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Gaetano Storace

Anche la Associazione Laici Amore Misericordioso celebra il giubileo

 

Il Giubileo è un evento da comprendere bene perché è da vivere nelle scelte pratiche della nostra vita, le quali non solo saranno aliene da ogni egoismo, ma dovranno aprirsi in continuità a gesti concreti di autentica solidarietà umana e cristiana.
Da molto tempo ormai, il Santo Padre insiste sulla necessità di una Nuova Evangelizzazione e in vista di questo Giubileo, tutta la Chiesa si è sentita coinvolta in questo passaggio epocale che richiede ad ogni battezzato e quindi a ciascuno di noi, dell’Alam, una verifica riguardo alla propria fede, all’appartenenza alla Chiesa e alla testimonianza cristiana.
Sorge pertanto una domanda: ci sentiamo singolarmente e associativamente destinatari del Giubileo? Solo dopo aver dato una risposta sincera e introspettiva troveremo la forza e la gioia di sentirci soggetti attivi del Giubileo: Cosa sto facendo della mia vita? Mi dico cristiano? Lo sono nei fatti? La mia fede è viva? Gli altri chi sono per me?….C’è coerenza tra la fede e la mia vita personale, familiare, sociale, lavorativa ed ecclesiale?…
Prima bisogna sentirsi liberati per poi liberare. E non si ha tutto in un giorno neppure in una vita intera. Il cammino di conversione è continuo, graduale, progressivo.
Non si impara a perdonare in un giorno.
La Bibbia, in verità, è la testimonianza viva e reale della pazienza di Dio che sta vicino al suo popolo, al suo fianco, adattandosi alle situazioni, al suo passo, ma mai abbandonandolo.
Ora in questo pellegrinaggio che stiamo compiendo alla fonte stessa della nostra esistenza, della nostra vocazione, della nostra identità, vogliamo riscoprire una cosa essenziale: riscoprirsi figli.
La scoperta di Dio come Padre,
l’abbandono fiducioso in Lui,
la capacità di gustare il perdono di Dio per poi trovare la gioia di perdonare a nostra volta, sono passaggi graduali e progressivi.
Quest’anno con il nostro libro di formazione incentrato sulle Parabole della Misericordia abbiamo capito ancora una volta che dobbiamo ripartire non da ciò che dobbiamo fare noi per ritornare a Dio, ma di ciò che sente e fa il Padre (o pastore che ha perso la pecora, o la donna che ha smarrito la dracma…) nei nostri confronti. Non si riparte da noi, ma da Lui e dal Suo cuore paterno, dal Suo rispetto per la nostra libertà, della Sua fiducia in noi.
Ancora il nostro Giubileo è capire che Dio non ci ama in base a ciò che facciamo per Lui, ma per ciò che siamo per Lui, cioè Suoi figli.
Aprirsi a questo Dio e convertirsi a Lui vuol dire prima di tutto accettare questa logica e lasciarsi amare come Egli ama, in modo incondizionato e gratuito: questi mentre libera e salva la nostra vita, cambia anche il nostro modo di amare gli altri, soprattutto verso le realtà più povere e meno cariche di speranza. Se siamo convinti che Dio ama così, noi riusciamo ad andare incontro con fiducia con commozione, con comprensione alla gente che ha sbagliato, che è umiliata, che ha perso la coscienza di sé e il gusto della vita. Quando noi rischiamo l’incontro con queste realtà spesso aumenta in noi la certezza che Dio non può che essere un Padre presentato dalla Parabola e ci ritroviamo a riconoscere che la coscienza di Dio è già in noi e libera il nostro poter accostare gli altri.
Ma questo grande Giubileo del 2000 non ci deve cogliere impreparati perché si tratta di una occasione unica nella storia che ci permetterà di testimoniare con forza l’attualità e la validità del Vangelo ad ogni uomo caratterizzandolo con la gioia del cuore partendo da atteggiamenti nuovi verso l’umanità che è intorno a noi, atteggiamenti nei quali si possa e debba leggere il riflesso dell’amore di Cristo per l’uomo e una abbondanza di misericordia, perché di questo ha bisogno il nostro tempo così povero di valori e così affannato nella ricerca di comprensione e di verità.
Ci dobbiamo offrire ai nostri fratelli con l’orgoglio della fede: una fede che non può rimanere un fatto privato ma che deve comprometterci in maniera definitiva.
Come risuona vero e sempre attuale il grido-invito del Santo Padre: “Spalancate le porte a Cristo” perché ci dobbiamo sentire felici e ricchi di essere di Cristo, di vivere nella Sua Chiesa, di celebrare i Suoi Sacramenti, di attendere il Regno promesso.
Allora, “fare il Giubileo” significa basarsi sullo “stupore” (bando per un cristiano all’abitudine che cancella il rispetto, non genera fede, mortifica la freschezza della fede stessa…) riconoscente di riscoprirsi figli in casa propria.
Fare il Giubileo è anche, per noi dell’Alam, sentire il sussurro della nostra Madre Speranza con le sue notti passate in adorazione dinanzi alla Eucarestia, e nel vedere il Buon Gesù con il quale parlava e che poi, durante il giorno scorgeva nelle centinaia di persone che ricorrevano a Lei.
Madre Speranza stava in confidenza con Gesù nel silenzio della Cappella del Crocifisso dell’Amore Misericordioso, mentre la città dormiva, Lei vegliava, attingeva la vigoria della fiducia, non si esauriva, la preghiera le era ricarica; ecco, oggi le opere: meraviglie del capolavoro di Dio!
Anche Lei con noi sta facendo il Giubileo come guida e conforto.
Concludendo con una frase meditata alla luce dell’appartenenza all’Alam:
“Ricordatevi che prima appartenete a Dio, poi alla Chiesa e, se siete membri di associazioni, fate che quest’ultima appartenenza rafforzi le prime due”.

 

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ultimo aggionamento 13 giugno, 2009