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l nome Gesù deriva dall’aramaico Yeshua che significa "Javhè è salvezza", "Dio salva" ed esprime l’identità piena di Cristo, che realizza con la sua opera di redenzione. L’angelo del Signore apparendo in sogno a Giuseppe gli affida l’alto compito di assegnare questo nome al suo Figlio. ll giusto Giuseppe obbedisce pienamente alla volontà divina, infatti l’evangelista Matteo riportando l’"annunciazione" di Giuseppe, scrive: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,19-21).
Il nome di Gesù nella Sacra Scrittura
Il mistero legato al nome divino, che già nell’Antico Testamento era sorgente e oggetto di benedizioni, viene rivelato nel nome di Gesù, "Dio salva" appunto, l’Emmanuele Dio con noi profetizzato da Isaia, nato dalla Vergine Maria. Il Verbo Incarnato si fa conoscere dagli uomini e manifesta nella potenza della croce il vero disegno salvifico: la liberazione dalla schiavitù del peccato.
la sacralità che circonda il nome di Gesù "Dio salva" in tutto il Nuovo Testamento, si innesta nella rivelazione progressiva di Dio a Israele che si dispiega lungo l’intero Antico Testamento e in cui il nome occupa un posto centrale, come se fosse il cuore della pedagogia divina che si fa conoscere rettamente dagli uomini per poi condurli a Lui.
Nella teofania del roveto ardente (Es 3, 1-15) il Dio nascosto dell’Antico Testamento si rivela come "Io Sono colui che Sono" a Mosè che gli chiedeva quale nome avrebbe dovuto riferire agli Israeliti per farsi obbedire e liberarli dalla schiavitù dell’Egitto. Quel nome, racchiuso nel sacro tetragramma YHWH che molti ebrei non pronunciano e reso con il titolo di Signore (Adonai), esprime sia che "Dio è la pienezza dell’Essere e di ogni perfezione, senza origine e senza fine" (CCC 213) sia la fedeltà alla sua promessa, che si compirà con Gesù Crocifisso e presente nella profezia pronunciata prima della Passione: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che "Io Sono"» (Gv 8, 28).
Il Nuovo Testamento è ricco di passi in cui l’invocazione con fede del Nome di Gesù è fonte di salvezza, remissione dei peccati e vita eterna. Nel Nome di Gesù, Dio stesso compiacendosi ha posto i cardini della salvezza e insieme alla potenza della croce, è la sintesi più perfetta del tesoro che la nostra fede ci ha consegnato. Gesù nel Vangelo di Matteo dice che: «Nel mio nome prenderanno i serpenti nelle loro mani e anche se berranno veleno, non farà loro male; imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16, 17-18).
Nel Nome di Gesù, gli apostoli ridonano forza agli storpi e la vita ai morti e suscitano consolazione nelle prove spirituali. Il Nome di Gesù inoltre ricorda al peccatore la misericordia di Dio ben rappresentata nelle parabole del figliol prodigo e del buon samaritano; così come anche ricorda al giusto la sofferenza sul modello della sofferenza dell’innocente Servo di Jahvè.
È nel nome del Figlio di Dio che Pietro, dopo l’Ascensione, opera il clamoroso miracolo della guarigione del mendicante presso la porta del tempio detta "Bella", uno storpio fin dalla nascita e di oltre quarant’anni conosciuto da tutta Gerusalemme, tanto da far dire ai membri del sinedrio che perseguitavano la Chiesa: «Un miracolo evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo». Il tutto, a cui san Luca dedica quasi due interi capitoli degli Atti (At 3 e 4), era iniziato con queste parole di Pietro: «Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!».
Infine il Santissimo Nome di Gesù è nome potente perché ci protegge da Satana e dalle sue astuzie, poiché il diavolo teme il Nome di Gesù, che lo ha sconfitto sulla Croce. Nel Nome di Gesù otteniamo ogni benedizione e grazia nel tempo e nell’eternità, perché Cristo ha detto: «Tutto ciò che chiederete al Padre, egli ve lo darà nel mio nome» (Gv 16,23).
