Carissimo,
parliamo, scriviamo, ma ogni parola è "contro"
di noi, ogni parola accusa me, la mia distanza,
la mia paura.
Così, scrivevo, tempo addietro, "La violenza di
Cristo", e mi riferivo al messaggio del Regno
che pose Cristo in conflitto mortale con il suo
tempo. Recentemente, mi domandavo che cosa
potesse significare il Natale per chi soffre,
per le famiglie esposte alle gravi questioni
della vita, e citavo la "Parola del Vescovo / Vi
auguro un brutto Natale".
Adesso, mi sgomenta una verità che ho letto e
che è rivelazione: "Il volto di Dio incomincia
dal volto dell’altro".
Dio presente nell’uomo, la verità
inimmaginabile, imprevedibile, di un Dio che
viene sulla terra, che decide di "decadere"
dalla sua situazione di Dio. Fuori dal tempo e
dallo spazio, inaccessibile, inconcepibile, un
Dio che nasce dal grembo di una ragazza, pronto
a condividere i giorni dell’uomo, le vicende del
mondo.
L’Onnipotente che diventa vulnerabile,
irreparabile impotenza, infinita debolezza, che
segna la sua traccia sul volto di ogni uomo
sfigurato, sfregiato dalla guerra, dalla fame,
dall’ingiustizia.
Il volto di Dio che "incomincia" dal volto dei
fratelli. É questa identificazione che va fatta,
questo lasciarci coinvolgere in ciò che sul
volto dell’uomo si manifesta. Qui, Dio ha posto
l’impronta della sua essenza.
Decisivo, prorompente il monito di
sant’Agostino: "Il corpo di Cristo giace su
tutta la terra, guai a metterci il piede di
sopra, guai a calpestarlo!".
Fare crocevia di lotta, scelta di campo,
denunzia, altare fra la gente, sfida, recapito
delle cause, indignazione critica contro tutte
le strutture ingiuste, voce delle nuove povertà,
delle tante sofferenze che gemono nei sepolcri,
accorgerci del volto di Cristo che incrocia la
carne di ogni uomo povero, debole.
È la fede che ci interpella, che ci accusa!