Carissimo,
allora, don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia e
beatificato come martire. Una vita, un dono, il
suo sguardo fanciullo, la sua mitezza, la sua
accoglienza di amore, i suoi occhi ospitali, il
suo cuore di "Beatitudine": "Beati i miti di
cuore perché possederanno la terra" (Mt 5,5).
Il
sorriso di questo prete che sapeva sorridere.
Dentro il quale si celebra il sorriso di quanti
credono, di quanti giurano che sarà giorno. La
Beatitudine di tutti i deboli che gettano nel
cuore della storia manciate di grano e di pace,
di tutti quelli che soffrono e si ostinano a
credere che il mondo non debba essere, per
forza, degli affaristi, dei predoni. Di quanti
sono pazzi, per giurare, per lottare, per
pensare un giorno che non è mai esistito, per
rinunziare alla "logica", che ha tante buone
ragioni ma che ci impedisce la libertà dei
grandi atti di coraggio.
Sono
ammalati, suore, giovani, che lottano per fare
misericordia, amore sulla terra. Sono anziani
che hanno nella bisaccia del ritorno la gioia
della casa del Padre, sacerdoti con il cuore di
Dio, cristiani su un terreno di presenza e non
di potenza, di servizio e non di predominio.
Sono giovani ai quali don Puglisi riesce a
trasmettere una vocazione per sognare, sono
ragazze-madri, alle quali sa offrire la
tenerezza, l’accoglienza della Madre.
Viandanti alla ricerca di Cristo incognito,
lungo la strada di Gerico e di Emmaus. Sì, sarà
giorno domani. Il giorno dei deboli. Nonostante
il buio pesto che calpestiamo, gli agguati della
notte, la violenza che ci assale, il terrore di
questo mondo brutale, ossessivo, mercantile.
Crederci fu la pazzia di don Puglisi.
Così
Eliot: "Vestito di speranza e di nudità, il
santo, anche nel massimo isolamento o
nascondimento, porta sulle sue fragili spalle il
peso del mondo". È questo "vestito di nudità",
questa freschezza, questo fascino evangelico, la
ragione del martirio di don Puglisi, di una
Chiesa povera e disarmata.