Si tratta di Giancarlo Rastelli (25 giugno 1933 - 2 febbraio 1970). E' nato a Pescara da Vito Rastelli, giornalista e sindacalista, e da Luisa Bianchi, maestra elementare, entrambi parmensi. Dopo una breve permanenza a Reggio Emilia, a Roma e a Sondrio, la famiglia si trasferisce a Parma. Giancarlo oltre che con i genitori vive pure con la sorella minore Rosangela, più piccola di 12 anni.
Qui, a Parma, Giancarlo comincia a frequentare le scuole, tra cui il liceo classico Romagnosi, conseguendo la maturità nel 1951. Comincia pure a frequentare la comunità parrocchiale di San Rocco, diretta dai padri gesuiti. Qui conosce il gesuita padre Molin Mosè Pradel, famoso a Parma come educatore di giovani, che gli farà da guida spirituale e formatore. All'oratorio di questa chiesa incontrerà amici che saranno, alcuni di questi, anche compagni di università.
All'età di tredici anni Giancarlo fa parte della Congregazione Mariana, sempre presso i gesuiti di San Rocco. Come congregato mariano segue corsi di formazione spirituale dedicandosi pure all'apostolato verso gli ultimi, gli ammalati e gli emarginati.
Questa attenzione agli ultimi e l'assoluta dedizione ai più piccoli, lo portano agli studi universitari, volendosi dedicare propriamente agli ammalati.
Frequenta così la facoltà di medicina all'Università di Parma dove il 17 luglio 1957 si laurea con il massimo dei voti, 110 e lode. Ha discusso una Tesi sperimentale dal titolo: "Le modificazioni dell'attività A.T.P. asica del miocardio in ipotermia generale". Fu un successo, tanto, che fu pubblicata. Alla tesi venne pure assegnato il premio di laurea "Lepetit" per il 1957.
Ai suoi compagni di corso Giancarlo trasmetteva la passione per la scienza e l'amore per la medicina. La scienza accompagnata dalla carità erano per lui due poli importanti. E ripeteva pure a memoria ai suoi compagni l'inno alla carità di san Paolo: "Anche se possedessi tutti i tesori, cioè tutta la scienza e tutti i misteri, ma non avessi la carità non sarei nulla". Come pure amava ripetere che la "scienza se non è donata a qualcuno, muore".
Conseguita
la laurea, Giancarlo iniziò subito a lavorare come assistente volontario
presso la Clinica Chirurgica Prima di Parma e presso la cattedra di
Patologia Speciale Chirurgica dell'Università di Panni; dal 1960 al 1961
passa pure al servizio di diagnostica cardio-respiratoria.
Giancarlo era stimato da tutti, visitava tutti i pazienti mostrando una particolare attenzione verso i più bisognosi, nei confronti di questi ultimi le visite erano gratuite, pagando di suo con turni di lavoro supplementari. Per lui l'uomo nel quale vedeva riflesso era quello del Cristo.
E verso il sofferente Giancarlo si è speso ribadendo continuamente due espressioni: "Sapere senza sapere amare è nulla. E' meno di nulla" e "la prima carità al malato è la scienza".
Giancarlo poi nel 1961, avendo vinto una borsa di studio NATO, parte per l'America e si reca a Rochester presso la rinomata Mayo Clinic, fondata nel 1833 come casa di cura privata, divenendo poi dal 1903 uno dei maggiori centri di ricerca in tutto il mondo. È da questo centro che sono uscite le più importanti scoperte del mondo, fra cui la scoperta del cortisone.
Ben presto qui Giancarlo viene nominato Capo della Ricerca Cardiovascolare della Mayo. Fu qui che ha fatto due importantissime scoperte guarendo migliaia di bambini nel mondo, scoperta che ha preso la denominazione di "Rastelli I" e "Rastelli II", riguardante tecniche operatorie sulla trasposizione dei grossi vasi del tronco arterioso.
Questo avvenne subito dopo il matrimonio che ha contratto il 10 agosto 1964 con Anna Anghileri, di Sondrio, che aveva conosciuto negli anni precedenti sui campi di sci a Bormio. Nel luglio 1965 era nata, poi, la figlia Antonella.
Fu, infatti subito dopo il viaggio di nozze che Rastelli si ammalò. Gli fu diagnosticata la grave malattia, il morbo di Hodgkin, privandolo delle energie necessarie per molti interventi. Inizialmente si era pensato ad un cancro polmonare che non gli assicurava più di sei mesi di vita. Giancarlo si sottopose alla chemioterapia, un decorso che andava da cinque anni in cinque anni.
Quando
sembrò sparito il mordo di Hodgkin, Giancarlo accusò una fastidiosa
forma di enterite diarroica, rivelando un grosso linfonodo al fegato.
Era giunto così alla fine della sua vita. Di quest’altro suo male non
fece parola a nessuno, neppure alla moglie.
Dal 1964 al 1970 Giancarlo visse gli anni della sua malattia, senza risparmiarsi di curare i pazienti e di continuare nella sua ricerca scientifica.
Anche in questi ultimi suoi anni aiutò molti bambini, anche italiani, accogliendoli assieme ai propri genitori nella sua casetta di legno vicino alla Mayo Clinic. Così pure si prodigava in collette e autotassazioni per pagare i lunghi e costosi viaggi per questi.
Giancarlo muore il 2 febbraio 1970. Avrebbe dovuto illustrare alla sua équipe il terzo metodo Rastelli, ma senza riuscirci.
A Giancarlo Rastelli sono stati celebrati due funerali, di cui uno a Rochester Minnesota ed uno a Parma, presso la chiesa di San Rocco.
Ben subito dopo la morte, a lui sono stati dedicati reparti di ospedali e scuole in varie parti del mondo; così pure diverse pubblicazioni scientifiche in sua memoria. E' stato sepolto nella cappella Universitaria del cimitero di Parma accanto a Pietro Giordani.
L'anno dopo la morte, Giancarlo ottenne il premio Missione del Medico della Carlo Erba, con queste parole e motivazioni: "Un santuario di nobili opere, di eccelso ingegno, di carità sociale".
Dopo ripetuti tentativi per raccogliere scritti e testimonianze della famiglia Rastelli, particolarmente dai suoi genitori, si è riusciti poi a raccogliere del materiale utile per avviare la causa di beatificazione, con il Nulla Osta della Santa Sede in data 30 settembre 2005. Con l'intento di portare Giancarlo come esempio ai giovani, agli studenti di medicina, ai medici e ai ricercatori, ai congregati mariani e ai suoi compagni di percorso di fede.
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ultimo aggiornamento
16 maggio, 2022