P A S T O R A L E

g  i  o  v  a  n  i  l  e

p a s t o r a l e  g i o v a n i l e

     Sr. Erika di Gesù, eam

Radici di una fede viva

— Lettera aperta a Madre Speranza —

Per credere ci vuole occhio ...

 

Cara Madre!

Oggi una consorella mi ha donato una piccola icona di Maria insieme a Gesù: la Tutta Santa guarda il Figlio adolescente, che alza la mano destra mostrando con le dita la sua dignità divina.

Tre sono le Persone della Santissima Trinità, due le nature di Gesù: divina ed umana.

Michele e Raffaele ai lati dell’icona centrale, risplendono quali guardiani saggi e prudenti.

Nel contemplarla, mi sono commossa.

Maria ha uno sguardo dolcissimo, estasiato.

Completamente ricoperta di un rosso mantello, presenta Gesù con il desiderio di aiutarci a fissare a nostra volta lo sguardo sul Figlio.

Maria, sì, ha occhio.

Occhio sul Figlio.

Occhio su di noi, figli adottivi e, pertanto, un po’ ribelli dentro, portati a dubitare sempre dell’amore di una madre. Anche una Madre così!

Vorrei rivolgermi a te, cara Madre, per presentarti le domande che porto dentro.

Una maternità come la tua, a somiglianza di Maria, è dono di Dio.

Dicevi di amare le figlie, i figli, i poveri con un amore immenso, che viene dopo soltanto a quello di Gesù e Maria…

Allora, aiutami a ritrovare le radici della mia fede! Perché in questa fede viva possa radicare i giovani, miei fratelli.

Non tutti siamo cresciuti conoscendo Gesù, Maria.

Che il bambino si abitui a vedere in Dio un Padre pieno di bontà, così hai creduto e per questo hai lottato e sofferto, ai tuoi tempi.

La storia, cara Madre, si ripete. I nostri tempi non sono poi tanto diversi dai tuoi.

Quante cose rare, diresti nel tuo spagnolo-italiano, hai visto sulla terra, ma anche ora dal Cielo, se dai un’occhiata, rimani stupita.

Mio nonno diceva: "Ogni generazione ha la sua guerra".

Tu ne hai vissute almeno due, di guerre: quella civile dell’amata Spagna, e la guerra infernale che ha coinvolto il mondo intero.

Mi chiedo: la mia guerra qual è, quale sarà?

Non riesco a vederla.

Intuisco che, se riuscissimo a vederla, potremmo fare qualcosa per prevenirla o combatterla!

Non ne se mi sbaglio, ma ho l’impressione che la tua affermazione: La maggiore povertà non è quella materiale, ma quella spirituale, sia tanto più vera per noi, oggi.

Si tratta di una guerra subdola, che non fa rumore, fuori.

Ma dentro, i nostri ragazzi sono preda dei cacciabombardieri più potenti del mondo!

Immagini, colori, luci, parole… tutto li stordisce come in una pioggia di bombe, tanto fitta, come una coltre di nebbia.

Chi li aiuterà a vedere Dio, oltre la nebbia?

A conoscerlo come Padre buono, mentre disegna i nostri lineamenti con tanta originalità, che nessuno è uguale ad un altro?

La chirurgia plastica cancella i segni del volto che ci rendono unici al mondo. Torniamo ad essere massa informe, anche per Dio.

Mentre tu, Madre, dicevi che per quanto piccoli, siamo sufficientemente grandi perché il nostro buon Padre si occupi di noi con la stessa premura come se fossimo soli al mondo.

Lui ci vede, anzi ci guarda a lungo, incantato, come un’artista davanti al suo capolavoro.

Questo sguardo, però, bisogna imparare a vederlo.

I giovani sono tanto presi dalla ricerca di forti emozioni, che quando parliamo con loro di Gesù sono capaci di mettere in dubbio tutto: il Vangelo, la storia, la nostra stessa esistenza…

Hanno occhi e non vedono.

Senza vedere, senza certezza del domani, tutto diventa lecito.

Presto, troppo presto la noia farà da padrona.

La vita è facile, la fede banale. Non mi impegna più di tanto.

A Messa "Non mi va, mi annoio", quindi posso saltarla tranquillamente.

Anche a Natale.

La miseria chiude l’anima rendendola incapace di riconoscere il bene che le si fa. Così dicevi, ai tuoi tempi.

E oggi, con te ripetiamo: la miseria spirituale acceca gli occhi dell’anima.

Chi ci darà occhi nuovi per smascherare la macchina implacabile del nemico?

Orecchio…

Durante gli esercizi spirituali con i giovani, nel tempo di Natale, abbiamo incontrato Maria, Giuseppe, i pastori, i magi e il povero Erode. In un presepe reale, dove ciascuno possa trovare il proprio posto.

Chi siamo noi? Chi vogliamo essere?

Maria che custodisce nel cuore il senso degli eventi?

Giuseppe che, perfino in sogno, si fida del Signore e della sua promessa Sposa?

Qualcuno che scruta la Scrittura e riconosce che il tempo è compiuto, che l’incontro con il Re da adorare, da baciare… è ormai prossimo?

Siamo cercatori di Dio?

Svegli o addormentati? Curiosi come i pastori o egoisti come Erode?

Qualcuno che risponde volentieri al progetto del Padre, che accoglie un Dio assetato della nostra vera felicità? O uno che teme il Padre come un rivale che minaccia la nostra sete di potere, della felicità ad ogni costo, anche al costo della morte di Dio?

In uno dei presepi che abbiamo visitato con i ragazzi a Massa Martana, i personaggi, ad altezza naturale, avevano occhi ed orecchi grandi… per vedere e ascoltare meglio.

Anche tu, Madre, avevi orecchie grandi.

Con rispetto per te, che non le mostri perché coperte dal velo, ma sappiamo che le hai grandi. Perché sai ascoltare.

… e la luce del cuore!

Con i ragazzi del capodanno in famiglia abbiamo visto un film, La fabbrica di cioccolato, per cercare poi di leggere la nostra rete di relazioni.

I protagonisti abitano in una casa storta, come la torre di Pisa.

Una casa povera, che si regge su un piano inclinato.

Per vivere, bisogna avere equilibrio. Cercare un equilibrio nella apparente instabilità.

Con il passare del tempo, con i venti contrari, la casa potrebbe essere abbattuta. Potrebbe perdere la luce originaria.

Quella casa mi ricorda un po’ la tua, al Siscar, una barraca piccola, instabile, poverissima.

Eppure, la tua famiglia non ha perso l’equilibrio.

Il fiume ha inondato la casa, ma non ha spento la luce della tua famiglia.

Fidandovi di un Dio a cui nulla è impossibile, siete andati avanti.

Avete acceso la luce, ancora una volta.

Il tuo cuore illumina cento case, ormai. E un giorno anche di più.

Nel film, quando il soffitto della casa viene abbattuto dall’ascensore di cristallo del protagonista, la famiglia incontrerà un futuro migliore.

Alla fine, tutti uniti attorno alla mensa, come unica famiglia, avranno il cuore rinfrancato e felice.

Cara Madre, dacci una mano perché occhi, orecchie e… cuore possano essere toccati dalla Luce, che tu ora vedi senza più veli, senza nebbia alcuna.

Aiutaci ad aprire, soprattutto il cuore, perché la tua fede viva risplenda anche in noi! E prendici per mano!

Grazie!

sr. Erika di Gesù

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ultimo aggiornamento 15 febbraio, 2013