Per i primi cristiani, il Nome di Gesù ha un ruolo preminente nella loro vita: nel nome di Gesù si riuniscono, accolgono chiunque si presenti nel suo nome, rendono grazie a Dio in quel nome, si comportano in modo che tale nome sia glorificato, sono disposti anche a soffrire per il nome del Signore. Ad Antiochia per la prima volta i seguaci di Gesù vengono chiamati "cristiani" (At 11,26).
L’espressione somma della presenza del nome del Signore e dell’intera Santissima Trinità nella vita cristiana, si ha nel Segno della Croce e per questo motivo, la Chiesa conclude tutte le sue preghiere con le parole: "Per Gesù Cristo, Nostro Signore", compiendosi così quanto detto da san Paolo: «Perché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nel cielo, sulla terra e negli abissi» (Fil 2, 10).
La devozione al santissimo Nome di Gesù
Il culto del Santissimo Nome di Gesù assume una rilevanza liturgica soprattutto grazie all’impegno di san Bernardino da Siena (1380-1444). Per questo santo predicatore la devozione al Nome di Gesù era fondamentale per il rinnovamento della Chiesa, in quanto il nome del Salvatore evoca ogni aspetto della sua vita.
Grazie a San Bernardino il cristogramma JHS (o IHS), costruito con le prime due lettere e l’ultima del nome di Gesù in greco, entra nell’iconografia comune divenendo familiare ai fedeli. San Bernardino invitava a baciare una tavoletta di legno su cui era incisa la santa scritta, come per dare corpo e imprimere nella memoria le sue predicazioni. San Bernardino stesso disegna il simbolo con un sole su sfondo azzurro e dodici raggi, nel quale è inscritto il trigramma JHS. Il significato dei raggi era espresso in una litania: I) Rifugio dei penitenti; II) Vessillo dei combattenti; III) Medicina degli infermi; IV) Sollievo dei sofferenti; V) Onore dei credenti; VI) Splendore degli evangelizzanti; VII) Mercede degli operanti; VIII) Soccorso dei deboli; IX) Sospiro dei meditanti; X) Aiuto dei supplicanti; XI) Debolezza dei contemplanti; XII) Gloria dei trionfanti.
San Bernardino in una delle sue prediche così si esprime: «Questo è quel Santissimo Nome sospirato dai patriarchi, atteso con ansia, preteso con gemiti, invocato con sospiri, chiesto con lacrime, donato quando si è compiuta la pienezza della Grazia».
Questo apostolo del Nome di Gesù è stato sostenuto anche da altri francescani, tra i quali San Giovanni da Capestrano (1386-1456), che ha difeso dalle critiche il simbolismo solare spiegando che esso è già radicato nell’Antico Testamento nel libro del profeta Malachia: «La mia giustizia sorgerà come un sole e i suoi raggi porteranno la guarigione» (Ml 3,19-20).
Papa Martino V approverà il simbolo, chiedendo di aggiungere una croce all’altezza dell’H, Clemente VII autorizzerà nel 1530 l’Ordine francescano a recitare l’Ufficio del Santissimo Nome di Gesù e pochi anni più tardi la neonata Compagnia di Gesù contribuirà a propagarne la devozione e assumendo come emblema una variante del simbolo, con l’aggiunta di tre chiodi.
Nel 1721, quando la celebrazione era ormai diffusa in più regioni, Innocenzo XIII la estende a tutta la Chiesa, fino alla riforma postconciliare che per circa tre decenni portò a escludere la ricorrenza dal Calendario romano generale (ma non dall’anno liturgico, sopravvivendo nei calendari particolari), prima della sua definitiva reintroduzione nel 2002 sotto Giovanni Paolo II come memoria facoltativa il 3 gennaio. Alcuni ordini religiosi la celebrano in giorni diversi dal 3 gennaio (i francescani, i carmelitani e gli agostiniani lo fanno il 14 gennaio, mentre i domenicani festeggiano il giorno dopo, il 15 gennaio).
Il Nome di Gesù dunque non è soltanto una parola, ma un compendio della nostra fede. Ci richiama la missione salvifica di Cristo e invita le anime alla preghiera, alla carità e alla testimonianza, perché questo nome santissimo continui a risplendere nel mondo come fonte di salvezza e amore infinito.
O nome glorioso, o nome grazioso, San Bernardino da Siena |
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ultimo aggiornamento
17 febbraio, 2025