia di minori (tra i cinque e i quindici anni), da diverse parti della Spagna repubblicana, sotto il coordinamento del Governo filo-comunista dei Paesi Baschi.

Essi furono inviati soprattutto in Francia, Belgio, Inghilterra, Russia e Messico... Per alcuni la finalità era quella di sottrarli agli orrori della guerra; per altri era quella di istruirli nella dottrina e nell’esperienza comunista.

Sulle cifre non c’è pieno accordo, ma sembra che il totale dei deportati raggiunga le 30.000 unità: di questi, una metà circa tornò subito (diciamo prima del 1940); altri tornarono negli anni successivi; altri non tornarono più...

Perché stiamo parlando di questo argomento? Perché, con la riconquista di Bilbao da parte dei Nazionalisti (giugno 1937), ha avuto inizio anche l’opera di rimpatrio di questi cosiddetti "bambini baschi": si trattava cioè di rintracciarli all’estero, di ricondurli in Spagna e di riconsegnarli ai loro familiari.

Orbene: una simile impresa umanitaria è stata patrocinata e coordinata dalla stessa Santa Sede (Pio XI prima e Pio XII poi), per mezzo del Delegato Apostolico Mons. Ildebrando Antoniutti, giunto in Spagna nell’agosto del 1937; e questi aveva la sua base operativa proprio a Bilbao, nello stesso edificio residenziale della Sig.na Pilar, in via Hurtado de Amézaga; e un gran numero di questi minori hanno transitato precisamente per i Collegi dell’AM, specie quello di Bilbao in via Zabàlburu, anch’esso proprietà della Sig.na Pilar5; e alla fine del 1939, quando era già iniziata la Seconda guerra mondiale, una cinquantina di questi minori erano ancora ospitati e assistiti dalle Suore di Madre Speranza.

Permettetemi di presentare alcuni frammenti documentali.

Mons. Ildebrando Antoniutti, Rapporto al Card. Pacelli, 17.8.1937:

«Eminenza Rev.ma…, per provvedere all’alloggio e all’assistenza dei [bambini] più poveri, almeno nei primi mesi dopo il loro ritorno, fino a quando si potranno rintracciare le rispettive famiglie, ho ottenuto da una buona signora di Bilbao alcuni locali già attrezzati allo scopo6.

Pel mantenimento dei bambini si richiederebbe, secondo i calcoli, una peseta e mezza al giorno (circa cinque/sei lire a testa).

Naturalmente non è possibile dire quanti bambini potremo assistere, perché ciò dipenderà dalle circostanze...».

Mons. Ildebrando Antoniutti, Rapporto al Card. Pacelli, 17.11.1937:

«Em.za Rev.ma, superate felicemente le numerose difficoltà avanzate dal Comitato basco e dal Comitato comunista di Londra contro i passi da me fatti pel ritorno dei fanciulli rifugiati in Inghilterra, il primo gruppo di essi è giunto alla frontiera spagnola sabato 13 corrente. Era accompagnato dal mio rappresentante, Sac. Gabana. I fanciulli sono stati accolti con grandi manifestazioni di esultanza, mentre le autorità ed i parenti hanno avuto parole di profonda e commossa riconoscenza verso il Santo Padre, per l’interesse con cui si occupa di queste povere innocenti vittime della guerra [civile].

Fra giorni arriverà dall’Inghilterra un secondo gruppo di un centinaio di fanciulli; altri seguiranno nelle successive settimane.

Dal Belgio viene ogni settimana un contingente di 50/60 fanciulli. Il gruppo dei piccoli rifugiati in Svizzera giungerà alla fine del mese. I bambini rifugiati in Francia ritorneranno, quasi tutti i giorni, a gruppi di 5/10. Questi purtroppo hanno sofferto più di tutti, moralmente e fisicamente.

Al loro ritorno [in Spagna] li ospitiamo e li assistiamo per qualche tempo in un Istituto di Bilbao, per poterli restituire alle famiglie in buone condizioni di corpo e di spirito…».

