Pilato chiese a Gesù: "Sei tu il re dei giudei?". In quell’accusato c’è una nobiltà non comune, un’aria di grandezza, di regia maestà che, pur velata dall’umile apparente impotenza, non sfugge allo sguardo del pretore. L’aspetto di quell’uomo lo avvince e intuisce che c’è in lui qualcosa di grande, e gli chiede, non con disprezzo, ma con evidente interesse: "Dunque, tu sei re?". La risposta è "Sì, io sono re". Ora che egli si è consegnato ai suoi nemici e la sua apparente impotenza esclude definitivamente ogni speranza di regno terreno, parla con tutta chiarezza e dice: "Io sono re!". Ormai non c’è alcun pericolo che possa intendersi in senso terreno.

Pilato inviò Gesù da Erode, il quale gli rivolse molte domande. Ma Gesù rimase silenzioso davanti a lui. Sarebbe stato molto facile per Gesù conquistarsi la volontà dell’orgoglioso e loquace re di Galilea, invece non si mostrò per nulla compiacente. Non soltanto non fece alcun miracolo, ma non si degnò neppure di rivolgergli la parola. "Erode lo interrogò con molte domande, ma Gesù non rispose nulla". Egli non poteva avere parole per quell’uomo che aveva fatto di Giovanni Battista la vittima dei capricci di una concubina, con la quale viveva in pubblico adulterio.

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ultimo aggionamento 05 maggio, 2005