ROBERTO LANZA

"Vivete figli miei sempre uniti come una forte pigna, sempre uniti per santificarvi, per dare gloria al Signore ed esercitare il bene verso le anime che trattano con voi" (El Pan 21).

 

Forse non tutti sanno che Papa Francesco a 5 anni dalla pubblicazione dell’Esortazione apostolica Amoris Letitia ha indetto un anno della Famiglia che è iniziato il 19 marzo 2021 e si concluderà il 26 giugno 2022. Una grande occasione per approfondire e meditare i contenuti dell’Esortazione apostolica sull’amore nella famiglia e per rilanciare l’impegno della Chiesa in tutti gli ambiti della pastorale familiare.

Risulta molto difficile parlare della Famiglia oggi, la società di oggi ha generato una famiglia che non è più se non una forzata coabitazione, un contratto economico, una convivenza a tempo. La cultura del divorzio ha privato i coniugi della naturale consapevolezza che sono persone fragili: la forza del legame matrimoniale indissolubile aiutava a superare le crisi più o meno profonde, ma spesso emotive e passeggere, per cercare insieme le risorse per una nuova rinascita. La "cultura" del divorzio ha spalancato le porte al culto della soddisfazione personale; invece che lottare è più facile lasciarsi. Laddove ricominciare era un verbo della coppia, ricominciare è stato strettamente collegato a un altro verbo: abbandonare. La famiglia di oggi è davvero privata della sua forza e del suo impatto nella società.

 

I frutti?

Sono sotto gli occhi di tutti, e le continue notizie di cronaca, sono il segnale più evidente che misura il grado di sfacelo ormai raggiunto. Il permissivismo incontrollato ha prodotto nuove patologie: una fra tutte la "sindrome del telecomando". Di fronte alla difficoltà, si cambia canale, perché tutto sia una eterna festa, una eterna soddisfazione dei propri piaceri, senza fatiche e responsabilità. Le separazioni si moltiplicano, i divorzi sono in aumento, sta emergendo una nuova categoria di persone e di "modelli" famigliari, i "singles", che rifiutano di sposarsi; la cosiddetta "famiglia prolungata", le coppie di fatto, senza contare poi l’ideologia gender e via discorrendo.

Noi, invece, sappiamo benissimo cosa è la famiglia: "Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò"1. E’ "intima comunità di vita e di amore"2, è luogo di affetti, "comunità di persone, per le quali il modo proprio di esistere e di vivere insieme è la comunione". (Giovanni Paolo II° - Lettera alle famiglie) L’amore, all’interno di una famiglia, dovrebbe essere la manifestazione più completa dell’amore umano: un farsi dono ed un donarsi continuo, momento dopo momento, senza rinunciare all’essere per l’altro.

È un donare e donarsi reciproco, senza pretendere nulla in cambio; è volere che l’altro sia felice. Nel donarsi reciprocamente, l’uomo e la donna non perdono la loro personalità, il loro essere se stessi, ma si completano diventando "una sola carne", e non solo a livello fisico, ma anche a livello affettivo. Parlare di amore sponsale vuol dire parlare di un amore "particolare", nel quale, mentre ci si dona all’altro, si riceve dall’altro, ed il proprio "io" si trasforma in un "noi", senza però perdere le sue caratteristiche. L’amore è l’origine e il fine del matrimonio, è solo in questo contesto esistenziale di amore "kenotico", ossia che si "abbassa", che si "umilia", che possono comprendersi le espressioni fondamentali della lettera agli Efesini: (...) "per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito".3

 

Per i cristiani, che vivono l’esperienza del matrimonio, la presenza di Cristo, che si è fatto garanzia del loro amore attraverso la grazia del Sacramento, la realtà della comunità d’amore si fa più ricca. Questa divina presenza è purificante, fortificante santificante ogni giorno, nella fede.

Ma dopo tutta questa "presentazione", cosa vuol dire avere uno sguardo di misericordia? Cosa c’entra il nostro carisma in tutto questo e cosa può insegnarci sulla famiglia?