Madre Perez del Molino, Contabilità Casa Bilbao, anno 1937:

«Sabato, 30 ottobre, arrivarono dalla Francia 76 minori...

Venerdì, 5 novembre, arrivarono dal Belgio 54 minori...

Sabato, 13 novembre, arrivarono dall’Inghilterra 16 minori...

Sabato, 20 novembre, arrivarono dall’Inghilterra 54 minori...

Mercoledì, 24 novembre, arrivarono dal Belgio 48 minori...

Venerdì, 3 dicembre, arrivarono dall’Inghilterra 57 minori...

Mercoledì,15 dicembre, arrivarono dal Belgio 71 minori...».

Sig.na Pilar Arratia, Lettera a Mons. Pasetto, 19.10.1939:

«Ecc.mo e Rev.mo Monsignore..., dalla lettera che la Madre [Speranza] dirige a Padre Postius, potrà vedere come questa povera Fondatrice è comple-tamente abbandonata dal Vescovo di Vitoria [Mons. Lauzùrica], che è il primo ad ignorare il grande lavoro che queste Suore svolgono nella sua Diocesi, dove accolgono [stabilmente] più di 400 orfani, dei più miserevoli e abbandonati, e reggono inoltre anche due case per bambini handicappati...

E oltre a questi 400 orfani, ricevono le spedizioni di minori che vengono ricondotti in Spagna e che durante la guerra furono ripartiti per molte Nazioni. Il rimpatrio lo iniziò il Santo Padre ed Egli abbonava tutto il costo alle Ancelle. Adesso l’opera continua per conto del Governo Spagnolo; e credo che saranno stati più di 10.000 i bambini ricevuti nelle Case di San Sebastian e di Bilbao.

Questi bambini portano con loro tutte le miserie immaginabili, morali e materiali [...]. E il Vescovo [di Vitoria], senza curarsi affatto della grandissima necessità, solo aspetta il Decreto che dissolva questa Congregazione...».

Madre Speranza Alhama EAM, Lettera alla Sig.na Arratia, 19.10.1939:

Carissima Pilar..., noi [siamo] stanchissime con i rimpatri; arrivano infatti in quantità molto numerose e molto frequenti e ci risulta impossibile assisterli come si dovrebbe. Non ci sono letti per tutti [...]. Perché ti possa fare un’idea della situazione, ti dico che sabato mattina hanno fatto colazione in casa [a Bilbao], tra i nostri bambini e i rimpatriati, in 510.

E’ veramente disastroso vedere come arrivano queste creature dal punto di vista morale, soprattutto quelle dei campi di concentramento francesi.

Che pena, figlia mia, vedere cinque di queste ragazze – la maggiore avrà avuto 17 anni – prossime ormai ad essere madri!...».

 

4) La mensa popolare a Roma, sulla via Casilina

Nel giugno del 1940 Madre Speranza si è trasferita a Roma, nel tentativo di arginare l’opera di denigrazione che era in atto contro la sua persona e la sua Congregazione; e da allora la sua residenza stabile è rimasta sempre in Italia.

Erano quelli gli anni della Seconda guerra mondiale: un periodo nel quale le emergenze umanitarie erano all’ordine del giorno; e con esse anche la possibilità di esercitare molteplici opere di carità a livello materiale e spirituale.

Ricordiamone brevemente alcune, che sono relative al periodo da lei trascorso a Villa Certosa, sulla via Casilina, durante gli anni 1940-1948:

  1. L’accoglienza della popolazione nei sotterranei della Casa durante i bombardamenti sul quartiere Casilino, avvenuti nel luglio e agosto del 1943 e nel gennaio del 1944 ad opera degli alleati Anglo-americani;
  2. L’assistenza sanitaria ai numerosi feriti (anche gravi), prodotti nei pressi della Casa durante i suddetti bombardamenti;
  3. La protezione ad alcune decine di soldati italiani in fuga dopo la caduta del fascismo e l’occupazione tedesca di Roma (settembre 1943);
  4. La preghiera pubblica per tutti i caduti in guerra e per la pace;
  5. L’accoglienza a fine guerra di un gruppo di soldati spagnoli della Divisiòn Azul, reduci dalla campagna di Russia al fianco delle forze dell’Asse.

