è stato scritto: "La Chiesa gode di buona
salute soltanto se può disporre di martiri e di
monaci". Ci giuro sopra.
La contemplazione, come silenzio adorante,
ascolto contemplativo, stupore di Dio nei
fratelli.
Il martirio, come prova decisiva di eternità,
senza la quale la storia rischia di essere
soltanto zoologia.
I monaci e i martiri, capaci di difendere il
mistero, il cuore, la contemplazione, dalla
brutalità, dal cinismo, dalla aridità.
Notizia, sfida che accusa il nostro peccato più
grave, una colpa mai valutata, l’abitudine.
Certo, l’abitudine.
Rischiamo di morire, non c’è più sorpresa nella
nostra fede, non c’è innamoramento nei nostri
occhi.
Il mondo ci ha tolto lo scandalo del mistero.
Monaci e martiri, la vera predicazione è folle.
È uscire dall’abitudine, è trasalire, è
sorprenderci:
– è soffrire la nostalgia dell’Altro da
incontrare, da amare;
– è riconoscere nell’Altro le ragioni della mia
felicità;
– è morire dalla voglia di stare insieme;
– è reinventare la vita, la storia, il mondo,
con Qualcuno.
E questo Qualcuno è un Dio uomo, è Cristo.
Vorrei, sì, che tu ti innamorassi di Lui, che lo
sognassi, che Tu lo incontrassi.
Aiutami, ti prego, perché io l’incontri!