La risposta è molto semplice: l’essenza principale dell’Amore Misericordioso è quello di essere un carisma che può svilupparsi soltanto all’interno di una dimensione di "famiglia".

 

Ma perché?

Una famiglia è importante per diversi aspetti, potremmo quasi dire che ha molte funzioni: la prima di queste è quella che viene definita di "contenitore affettivo". La famiglia è il luogo in cui ci sentiamo amati e quindi dove impariamo ad esprimerci ed aprirci agli altri, è la scuola dove impariamo ad amare: "Si aiuteranno scambievolmente, si ameranno come veri fratelli, trattandosi sempre con il massimo rispetto, disposti sempre a sacrificarsi gli per gli altri".4

Una Famiglia è "Icona della Trinità": ci parla di Dio che è amore ed è animata dalle stesse dinamiche della comunione trinitaria. Una famiglia è comunità di persone per le quali il modo proprio di esistere e di vivere insieme è la comunione nel loro donarsi ed amarsi: "la famiglia è lo specchio in cui Dio si guarda e vede i due miracoli più belli che ha fatto: donare la vita e donare l’amore". (Giovanni Paolo II°) Il modello familiare è la prima e la più importante strada di formazione e di crescita, è un’esperienza che porta alla comunione comune, pur rimanendo particolare, unica ed irripetibile, come irripetibile è ogni uomo; una via dalla quale l’essere umano non può distaccarsi: "Essere fratelli e sorelle che collaborano tra loro materialmente e spiritualmente costituisce la nostra "aspirazione" fondamentale"5. Quando manca la famiglia, viene a crearsi nella persona che entra nel mondo una preoccupante e dolorosa carenza che peserà in seguito su tutta la vita. Siamo dunque sicuri che alla base dell’intuizione della Madre Speranza di fondare una "famiglia" c’era sicuramente la certezza che essa doveva essere non soltanto un icona trinitaria, ma soprattutto un luogo dove vivere ed annunciare il carisma ricevuto, anzi potremmo dire che la conseguenza carismatica dell’Amore Misericordioso non poteva portare ad altro che ad una "famiglia" dove vivere il modello dell’amore e della comunione: elementi fondamentali del carisma: "Amatevi gli uni gli altri, questo è il mio comandamento. Come vorrei vederlo scolpito in tutte le mie figlie! Che tutti amino i loro fratelli fino al sacrificio, dimenticando se stesse: allora davvero le nostre case saranno un’immagine perfetta della casa di Nazareth"6.

La struttura di una famiglia, infatti, per sua costituzione è il luogo più naturale dentro la quale si può impiantare l’annuncio evangelico: Cristo. È in una famiglia, che Dio ha inserito la sua storia di salvezza, l’Amore Misericordioso è un Padre, è un Dio vicino, un Dio che come una madre si preoccupa di educare, seguire e correggere i suoi figli. Dio accompagna la nostra vita, è un compagno di viaggio che talvolta ci appare silenzioso e lontano, ma che invece condivide con noi i nostri momenti lieti e tristi della vita. Egli è il vero Emmanuele (il Dio-con-noi). L’amore è vero quando crea il bene delle persone e delle comunità, lo crea e lo dona agli altri.

 

Non è questo che Cristo proclama nel "suo" comandamento?

Proprio perché carismatica, il segno tangibile dell’Amore Misericordioso è diventato così "l’unica famiglia", il Padre buono pieno di bontà, il Dio ricco di grazia e di misericordia, si rende visibile nel modo di stare insieme, un modo di vivere familiare e nella gioia della comunione. La gioia del padre misericordioso culmina nella festa della famiglia ritrovata e riunita, nessun uomo è escluso da questo desiderio, tutti sono chiamati a vivere insieme condividendo lo stesso ideale della carità di Cristo. Ma una famiglia è soprattutto un cantiere di santità dove si vive nella comunione dell’amore; perché il 90% dell’amore è fatto di perdono! Si chiama Amore Misericordioso!