Ma, da questo punto di vista, l’iniziativa più emblematica (anche per i risvolti straordinari che ha avuto e per l’abbondanza delle testimonianze) è stata sicuramente quella della mensa popolare che Madre Speranza, insieme alle sue Suore, ha avviato sulla via Casilina a partire dal 1° novembre 1944.

Per inquadrare meglio il discorso, ricordiamo: che per quella data Roma era già stata liberata dall’occupazione tedesca (4 giugno 1944) e la guerra si era spostata verso il nord Italia; e che la Fondatrice non poteva più avvalersi del sostegno morale e materiale della Sig.na Pilar Arratia, essendo questa deceduta improvvisamente – e santamente – il 29 agosto di quello stesso anno.

Con questa iniziativa, dunque, si offriva un primo caldo e dei panini imbottiti, da consumare sul luogo o da portare via. All’inizio, oltre alle persone di Casa, ne usufruivano gratuitamente i poveri della zona e i Padri della Parrocchia di San Barnaba; finita la guerra invece (estate 1945), si aggiunsero numerosi bambini delle colonie estive, e – dietro un modesto compenso – anche molti operai pendolari... Talvolta si arrivava anche alle mille unità giornaliere.

Questo servizio passò poi da Villa Certosa alla nuova Casa Generalizia (settembre 1948); e andò riducendosi con il mutare del contesto sociale...

Anche qui, rivisitiamo alcuni frammenti documentali.

Madre Speranza Alhama Valera EAM, Diario, 10.9.1944:

«10 settembre 1944. Oggi mi sono distratta e il Buon Gesù mi ha detto che allontani da me la tristezza che invade il mio cuore; che Egli desidera che, avendo portato con sé a Pilar, mi dedichi appieno a soccorrere tutti i bisognosi, che dopo questa crudele guerra saranno numerosi; che non pensi più al lavoro di confezione delle camicie, perché Egli farà in modo che non mi manchi il necessario per dare da mangiare a quanti si presenteranno a questa piccola Casa; che qui, con sacrifici e preoccupazioni e sola umanamente, mi dedichi appieno a dar da mangiare a tutti i bisognosi, "che certamente saranno molti di più di quelli che tu puoi immaginare"; e che Lui mi prometteva che, da questo momento, non mi sarebbe mancato nulla del necessario.

[Mi ha detto] che accogliessi generosamente tutti, fossero o no della nostra Parrocchia, e che impegnassi in questo servizio ai suoi poveri tutte le Figlie, perché Egli vuole che si veda che questo lavoro non si fa con i soldi di Pilar, ma con la sua Provvidenza e la collaborazione delle sue Ancelle... E mi ha ripetuto di allontanare da me la tristezza che mi paralizza le forze di cui oggi ho bisogno per poter lottare con più di mille persone prive del necessario...».

Madre Perez del Molino EAM, Appunti, ottobre 1944:

«Verso la metà di ottobre del 1944 nostra Madre, d’accordo col Parroco [P. Vincenzo Clerici FMI], istalla nella nostra Casa un cucina economica per dare da mangiare ai poveri. Solo l’istallazione le costa 43.000 lire. Nostra Madre aveva chiesto un prestito di 80.000 lire per queste spese, ma la signora che le aveva prestate ne ebbe bisogno e le richiese, sicché lei non aveva più nulla.

Il commerciante che le vendette e le collocò la cucina, esigette subito il pagamento; ma quella stessa sera venne un signore, che non volle dire chi era, e consegnò a nostra Madre una busta con 43.000 lire».

