pastorale familiare |
Marina Berardi |
Il cuore e lo sguardo dei piccoli
I
bambini, ebbe a dire Papa Francesco, portano tante ricchezze all’umanità e tra le altre cose, "portano il loro modo di vedere la realtà, con uno sguardo fiducioso e puro. Il bambino ha una spontanea fiducia nel papà e nella mamma; ha una spontanea fiducia in Dio, in Gesù, nella Madonna. Nello stesso tempo, il suo sguardo interiore è puro, non ancora inquinato dalla malizia, dalle doppiezze, dalle ‘incrostazioni’ della vita che induriscono il cuore. Sappiamo che anche i bambini hanno il peccato originale, che hanno i loro egoismi, ma conservano una purezza e una semplicità interiore" (Udienza generale 18.3.2015).A loro, lo stesso Gesù riserva un’attenzione particolare tanto che "arriva al punto di presentarli agli adulti quasi come maestri, per la loro fiducia semplice e spontanea verso gli altri: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli» (Mt 18,3-4) (Amoris Laetitia 18).
Vorrei proporvi di partire per un viaggio interiore, presi per mano da due bambini che, in luoghi molto distanti e in culture assai diverse tra loro, ci condurranno al cuore dell’umano: l’amore e la compassione verso Gesù che soffre, nel generoso desiderio di alleviare il suo dolore e di curare le sue ferite.
La storia della piccola Neera, una bimba che non ha ancora compiuto due anni e mezzo, è giunta dall’India. Occhi vispi, voglia di giocare e sempre sorridente. Mentre la Mamma si prendeva cura della sorellina appena nata, Neera era a casa con la nonna paterna e, vedendo alcune immagini di Gesù, le ha chiesto perché avesse le ferite alle mani. La Nonna le ha risposto che erano state delle persone cattive a far del male a Gesù e allora lei prontamente: "Nonna, mi dai i cerotti da mettere a Gesù"? Purtroppo in casa non ce n’erano e così, appena ha visto il Papà rientrare dal lavoro, li ha chiesti a lui. Questi le ha promesso che li avrebbe presi l’indomani ma, per un imprevisto, non ha potuto neanche quel giorno. Così Neera, dispiaciuta di non avere ancora i cerotti da mettere sulle ferite di Gesù, è andata davanti al quadro e gli ha chiesto scusa, promettendogli che lo avrebbe fatto il giorno dopo. E così è stato. Al vedere il Papà che rientrava con i cerotti, Neera gli ha chiesto di aiutarla perché lei non ci arrivava.
È vero, "la famiglia è il luogo dove i genitori diventano i primi maestri della fede per i loro figli" (Amori Laetitia 16), ed è altrettanto vero che i bambini educano noi e non finiscono di stupirci con la loro semplicità e purezza.
Francesco, quando aveva più o meno la stessa età di Neera, si è imbattuto in una scatola che era in salotto e che conteneva dei libri e degli oggetti, tra cui un crocifisso. Mentre noi adulti eravamo lì, conversando del più e del meno, il bambino arrivò mostrando la sua manina: "Mamma i codi, così non soffe più". Aveva staccato Gesù dalla croce. In una manina i chiodi e nell’altra stringeva Gesù.
Dopo un paio d’anni, in occasione della Pasqua, Francesco è venuto al Santuario e, insieme a tanti pellegrini, siamo andati alla suggestiva rappresentazione sacra che, come è tradizione, offrono gli abitanti di Collevalenza. Toccanti le scene che riproponevano il tradimento di Giuda e l’arresto di Gesù, ambientate tra gli ulivi, vicino al Posto di ristoro, con dei costumi che rendevano il tutto estremamente reale. Al vedere Gesù circondato da chi gli voleva fare del male, con slancio, Francesco esclamò: "Mamma, i cattivi! Gesù lo aiuto io"!
I piccoli ci insegnano che è una questione di sguardo. Lo sguardo del cuore, quando è innocente, si lascia toccare in modo connaturale ed empatico dalla sofferenza altrui, fino a sentirsene coinvolti e chiamati ad agire. Non si può passare oltre.
È lo spirito che ha ispirato e mosso la vita di Madre Speranza. Sappiamo che una delle Stazioni della Via Crucis a lei particolarmente cara era quella di Gesù nell’Orto degli Ulivi perché era stato lasciato solo in un momento di estremo bisogno e lei voleva fargli compagnia, essere lì con Lui.
Davanti al dolore che dilaga in questo nostro tempo, mi chiedo cosa accadrebbe se ciascuno di noi si rendesse artefice di piccoli gesti che scaldano il cuore. Spesso non è nelle nostre possibilità eliminare la sofferenza ma possiamo sempre fare una scelta: semplicemente, esserci.
Ci auguriamo che, alla scuola dei piccoli, tutte le generazioni, «i giovani e le ragazze, i vecchi insieme ai bambini» (Sl 148,13) impariamo ad intonare con la vita un canto di lode al Signore, che ama smisuratamente questa nostra umanità e ci chiede di prendere i pesi gli uni degli altri, gareggiando nella ricerca del bene e della felicità altrui.
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ultimo aggiornamento
18 ottobre, 2021