Quale gesto è più creativo, più liberante di qualcuno che perdona o che usa misericordia? Significa urlare "Esisti, tu vali più del tuo errore o del tuo stesso crimine o peccato." In poche parole, la misericordia ci aiuta a vedere l’altro lontano da una percezione di pericolo, di diffidenza, ci aiuta a superare quel senso di minaccia nei confronti degli altri e della realtà che ci porta a guardare ogni persona come se potesse essere un nostro potenziale nemico. Bisogna imparare ad amare i difetti e le debolezze dell’altro. Amore Misericordioso, una parola che suona come qualcosa di molto profondo, non significa soltanto un atto di buonismo o di moralismo con il quale perdono qualcosa a qualcuno.

La misericordia è un atteggiamento di fondo, è uno stile di vita, non è una serie di azioni, è l’atteggiamento di Dio che non vuole che alcuno vada perduto e fa di tutto per portarci alla santità.

Il Signore ci accetta e ci ama, con gli aspetti meno amabili della nostra persona, dovremmo osare e dire anche con i nostri pec­cati. Egli sa pazientare, crede nel nostro recupero, sa attendere con un amore forte, senza stancarsi, prende continuamente l’iniziativa di stimolarci e correggerci. La Madre Speranza lo ha detto in maniera chiara che la nostra unione con il Buon Gesù, è un legame fatto di conoscenza, fiducia ed obbedienza, e che solo così, "porteremo frutto": "Cerchiamo di vivere unite a Gesù. Ricordiamo anche che l’umiltà e la carità sono la base per ogni anima per vivere unita a Gesù. A niente serve avere particolari doti o carismi, neanche è sufficiente avere un buon carattere e buona volontà; è necessario vivere alla scuola di colui che ha detto: "imparate da me che sono mite ed umile di cuore" e a quest’unica condizione "troverete riposo per le vostre anime"7.

Là dove non vediamo che una semplice goccia d’acqua, lo scienziato, al microscopio, vede tutto un mondo vivente che si agita e si rinnova. Penso che tutti noi, davanti a questo "programma carismatico", siamo chiamati a rifare la scelta di Dio, nel senso che, fra tutti i motivi che ci possono essere, io scelgo di amare Dio solamente per il fatto che sono chiamato a rispondere all’amore e alla misericordia che nutre per me. Vivere l’Amore Misericordioso, significa pensare al grembo materno, come dire che accogliere qualcuno, chiunque egli sia, equivale al gesto della madre che stringe a sé suo figlio, ed è questo il rapporto che Dio ha con noi, una relazione di misericordia; un rapporto materno. La misericordia, la pazienza, la tenerezza di Dio devono essere motivo della nostra fiducia, della nostra speranza, donandoci il coraggio di ritornare a Lui qualunque errore o peccato ci sia nella nostra vita. Il Santo Padre Francesco più di una volta ha ribadito questo concetto: "Ogni giorno in famiglia non si deve mai finire la giornata senza fare la Pace!"

Dobbiamo fidarci di questo Dio che è tutta misericordia, perché noi gli stiamo davvero a cuore!

 

Caro fratello mio, non esiste una famiglia perfetta, non siamo perfetti, non esiste una comunità senza fragilità o una famiglia "sana" senza l’esercizio del perdono. Ricordati che senza perdono la famiglia diventa un’arena di conflitto e di egoismi, perché il perdono sterilizza le ferite e libera il cuore… credi sempre nella famiglia, quella che è uscita dal disegno creativo di Dio, quella fondata sulla roccia dell’amore eterno e fecondo, quella dove l’Amore Misericordioso ha posato il suo sguardo.

 

…possa tu entrare nella famiglia di Dio!


1 Genisi 1,27

2 Gaudium et Spes n. 48

3 Ef. 5,22-33

4 Cost. FAM Parte II, Cap. VI, art. 64

5 Cost. EAM Parte II, Cap. VI, art. 62

6 Cost. EAM Parte II, Cap. VI, art. 65

7 Consigli ai Superiori (1941, 1952) (El Pan 10)

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 14 dicembre, 2021