Madre Speranza Alhama Valera EAM, Diario, 1.11.1944:

«1° novembre 1944. Oggi, alle undici, si è aperta in questa Casa la cucina per dare da mangiare qui a tutti i poveri che verranno, o portando il cibo alle loro case. Il pranzo è quasi sempre un buon piatto di pastasciutta o minestrone (si può dire che sono due piatti per ogni persona, perché questi barattoli [del latte in polvere] pieni fanno due piatti), un panino di duecento grammi imbottito con carne o affettato, meno il venerdì che si darà una frittata. Per tutto ciò gli si farà pagare 20 lire; ma a chi no le ha, non gli si chiederà niente».

Madre Speranza Alhama Valera EAM, Diario, 25.12.1944:

«25 dicembre 1944. In questo giorno tutto il mio desiderio, già da tempo, era di poter dare a tutti i poveri un bel pranzo gratuitamente. E così ho detto al Parroco che avvisasse in Parrocchia che venissero qui tutte le famiglie povere a prendere il cibo gratuitamente, per portarselo nelle loro case, in modo che le famiglie riunite vi possano festeggiare [serenamente] le feste di Natale.

Il Buon Gesù mi ha ascoltato ed è stato molto generoso; e così abbiamo dato per ogni persona un bel piatto di pasta con [sugo] e formaggio, un panino di duecento grammi con un bel pezzo di carne, e un bel pezzo di torrone.

E’ degno di annotarsi più col cuore che sulla carta l’emozione che si avvertiva nel vedere l’abbondanza con cui il Buon Gesù infondeva la sua Provvidenza sopra questi alimenti, perché dopo aver distribuito a più di mille persone, ancora ne avanzò a sufficienza per altri due o tre giorni. Del torrone, poi, ne ho potuto mandare alle dieci Case di Spagna, per le mie Figlie e i bambini, qualcosa credo come 128 kg; e in questa Casa le Suore e le bambine hanno continuato a mangiarlo per tutto il mese di gennaio e febbraio...».

Nel corso di quelle festività natalizie le distribuzioni gratuite si sono poi ripetute più volte: e puntualmente la Divina Provvidenza ha fatto la sua parte.

Dalle cose dette fin qui, Madre Speranza Alhama Valera appare come una persona quanto mai intraprendente, pronta ad intervenire in modo concreto per alleviare le necessità primarie di diverse categorie di persone (bambini e ragazzi, poveri e operai, profughi e feriti, malati e anziani...); pronta, cioè, ad esercitare le più svariate opere di misericordia corporale.

E per fare tutto ciò, lei si è avvalsa non solo dei suoi carismi speciali (tipo moltiplicazione degli alimenti), ma anche dell’aiuto generoso delle sue Religiose e dei suoi Religiosi (si pensi, ad esempio, alla conduzione congiunta tra le due Congregazioni del Collegio Don Ricci di Fermo, dove sono transitati migliaia di bambini, ragazzi e giovani delle classi più umili della società).

Ma c’è ancora un punto da evocare: la sua dedizione a tempo pieno alla pratica delle opere di misericordia spirituale, specie nei confronti di persone bisognose di un consiglio, un richiamo, un conforto o una preghiera...

 

5) L’accoglienza individuale dei pellegrini a Collevalenza

Il 18 agosto del 1951 la Madre Fondatrice si è trasferita dalla Città Eterna a Collevalenza di Todi, per passarvi praticamente gli ultimi trenta anni della sua vita: venti, nell’impegno attivo; dieci, nel progressivo ritiro...

Durante questo periodo, dunque, Madre Speranza: ha ripreso finalmente la guida diretta della sua Congregazione femminile; ha consolidato gradualmente la Congregazione maschile da poco fondata; e si è impegnata coraggiosamente nella costruzione del Santuario e delle altre opere annesse.

E in mezzo a queste molteplici attività, lei ha trovato anche il tempo per ricevere individualmente moltissime persone che venivano a consultarla.

Questa accoglienza: è iniziata in sordina nel gennaio del 1959; si è protratta a pieno ritmo dal 1960 fino al 1973; e si è andata poi riducendo negli anni successivi, con il progressivo declino delle sue forze fisiche...

Nei periodi più intensi arrivava a ricevere anche 60 persone al mattino e 60 persone al pomeriggio, per complessive 4 ore di tempo.

I pellegrini ricorrevano a lei per problemi morali, corporali o anche materiali; e le domandavano un consiglio, un aiuto o almeno una preghiera.

Da parte sua, Madre Speranza accoglieva e ascoltava con attenzione; poi rispondeva e prometteva orazioni. Nel fare ciò, poteva essere guidata dalla sua stessa sensibilità innata; oppure da qualche speciale illuminazione dall’alto. In alcuni casi preveniva completamente i suoi interlocutori, facendo così capire che già conosceva la situazione; in altri casi invece era lei stessa a dare un aiuto economico per alleviare qualche emergenza... Spesso le persone uscivano in lacrime dal suo salottino, toccate dalle sue parole e dalla grazia del Signore...

Possiamo dire pertanto che con questa serie pressoché infinita di incontri individuali: lei ha saputo ridestare la speranza in molti cuori; ha rivelato quanto fosse profetico il nome che la Divina Provvidenza le aveva assegnato; e ha esercitato magnificamente molte opere di misericordia spirituale.

Riascoltiamo la descrizione che lei stessa ne fa in una delle sue Circolari.

Madre Speranza Alhama Valera EAM, Circolare, 19.12.1959:

«Cari Figli e Figlie, io debbo dirvi che vivo giorni di vera emozione e consolazione: sia per la fortuna che il buon Gesù mi ha concesso di poter soffrire qualcosa per la gloria e il trionfo della devozione al suo Amore Misericordioso; come pure per la fortuna dell’incarico che in questi mesi vengo disimpegnando nella Casa di nostro Signore, l’incarico cioè di portinaia per quelli che soffrono e vengono a bussare a questo nido d’amore, affinché Lui, come Padre buono, li perdoni, si dimentichi dei loro errori e li aiuti in questi momenti di prova. Qui sto ore e ore, giorni e giorni, ricevendo poveri e ricchi, anziani e giovani, tutti caricati di grandi miserie o morali o corporali o materiali.

E terminata la mia giornata, vado a presentare al buon Gesù – piena di fede, di confidenza e di amore – le miserie di ciascuno, con la certezza di non stancarlo mai. Egli infatti, come vero Padre, mi sta già aspettando: affinché io interceda per tutti quelli che sperano da Lui il perdono, la salute, la pace e il necessario per vivere; e affinché gli dica a nome di tutti loro, non una ma molte volte: "Padre, perdona loro e dimentica ogni cosa! Sono anime deboli che, nella loro infanzia, non sono state nutrite col solido alimento della fede; e che oggi, attaccate al fango pesante della natura e spinte dal forte vento della corruzione, non hanno la forza per navigare e precipitano nel fondo del mare".

E il Signore – che è tutto Amore e Misericordia, specialmente con i figli che soffrono –, non mi lascia a mani vuote: e così, con immensa contentezza, vedo che rimane confortato il gran numero di anime che si affidano all’Amore Misericordioso. Che emozione sente questa povera creatura davanti all’amore e alla delicatezza del nostro Padre buono!

Certo, Egli è un Giudice giusto; ma è anche un Padre che ci ama e che sa perdonare e dimenticare le nostre miserie, se pentiti ricorriamo a Lui».

Integriamo questo paragrafo con una testimonianza molto bella nella forma e nella sostanza: si tratta di una lettera che una signora di origine italiana e residente in Argentina ha inviato al Direttore di un giornale locale, il "Corriere degli italiani / Correo de los italianos", per riferire di un suo viaggio in Italia e a Collevalenza, con relativo incontro personale con Madre Speranza, nel 1959.

Sig.ra Maria Ciani Moròn, Pellegrinaggio a Collevalenza, gennaio 1960:

«Pellegrinaggio a Collevalenza.

Caro Direttore, sono andata in Italia dopo quasi dodici anni di assenza. Non ho fatto un viaggio di piacere, ma un vero e proprio pellegrinaggio di fede, di amore verso Dio, che qui avevo dimenticato, immiserita da problemi economici, attaccata ad illusioni soprattutto materiali, terrene.

Dio esiste, l’ho ritrovato là; e ormai vivo con lui per non distaccarmene più. Solo così alleggerisco le pene quotidiane, supero i miei problemi.

Malata, disfatta, succube di dolori fisici e morali inenarrabili, credevo di non fare più ritorno, pensavo che la mia vita finisse durante la navigazione o subito al di là dell’oceano. Tali erano le mie condizioni.

Ma con la mia fede, da non confondere col bigottismo o la superstizione, ho vinto la morte. Questo è capitato a me. E se ho ritrovato la via, la pace del cuore, la gioia e la ragione di vivere, a chi lo debbo?

In un angolo della nostra Patria, in una borgata sperduta tra i monti, dove troneggia un Santuario all’Amore Misericordioso di Gesù – il primo nel mondo – vive una Suora. E’ spagnola, emigrata. Illuminata dal Signore ha fondato la Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso per diffondere la devozione [all’AM], per la salvezza delle anime e la cura del corpo di coloro che a lei ricorrono fiduciosi. [...] Madre Speranza è il suo dolcissimo nome.

L’Altissimo nello scegliere la prediletta, ha voluto significare anche attraverso il nome la Sua infinita Misericordia. Infatti Madre Speranza sostiene che Dio non deve essere "riguardato come giudice, ma come Padre che sta ad aspettare il figliol prodigo; e gli uomini debbono conoscerlo non come Padre offeso dalle ingratitudini dei figli, ma come Padre buono che cerca tutti i mezzi per confortare, aiutare e rendere felici gli stessi figli, e li cerca con instancabile amore come se non potesse essere felice senza di loro".

Lei è la Portinaia del Signore. L’ha annunciato ai numerosi fedeli che vanno in pellegrinaggio ogni giorno a Collevalenza, chiedendo aiuto, consiglio, pace, ricostruzione e salute. E’ un’anima privilegiata, un vero dono di Dio in questo secolo inquieto. Tutta la sua opera, che è molteplice, è un segno divino. Tutti i suoi frutti, e sono tanti, doni sublimi.

Uscita da un convento di stretta clausura per aiutare i bisognosi e i sofferenti, ha dato vita a ventotto Istituti sparsi in Italia, Spagna e Germania, assolvendo compiti che vanno dalla educazione dei giovani, all’alloggio dei Sacerdoti, dalla rieducazione dei minorenni, alla formazione di studenti.

Io sono andata personalmente da lei. Mi ha guarita. Non esagero, voglio solo fare il mio atto di gratitudine. Madre Speranza ha bussato alle porte del Signore anche per me, mi ha teso le sue mani stigmatizzate, mi ha ripreso da una caduta quasi mortale, mi ha accompagnata giorno per giorno nella mia ricostruzione. M’ha ridato la vita. Sarebbe un assurdo fare una confessione sulle pagine di un giornale, ma questa è la verità.

Così è per tutti quelli che a lei ricorrono. [...]

Una piccola Suora, titanica nella Sua opera, semplice nelle Sue espressioni, ma efficacissima. Per ogni fedele che la consulta e ne ottiene la gioia di un colloquio, ha la parola adatta e il consiglio. Ne conosce i problemi e li risolve con semplicità materna. A volte, rivela te a te stesso, o colui che credi di conoscere in una determinata forma, che è invece diametralmente opposto. Prodiga il sorriso ma, a seconda dei casi, non nasconde il suo malcontento e la Sua severità che scuote e convince. E’ dolce e forte, ti si accosta proprio come una Madre, senza perderne l’autorità e il prestigio. Io ricorrevo a lei per confidare infinite cose, senza potergliele dire. Era lei che, trascurando i particolari, mi parlava dell’essenziale, mi veniva incontro sollecita e premurosa.

Quando già guarita e prossima alla traversata dell’oceano per ricongiungermi alla famiglia, in uno degli ultimi colloqui, mi presentai ad essa con il latente desiderio di un dono, che non osavo chiedere. Madre Speranza, come suggerita dalla Volontà di Dio che nulla ignora, volle compiacermi offrendomi "proprio" l’oggetto che ardentemente desideravo7. Con questo prezioso omaggio sono tornata più sicura che mai di continuare felicemente la lotta per la vita, accanto ai miei figli, sotto la sua preziosissima protezione; e come il mondo dello spirito non ha confini, non conosce distanze, io sono spesso lassù accanto a lei, nel grande Santuario; non solo, ma sento che lei maternamente mi è vicina e mi sostiene. Lo sento con certezza che non ammette dubbio.

Madre Speranza, la Portinaia del Signore, è senz’altro la mia protettrice, divinamente umana, che mi fa vivere nella verità e nella luce che è Dio, il Padre infinitamente Misericordioso.

Caro direttore, la ringrazio per avermi dato modo di esprimere quello che sento. Gennaio 1960. Maria Ciani Moròn».

Per completare la serie degli spunti relativi alle opere di misericordia spirituale, diciamo semplicemente che, oltre al dialogo personale con i pellegrini (con il quale la nostra Protagonista ha potuto consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori e consolare gli afflitti...), nella sua vita sono ugualmente numerose le situazioni nelle quali ha saputo perdonare le offese, sopportare le persone moleste, e pregare Dio per i vivi e per i morti...

Conclusione

Proviamo a concludere il nostro discorso, esprimendo un auspicio finale: che il confronto con la vita della Beata Speranza di Gesù (Alhama Valera) possa produrre in noi una maggiore concretezza nella vita di fede, così come ci chiede anche l’Anno Santo della Misericordia che stiamo celebrando.

Rimane sempre vero infatti che non possiamo dire di amare Dio che non si vede, se non amiamo simultaneamente il fratello che si vede (cf. Gv 4,20): e tale amore consiste sempre nell’accoglierlo e nel farsi carico delle sue necessità materiali e/o spirituali, per tentare in qualche modo di alleviarle.

E’ quanto la stessa Madre Speranza chiedeva un tempo al Signore per le sue Congregazioni Religiose; ed è quanto anche noi vogliamo chiedere oggi per quanti aderiscono alla Famiglia carismatica dell’Amore Misericordioso:

Madre Speranza Alhama Valera EAM, Riflessioni del 1949 / 9,89:

«Fa’, Gesù mio, che la carità delle Figlie e dei Figli sia sempre compassionevole verso i più bisognosi; e che li aiutino sempre, in quanto l’obbedienza lo permetta; e che qualora si trovassero senza cose da dare, sappiano offrire almeno un buon gesto e una buona parola. Aiutali, Gesù mio, perché giammai si tirino indietro davanti al sacrificio o ai difetti dei poveri; e perché arrivino a fare tanto del bene alle anime anche con il buon esempio e la preghiera».

Grazie a tutti per l’attenzione.

Padre Gabriele Rossi FAM


1 Dovrebbe trattarsi, appunto, del Natale dell’anno 1927.

2 Il Dittatore che ha governato la Spagna dal settembre del 1923 al gennaio del 1930.

3 Questo non avvenne immediatamente, ma verso la fine del 1928 e l’inizio del 1929.

4 Si tratta, appunto, della Guerra civile spagnola che è durata dal 1936 al 1939.

5 Era la famosa "Casa dell’Ave Maria", oggetto di tanti contrasti con Don Doroteo Irizar.

6 Si tratta appunto della Sig.na Pilar Arratia e del suo Collegio di via Zabàlburu, n. 2.

7 Potrebbe trattarsi della Corona del Rosario.